Ricordate l’offerta speciale di 23andMe di novembre? L’azienda californiana aveva messo in vendita il suo pacchetto di test genetici alla cifra superscontata di 99 dollari, e molti curiosi e appassionati di genetica (tra cui io) approfittarono della promozione. A fine gennaio sono comparsi sugli account dei clienti i primi risultati, che hanno entusiasmato sicuramente qualcuno di loro, preoccupato qualcun altro e lasciato indifferenti molti altri. Alcuni lettori del blog hanno accolto il mio invito e mi hanno inviato le loro opinioni a proposito dell’esperienza con 23andMe. Eccole qui, raccolte in questo post. Prima ci sono i giudizi e le impressioni di due addetti ai lavori che si occupano professionalmente di test genetici o comunque di genomica; più sotto, troverete invece i pensieri di due appassionati che hanno avuto un altro tipo di formazione. Trovo molto interessanti i commenti di ognuno di loro, perché danno una panoramica molto chiara di quelli che possono essere gli aspetti positivi e negativi di un test genetico direct-to-consumer, sotto molteplici punti di vista. A dopo per le conclusioni e le mie impressioni!
Keith Grimaldi, direttore scientifico di Eurogene e ideatore del test NutriGene
Come prima cosa, mi ha colpito il fatto che i risultati dei test genetici che ho fatto negli anni (circa 100 varianti) erano tutti in accordo tra loro e con quelli di 23andMe. Questo dimostra che la qualità del servizio di genotipizzazione dei diversi laboratori è di buon livello. Per quel che riguarda la genealogia, i miei risultati non sono stati molto eccitanti, come era lecito attendersi date le mie radici europee. Sembrano riflettere una divisione Nord-Sud che deriva dal fatto di avere una madre inglese e un padre per metà italiano.
L’aspetto più discusso del servizio è quello che riguarda la salute: è utile? Indurrà a cambiare stile di vita? O è troppo presto per fare questo genere di test per la salute? Inizialmente non ci feci molto caso: non sono rimasto deluso perché non avevo nessuna aspettativa. Posso capire che altri potrebbero rimanere delusi con dei risultati come i miei: essenzialmente ho un rischio più o meno nella media per tutte le principali malattie. Nessun risultato spicca in maniera particolare. Ma questo, d’altra parte, è ciò che ci si aspetta: nel caso delle malattie comuni, la maggior parte delle persone cadono attorno alla distribuzione media per quanto concerne il rischio di ammalarsi. Tuttavia, non credo che siano test inutili dal punto di vista clinico, per niente. Penso che abbiano un’utilità limitata e che le cose miglioreranno in futuro. Coloro che hanno molti o tutti gli alleli rischiosi per una certa malattia, penso che guarderanno ai loro risultati con attenzione. Mi viene in mente Blaine Bettinger, ricordo molto bene il suo post (e quello di Daniel MacArthur): Blaine ha una storia famigliare di diabete, ma non ci aveva mai fatto caso finché non ha scoperto di avere tutti gli alleli più rischiosi per il diabete: solo allora ha scelto di cambiare stile di vita e di dimagrire. La storia medica famigliare (sempre che tu la conosca) è una buona cosa, ma non ti dice il tuo rischio personalizzato – certo non tutti i parenti di Blaine avevano il diabete, e appunto per questo non pensava che l’avrebbe avuto, finché non ha visto i suoi geni. Quindi non capisco quelli che dicono che la storia famigliare è meglio della genetica: non sono in competizione tra loro. Nel mio caso ero interessato in modo particolare al diabete, perché sebbene il mio rischio non sia molto più alto della media, sono omozigote per l’allele che ha l’associazione più forte con la malattia: sono infatti TT per il gene TCF7L2, il che mi fa guardare con attenzione a questo risultato. Questo inoltre evidenzia alcuni problemi. Se tre anni fa avessi fatto il test di deCODEme per il rischio di ammalarsi di diabete, che considerava soltanto questo gene, mi avrebbero detto che avevo un rischio relativo di 2: avevo cioè un rischio doppio di avere il diabete rispetto alla popolazione media. 23andMe, invece, considerando anche altri marcatori, mi dice che il mio rischio relativo è di 1,3. In realtà, il mio rischio effettivo è vicino allo zero. Sono sicuro quasi al 100%, infatti, che non avrò mai il diabete, perché ho un normale indice di massa corporea BMI, non mangio molti carboidrati raffinati e faccio abbastanza esercizio fisico. Ah, dimenticavo: se partecipassi al recente studio ideato dall’istituto Corriell, dove analizzano solo uno SNP per malattia, mi direbbero che ho un rischio più basso!
