di Marco Furia
Scrive, con acutezza, Giorgio Bonacini all’inizio della sua nota critica: “La lingua poetica, qualunque direzione prenda la sua voce, porta sempre con sé un potenziale fisico che ha in germe una concretezza”. E’ significativo che il sapere sia considerato dalla poetessa, anziché una sorta di contenitore, un vero e proprio modo d’essere che trova la sua più intima giustificazione nella ricerca di anche minime persistenze ricche di qualità. Si legge a p.11: “Non è sapere quanto ma piuttosto chi e come può essere che ambientando questo spaesamento trovarsi sovrinmplicati irretiti ai fianchi dallo stesso labirinto”.
Le “piccole estensioni” non sembrano luoghi facili da frequentare: il senso della qualità implica un’assidua dedizione. Chi ne è davvero affascinato sarà sempre disponibile a un’indagine per nulla fine a se stessa, poiché consistente in uno studio dell’esistenza: l’emozione estetica può risultare molto feconda se riesce a delimitare immagini maggiormente complete. Cito a questo proposito: “Nonostante tutto resti immobile, come se l’aurora disegnasse il suo colore rubando qualche istante in più ogni mattino”. Dopo aver letto questo breve brano, siamo in grado di guardare (e di vivere) l’alba anche nel nuovo modo propostoci: abbiamo qualcosa in più, siamo, dal punto di vista esistenziale, più ricchi.
D’altronde “le cosmogonie riprendevano / un’evoluzione marginale”, ossia le origini dell’universo, fermo restando il loro valore in campo scientifico, rientrano nell’esserci e l’occhio umano può considerarle “il contesto minuzioso / di una qualunque realtà”.
Il mondo è immenso anche perché può stare nel palmo della mano: minimo e massimo non sono opposti, sono complementari. Viviana non è interessata a inserire ogni singola fisionomia in un progetto capace di comprendere il tutto servendosi di rapporti oppositivi: per questo motivo scrive versi quali: “un fatto mutuo e disarticolato / univa i giorni uno a uno”.
Il reciproco (lo scambievole) esiste ma è “articolato”, ossia non privo di senso ma comprensibile entro un àmbito circoscritto: per l’autrice è necessario guardarsi da certe fallaci generalizzazioni, occorrendo, piuttosto, concentrarsi, concretamente, su ciò che, nei propri limiti, è chiaro per poi proseguire un passo alla volta.
Il dire, per lei, è un procedere per piccoli, illuminati, spazi congiunti tra loro nei disegni di costellazioni non definitive. La verità si muta in significato e la spiegazione in narrazione? Credo che la nostra poetessa risponderebbe in maniera affermativa a tale quesito.