Magazine Cucina
E' in uno sperduto sperduto paesino della Provenza che George Auguste Escoffier sognava che …da grande sarebbe diventato uno scultore. Ma agli occhi del padre, un semplice fabbro del villaggio, tutto quel
fantasticare apparve come una grandissima perdita di tempo! Così, prima che il ragazzino prendesse una brutta piega lo mandò a Nizza dallo zio, in trattoria, per imparare a fare il cuoco… Un mestiere sicuro! Ma non ci fu niente da fare. L’arte di Escoffier cacciata dalla porta principale… rientrò dalla cucina! Svelto, attento, pieno fantasia e con la vena dell’imprenditore capì che saper cucinare non era sufficiente … anzi forse veniva dopo… E comincia a studiare l’arte del servizio e la scienza degli acquisti. Lascia presto la trattoria dello zio per Nizza e a 19 anni lavora già a Parigi, a “Le Petit Moulin Rouge”. Gli interessa l'alchimia della cucina e la sua organizzazione, diviene velocemente prima Commis Rotisseur e poi Saucier. Non riesce a bloccarlo neanche la guerra Franco-Prussiana e al fronte viene promosso, all’istante, Chef sul campo! Ma a Escoffier il titolo non basta… prevale la curiosità, la ricerca e l’innovazione. Gli basta un attimo per capire che la maggior debolezza della Francia è la rete ferroviaria. Del tutto insufficiente. Sui rifornimenti ci si conta poco… scarsi e intermittenti, con una parte del cibo che si perde per strada e l’altra, quando arriva, è già andata a male. Organizzare la distribuzione del cibo, fra un rifornimento e l’altro, diventa la sua ossessione e per limitare i danni punta tutto sulle tecniche di conservazione. Ci penserà Escoffier a far diventare le sue remote cucine da campo un gioiello di efficienza.
Passata Sedan, Escoffier torna a Parigi. Prima è Chef al Petit Moulin Rouge frequentato ormai dal Gotha dell’Europa, da Sarah Bernardt al Principe di Galles poi Escoffier apre un ristorante tutto suo a Cannes. Anni di grande lavoro e di intuizioni geniali gli fecero capire quanto il mondo stesse cambiando e che anche la cucina doveva cambiare. Non si stancava di ripetere 'sans cesser d'ètre un'art, la cuisine dievendra scientifique'. Nei contenuti e nel modo di cucinare scelse forme più semplici, valorizzando il contenuto e il nutrimento dei cibi, ma con l’occhio vigile alla loro digeribilità e leggerezza per renderli adatti allo stile di vita di chi ormai, di tempo da dedicare ai piaceri della tavola, ne aveva poco. Nell’organizzazione della cucina fu ancora più radicale spingendo al massimo sulla specializzazione e sulla divisione delle mansioni, come se si stesse lavorando in fabbrica.
Il suo discepolo Herbodeau cita come esempio,”Le uova alla Messicana,” una pietanza semplice, ma di gran classe in cui le uova a “occhio di bue” sono dentro i pomodori rossi appena scottati e contornati alla base, di riso. “La realizzazione,- dice Herbodeau – che una volta veniva eseguita da un’unica persona, è ora suddivisa fra il “potager” che cuoce il riso, il “Saucier” che prepara la salsa e l’”Entremetier “che si occupa di uova e pomodori e monta il piatto.Qualcuno pensava fosse già all'apice del successo quando conobbe Cesar Ritz, forse il più grande albergatore di tutti i tempi. Ritz dirigeva il Savoy di Londra e a Escoffier offrì le sue cucine. Per entrambi fu un successo internazionale, a dir poco strepitoso e, per il mondo che allora contava, la coppia Ritz – Escoffier divenne il più importante simbolo di tutta quell’età felice che fu la Belle Epoque, prima di essere travolta dalla guerra 1915 - 1918.“Il Re degli Chef ” e ”Lo Chef dei Re” fu definito e l’imperatore della Germania, quando andava a cena al Ritz, alzava il tiro, dicendogli “Io sono l’Imperatore della Germania, ma tu sei l’imperatore degli Chef”.
Qualcuna delle sue ricette? La delicata “Insalata di riso Rejane” o la celebre “Pesca Melba” in onore della famosa cantante lirica Nellie Melba, di cui lo stesso Escoffier scrisse: “Ripensando al maestoso cigno mitico che apparve nel primo atto del Lohengrin, le feci servire, al momento opportuno, delle pesche disposte su di un letto di gelato alla vaniglia, all’interno di una coppa d’argento incastrata tra le ali di un superbo cigno scolpito in un blocco di ghiaccio e ricoperto da un velo di zucchero filato”.Ma una delle passioni di Escoffier,da buon francese, erano le ostriche, che per lui rappresentavano l’antipasto per eccellenza, adatte a pranzi e cene, correttamente aperte e sempre ghiacciate.
Fra le tante versioni proposte dal Maestro La cucina economica propone le ostriche cocktail
Ingredienti (per ogni persona)
6 ostriche2/3 gocce di Salsa Tabasco1 cucchiaio di Tomato Ketchupqualche goccia di Salsa Worcestersucco di limone2 fettine di pane nerouna noce di burroaceto 1 cucchiainopepe nero appena macinato1/2 scalogno tritatomezzo limonesale q.b.1 spicchio di limonepaprika q. b.
Preparazione delle ostriche
in un bicchiere di tipo schooter, il cui bordo è stato immerso nella paprika, mettere 6 ostriche appena aperte, senza lavarle. Aggiungere 2 o 3 gocce di Tabasco, un cucchiaio di Tomato Ketchup. qualche goccia di salsa Worcester e un filo di succo di limone. Decorare la sommità con 1 spicchio di limone.Preparazione della salsa
in una piccola tazza si mescolano lo scalogno tritato, il cucchiaino di aceto, una punta abbondante di pepe nero e un pizzico di sale.Presentazione
accanto al bicchiere con le ostriche si pone un piatto di media grandezza su cui vanno adagiate due fettine di pane nero imburrate e la salsa allo scalogno. Si decora con il mezzo limone tagliato a spicchi.
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