Ho delle critiche da fare sul modo in cui 23andMe ti presenta i risultati. Parlano del tuo rischio come se fosse davvero relativo a me, ma tutti i dati derivano da studi di popolazioni che certamente non tengono in considerazione dieta e stile di vita. Mi va bene il report quando dicono cose del tipo “29 persone su 100 con questo genotipo avranno il diabete prima o poi” – questo è giusto, è ciò che gli studi sulle popolazioni mostrano. Ma nella panoramica generale sulla salute, 23andMe ti dice che il tuo rischio è del 29%, e che è più alto della media. Non sono d’accordo con questo perché non è realmente così: primo perché non testano tutti i geni, e secondo perché non conoscono il mio stile di vita. Se avessero testato soltanto TCF7L2, ad esempio, avrebbero detto che 40 persone su 100 con il mio genotipo avranno il diabete, e questo sarebbe stato comunque corretto – sia il 29 che il 40 sarebbero stati corretti! Ma parlare di rischio del 40% o del 29% è in entrambi i casi sbagliato. So che è complicato, ma penso che questo sia il punto cruciale in cui potrebbero migliorare il loro modo di comunicare la genetica.
Osservando più da vicino i miei dati sulla salute ho notato che il mio rischio per la degenerazione maculare legata all’età è quasi del doppio rispetto alla media. C’è una forte componente genetica per questo tratto, e io mi trovo nell’età in cui potrebbe comparire questa malattia. Voglio continuare a mantenere la mia capacità visiva, per questo sto per iniziare a fare dei controlli regolari da un oculista, qualcosa a cui non avevo mai pensato prima. Questo test ha effettivamente cambiato il mio comportamento!
In conclusione, dal punto di vista della salute per quel che riguarda le malattie rare può essere clinicamente utile, per il test del portatore; ma questo non è un problema che interesserà la maggioranza delle persone. Per le malattie comuni, credo sarà utile per quella piccola percentuale di persone che hanno quasi tutti gli alleli di rischio per una certa malattia, come Blaine. Per le malattie meno comuni, il test potrebbe essere utile nel portare queste malattie all’attenzione del cliente, come me con la degenerazione maculare. Per le principali cause di decesso, come il diabete, il cancro, le malattie cardiovascolari eccetera, non sarà così utile nella maggior parte dei casi. Alla maggior parte di noi capiterà una di queste malattie, ma questo test non è in grado di prevedere chi si ammalerà di che cosa con molta accuratezza. Questo sì che sarebbe molto utile, ma ahimé non abbiamo ancora abbastanza conoscenze su queste malattie, e non le avremo finché non avremo fatto degli studi che considerino non solo i geni, ma anche le interazioni tra geni e stile di vita (a meno che le cause non siano attribuibili esclusivamente a varianti rare, ma non credo).
Marco Dotto, BMR Genomics
Per quanto riguarda la mia esperienza con la 23andMe, posso dirti innanzitutto che è molto positiva, soprattutto visto quello che abbiamo pagato: circa 130 € compresa spedizione. Io l’ho fatto fare anche a mia madre che era curiosa. Dopo che le avrò spiegato i risultati magari potrò anche darti qualche info riguardo all’esperienza di una profana in campo genomico.
Costo: 99$ + spese di spedizione mi sembrano più che buoni (non c’è di meglio ovviamente in giro) per i risultati che si ottengono… soprattutto con la nuova versione 3 del chip con 1 milione di sonde.
