Qualche giorno fa, mi sono imbattuta in una notizia che non è proprio recente, ma che ha stuzzicato la mia curiosità e avviato una serie di riflessioni. In Corea del Sud si fa la spesa con il Qr code. Vi risparmio il mio personale flusso di coscienza, ma voglio mettere qualche pensiero nero su bianco e condividerlo con voi.
Sappiamo bene che, a differenza del passato, invece di chiese magnificenti e duomi le cui guglie si perdono nel cielo, l’uomo contemporaneo ha preferito costruire un numero ormai spropositato di centri commerciali che, all’atto pratico, sono diventati mete del pellegrinaggio odierno. E fu così che il centro commerciale è divenuto il moderno equivalente della cattedrale.
Alla pari dei negozi di ogni foggia e mercanzia, è cresciuto anche il numero degli abitanti della terra; ne consegue che, chiunque voglia fare shopping, vedrà svanire i suoi desideri di relax a tutto vantaggio di code estenuanti alla cassa. Equivalenti, queste, delle code sulla Salerno – Reggio Calabria.
Sebbene ogni cosa pare avere un suo equivalente, è vero anche che la vita è fatta di continue contraddizioni. Succede infatti che, all’interno di una stessa penisola si viva in modi totalmente opposti. Penso alla penisola coreana: la Corea del nord, è uno stato chiuso, impermeabile e in cui vige la dittatura comunista; la Corea del Sud è uno stato dinamico, all’avanguardia e dove vige la democrazia capitalista. È su quest’ultima che voglio soffermarmi.
La popolazione sud coreana è la seconda più produttrice e lavoratrice al mondo. Fare la fila al supermercato è considerato una perdita di tempo e lavoro impensabile. Così, la catena inglese Tesco ha pensato bene di risolvere il problema applicando un ragionamento semplicissimo: se Maometto non va dalla montagna, la montagna va da Maometto. Risultato? Sulle pareti delle stazioni della metropolitana nella Corea del Sud, campeggiano riproduzioni esatte e veritiere degli scaffali che troveremmo in un normale supermarket. La particolarità sta nel fatto che i “prodotti esposti” hanno tutti il QR code in bella vista in modo che, con lo smartphone, basta scattare una foto e il gioco è fatto. La lista della spesa virtuale viene inviata ai corrieri Home plus e da loro recapitata direttamente a casa. Vuoi che ogni sud coreano non abbia uno smartphone?
Oltre all’abbattimento delle noiose e lunghe file alla cassa, il virtual store sud coreano azzera altri problemi: il pericolo insito spesso nei luoghi affollati, difficoltà a cercare un parcheggio, la perfetta corrispondenza tra prodotto da acquistare e riproduzione su parete e, non da ultimo, azzera la necessità di trovare spazio da destinare alla costruzione di mostri ecologici – commerciali.
Grazie alla tecnologia possono venire meno molti disagi quotidiani, in questo caso un QR code abbatte le code. Il punto è: questa tecnologia, o meglio l’applicazione di questa tecnologia nell’ambito degli acquisti di beni di consumo primari, attecchirebbe in Italia? Penso che, per il momento, se è nata e si è affermata in Corea del Sud è perché ci sono delle condizioni che ne favoriscono il successo (vedi alla voce lavoro martellante); e poi: siamo sicuri che rinunceremmo facilmente al piacere di toccare con mano le confezioni, annusare con lentezza le spezie, scegliere accuratamente formaggi e pesce fresco di persona? Io ho i miei dubbi, forse per prima non rinuncerei a questo piacere, che è anche il piacere di scambiarsi dei consigli girovagando tra gli scaffali, e di ricambiare il sorriso di una cassiera o di un fornitore di merci, di perdersi tra colori e odori di cibo, detersivi e casalinghi.
Io tradizionalista? No, solo tanto godereccia, buongustaia italiana.