Tempi: un po’ lunghetti (la spedizione andata/ritorno: per 50/60 $ speravo arrivasse in 1 giorno e fosse riconsegnata in un altro giorno) soprattutto nell’analisi. Con un sistema automatizzato l’estrazione del DNA si fa in un’ora o due, e per l’array non penso servano 2 mesi (soprattutto visti i volumi che hanno sarà tutto ultra automatizzato – compresa l’analisi e la consegna dei risultati).
Risultati: sinceramente mi aspettavo più target identificabili: 95 malattie, 24 carrier status, 47 tratti e 18 risposte ai farmaci fanno 5000 probes usate (di media) per ogni singolo elemento. Mi paiono un po’ tantini, ma immagino che sugli array di questo tipo si lavori in triplicati (almeno) per ogni posizione sondata. Così ad occhio sono rimasto abbastanza impressionato da questi numeri. Non avendo mai lavorato con array per genotyping, però, non avevo idea di quante probe servissero per ogni tratto analizzato.
Drug response: ho risultati abbastanza “noiosi” per fortuna.. quindi non dovò preoccuparmi di avvisare il medico di darmi una dose maggiore o minore di qualche farmaco la prossima volta che ne avrò bisogno. Questa sezione era forse una delle più interessanti del test per quanto mi riguarda. Ritengo utlissima l'analisi per es. del warfarin (anticoagulante più usato al mondo) in quanto ad oggi la pratica comune è quella di dare una dose standard (per sesso e peso) e monitorare la coagulazione nel tempo (anche per mesi, come mi ha confermato mio cugino medico vascolare). Il costo per il SSN è davvero alto.. e se non bastasse in un gran numero di casi (mi pare dell'ordine del 5-10%) la dose non ottimale causa problemi anche gravi (sanguinamenti o viceversa trombi). Tutto ciò sarebbe azzerato se tutti quelli a cui viene prescritto il warfarin fossero genotipizzati prima di scegliere il dosaggio.. Farmacogenetica in pratica. L'FDA da un paio di anni consiglia caldamente questa procedura appunto per diminuire i rischi di dare dosi non in linea col metabolismo del farmaco stesso, ed ha introdotto un sito internet in cui, date le varianti genetiche dei pazienti, viene fornita una dose ottimale in tempo zero, evitando i danni collaterali e soprattutto i costi del follow up del paziente per stabilizzare il dosaggio sui parametri ottimali tramite svariati esami del sangue. Sarebbe il caso che la farmacogenomica iniziasse con test molto semplici come PCR e Sanger ad entrare nella pratica clinica, per salvare vite e milioni di euro.
Traits: per un profano può essere uno degli strumenti che può dare credibilità o meno al test (occhi, capelli ecc. sono pochi dei tratti riconoscibili da un non esperto all’interno di tutto il test). Nella maggior parte dei casi i dati qui riportati servono a poco o nulla… diciamo che questa la vedo come la sezione più incentrata sulla genomica ricreativa.
Carrier status: molto utile per future coppie che decidano di usare il test come “analisi del portatore preconcepimento” a basso costo. In Italia qualunque malattia che non sia la fibrosi cistica costa 250 € a gene/malattia (se rimaniamo sul sequenziamento Sanger per geni medio piccoli e su zone target ben selezionate) se fatta fare da un privato all’ospedale. Per fortuna a breve ci saranno nuovi servizi che permetteranno di esaminare non solo le poche mutazioni più frequenti di un gene/malattia, ma anche zone con mutazioni meno comuni e screenando molte malattie in contemporanea (es. quello del NCGR – che però non uscirà prima del 2012 in USA.. e chissà quando in Europa: ne hai parlato anche tu nel blog – o meglio quello che ho sviluppato a BMR – anche se su meno malattie – che uscirà nei prossimi mesi).
Disease risk: qualsiasi tratto che non dia rischi di 3 volte superiori alla media non li ho neanche guardati o quasi.. come ben saprai il valore di queste predizioni rasenta la pura fantasia. Il fattore ambientale è spesso fondamentale per far variare il rischio di 5, 10, 100 volte… Per non parlare di fattori genetici protettivi mai identificati e studiati o chissà cos’altro! Fatto sta che l’unico tratto che mi ha interessato è quello riguardante la degenerazione maculare legata all’età. In particolare ho un rischio 4,5 volte superiore alla popolazione (che porta ad un rischio del 30%: non poco!!). Ho deciso di interessarmi solo perchè comunque è uno dei tratti definiti “high confidence” perchè supportati da vari articoli e basato su studi di popolazione con numeri rilevanti. Personalmente, avendo accesso a sequenziamento fatto in casa, controllerò l’effettiva presenza della mutazione e verificherò informandomi meglio dalla letteratura sugli effetti della mutazione (se la verificherò con un Sanger). Nel caso lo SNP ci fosse davvero mi farò un pò di analisi bioinformatica per capire l’effetto sulla proteina e pathway correlato, e se tutto ciò risulterà rilevante potrei decidere di fare controlli medici specifici per capire se gli effetti di queste mutazioni hanno effetto su di me. Essendo però una patologia age-related non vedrò gli effetti prima dei 60 anni. Immagino quindi che per allora il mio genoma sarà stato sequenziato più volte e con diverse tecnologie, e probabilmente l’eventuale difetto potrà essere corretto con una futura terapia genica mirata. Nessuna preoccupazione quindi per quanto mi riguarda. Sono più curioso della reazione di mia mamma che ha anche lei un rischio più elevato per questa malattia ed è molto più vicina di me ai 60. Probabilmente controllerò anche lei con un Sanger (tanto già che mi preparo i primer per me posso usarli anche per lei) e le consiglierò di fare presente questa predisposizione al suo medico alla prossima visita oculistica.
Genealogia: sinceramente per quello che mi interessa direi che è una parte abbastanza inutile. Purtroppo non siamo cugini alla lontana… mi trova solo dei probabili cugini di quinto grado in giro per il mondo! Tutto come atteso comunque per quanto riguarda l’aplogruppo e le origini geografiche.
Personalmente ho analizzato i dati anche con Promethease. Lo trovo ben fatto (in particolare può essere in certi casi più facilmente utilizzabile per capire in effetti qual è l’implicazione della variante rispetto all’output di 23andMe) anche se la piattaforma molto user friendly messa in piedi da 23andMe è imbattibile in quanto a piacevolezza ed immediatezza. Della piattaforma apprezzo particolarmente la grafica e la presenza di riferimenti bibliografici per i singoli tratti, anche se lo trovo inutile per chiunque non sia un genetista o non mastichi più che bene la letteratura tipica da GWAS. Ho sfuttato anche SNPtips per avere accesso più facilmente a dbSNP e agli altri database direttamente dalla mia pagina e dalle relative varianti su 23andMe.
Alberto Arbuschi, ingegnere elettronico
Dopo un primo momento di panico perché l’interpretazione dei dati mi sembrava più un talk show generale che non una esposizione personalizzata e dopo aver affrontato una interfaccia cliente non troppo friendly (blocca le informazioni “paurose” indipendentemente dai tuoi risultati, ma ti fa accedere comunque al fac-simile del report PDF, provocando non poca confusione), ho capito che le informazioni che dà sono generiche e aleatorie senza alcun livello di confidenza: dà percentuali secche ma non la varianza delle stesse che ne definiscano la significatività… perciò ho preso più in considerazione la genealogia e i dati grezzi che non i rischi di malattia (che, secondo me, non sono significativamente diversi dalla media mondiale. 23andMe non può smentirmi, non mette la confidenza!).
Mi sono quindi reso conto che il vero lavoro di interpretazione, la valorizzazione pratica di questa conoscenza comincia adesso: ho delle informazioni su di me e potrei applicarvi molte conoscenza che stanno emergendo, come ad esempio la nutrigenomica, l’efficacia delle medicine o altro. Ci sono plug-in che mi permettono di portare con me i 967.224 SNP testati e se trovo qualche studio su aspetti della salute che mi interessano potrei vedere come sono messo e se ci sono consigli d’azione. Ma non c’è modo, purtroppo, di vedere ad ampio spettro se qualche mia abitudine di vita è in contrasto con le mie resistenze e debolezze.
Giuseppe Bergomi, impiegato
Sono un nuovo cliente di 23andme che ha approffitato dell’offerta “natalizia” per iniziare a scoprire cosa vuol dire genetica personale. Premesso che di genetica non conosco molto, anche se ho iniziato ad informarmi (sto leggendo “The language of life” di Francis S. Collins), quello che mi interessa veramente, molto banalmente, è restare in salute il più a lungo possile. Già la salute, perché madre natura ha voluto che a 15 anni mi venisse il diabete mellito, con cui convivo da 28 anni senza, fortunatamente, danni particolari.
Bene, l’altro giorno arrivano i risultati del test: un rischio elevato di cancro alla prostata e di artrite rematoide, ma sapendo che è un rischio statistico e conoscendo la mia igiene di vita non mi preoccupo particolarmente. Continuo la lettura.. Toh! Un rischio superiore di ipertensione. Questo problema l’ho avuto e per ora è sotto controllo, andiamo fino alla fine… Sorpresa: non c’è il diabete mellito tipo 1! Eppure mio padre era diabetico tipo 2, e ho un fratello e una sorella diabetici tipo 2. Per inciso non ho neanche un rischio elevato di diabete tipo 2. Eppure la “predisposizione genetica” era quasi un mio atto di fede, come il Babbo Natale da bambini, solo che la “predisposizione genetica” non ti porta regali.
Continuo la lettura: “Decreased Risk”, wow che lista! Vediamo… Psoriasi, degenerazione maculare, Restless Legs Syndrome(?), melanoma, eccetera… Cosa ti vedo alla fine? (Confidenza 4 stelle, eh!) …Diabete tipo 1! Primo pensiero che ho avuto: “Che c…o!” Vado a vedere le statistiche: average risk 1.0 %, your risk 0.1%. Non c’è che dire, sono propio fortunato! Per concludere, sono convinto che i test genetici siano utili, ma penso che siamo ancora all’inizio nella comprensione di qualcosa che giustamente Collins chiama “The language of life”.
P.S. Andando a vedere in profondità i risultati per il Diabete ho controllato la statistica relativa alla fascia di età. Risultato: 0-79 anni rischio di 0.13 su 100, 15-19 anni rischio di 0.01 su 100, almeno questo rafforza la mia fede nel giocare al lotto.
Come avete visto, gli spunti di riflessione sono tantissimi e non possono essere sicuramente esauriti in questo pur lunghissimo post. Per quel che riguarda me, ho avuto risultati abbastanza noiosi relativamente ai test predittivi: d’altra parte, sapevo già che non avrei scoperto cose preoccupanti, e così è stato. Tuttavia, a suo tempo ho sottovalutato l’effetto psicologico di un’altra sezione del pacchetto 23andMe, quella che analizza lo stato di portatore per malattie recessive. Ero e sono tuttora convinto che siano test utili in funzione preconcenzionale, ma il fatto che un test sia utile non significa che sia piacevole scoprire di essere portatore di una malattia. Devo fare quindi un mea culpa per non essermi adeguatamente preparato a ricevere una brutta notizia da questa sezione del test. Un consiglio ai futuri clienti: non pensate di non essere portatori di una malattia solo perché questa è classificata come rara.
Keith si chiedeva se questo test fosse in grado di modificare le abitudini e lo stile di vita di una persona. Beh nel mio caso, questo è accaduto, in un certo senso. Quando feci il test NutriGene, scoprii di avere bisogno di fare attività fisica, cosa in cui sono sempre stato molto carente. Dopo il test 23andMe questo bisogno è diventato ancora più impellente: ho scoperto infatti di avere ben due copie dell’allele rischioso del gene FTO, il cosiddetto gene dell’obesità. Conoscendo anche un po’ la mia storia famigliare questo non mi ha sorpreso più di tanto, ma mi ha motivato ancora di più a fare esercizio fisico regolare.
Altri due aspetti interessanti erano la genealogia e la risposta ai farmaci. La prima è stata niente più che un divertissement: ho conosciuto il mio aplogruppo paterno e il mio aplogruppo materno, scoprendo anche le origini geografiche di questi gruppi. Ho inoltre tempestato di richieste di contatto alcuni cugini lontani: ad esempio, ho scoperto di condividere degli antenati abruzzesi con un italo-americano, anche se ricostruire un albero genealogico completo è troppo difficile basandosi solo su questo test. Occorrerebbe del lavoro di ricerca in Municipi e Uffici Parrocchiali che per il momento non ho intenzione di fare. Più utile è stato conoscere la mia risposta a diversi medicinali, un’informazione preziosissima che porterò con me nel caso mi servisse in futuro.
Vorrei poi sottolineare una questione che mi preme particolarmente e che è già stata sollevata anche dagli altri commentatori: la comunicazione dei risultati. Concordo con Marco sul fatto che la visualizzazione di 23andMe sia graficamente piacevole e molto user-friendly, ma i problemi incontrati da Alberto non vanno sottovalutati, così come le critiche di Keith a proposito del concetto di rischio personale. Le percentuali, e i numeri in genere, hanno un significato ben preciso e non possono essere utilizzati con leggerezza, come a volte fa 23andMe. Io aggiungo un altro spunto di discussione: i tratti e le patologie esaminate sono troppe e troppo diversificate. C’è così tanta carne al fuoco che un utente medio (ma anche un super esperto di genetica) non sarà mai in grado di pesare nel modo corretto tutti i singoli risultati emersi da questo test. Ci sono i riferimenti bibliografici alla letteratura scientifica, è vero, ma quanti di noi andranno a leggersi l’articolo? E quanti di quelli che lo faranno ne trarranno il messaggio corretto? 23andMe fa un grande sforzo per descrivere tutte le patologie testate, ma a mio avviso questo non è abbastanza. Ad esempio, non sempre ti dicono quanto siano efficaci le strategie di prevenzione che ti suggeriscono. Posso capire che uno voglia conoscere i propri risultati indipendentemente dall’utilità, ma è sbagliato dare per scontato che sia così per tutti, e soprattutto la genetica personale acquisisce valore solo quando può essere compresa pienamente dall’utente. Se non so che fare di una certa informazione, quella informazione non vale niente. Sono sicuramente apprezzabili le iniziative di Marco e Alberto di voler approfondire i propri risultati, ma non tutti hanno le competenze tecniche e la passione per affrontare delle ricerche in un campo dove già gli esperti non sono d’accordo tra loro. Trasmettere dei concetti chiari ed esaurienti è un dovere per un’azienda che ambisce a portare la genetica nella nostra vita di tutti i giorni: spetta a 23andMe fare in modo che il suo report dica tutto quello che è importante sapere! Soprattutto quando i tratti analizzati sono così tanti. Con questo non voglio dire che a Mountain View stiano facendo un pessimo lavoro, anzi, le mie sono critiche costruttive: potrebbero sicuramente fare molto di meglio, considerato anche il fatto che a loro i mezzi economici e le competenze non mancano di certo. La mia personale opinione, comunque, è che se non hai informazioni utili da dirmi per una certa malattia, allora non presentarmela neppure nel report.
Infine, un commento sulle parole di Giuseppe. La mancata predizione del suo rischio di diabete di tipo I è un piccolo fallimento, e dimostra che c’è ancora molto lavoro da fare per i ricercatori che si occupano di genetica. Il tratto in questione era classificato da 23andMe come uno ad alta confidenza (quattro stelle), e pur considerando otto marcatori sono riusciti ad attribuire un rischio di dieci volte inferiore, quando io mi sarei aspettato per lui un rischio nella media, se non superiore. D’altra parte, come ha ricordato Keith, la scelta degli SNP può essere determinante per il calcolo del rischio, e il fatto che questo cambi a seconda di chi vende il test è sicuramente un grosso limite, sia della scienza che non conosce tutte le varianti in gioco, sia delle aziende di personal genomics, che non sanno quali varianti, tra quelle note, sia meglio integrare nei calcoli.