Di Grazia Serao. A partire dal 2005 il Tfr potrebbe già essere in busta paga. È quanto afferma il Presidente del Consiglio Matteo Renzi in una sua Enews. Al termine di una settimana convulsa e piena di grattacapi per il governo, il premier mette in chiaro i suoi progetti per il futuro del Paese, si conferma che il tema centrale della prossima settimana sarà ancora la riforma del lavoro.
La ragione per la quale Renzi spinge per questo cambiamento è spiegata in parole molto semplici: “Il, la liquidazione, sono soldi dei lavoratori, che però vengono dati tutti insieme alla fine. La filosofia sembra essere protettiva: te li metto da parte, per evitare che tu li ‘bruci’ tutti insieme. Uno Stato-mamma, dunque, che sottilmente fa passare il messaggio di non fidarsi dei lavoratori-figli”. La visione del Presidente è invece differente: “Per me un cittadino è maturo e consapevole. E come accade in tutto il mondo non può essere lo Stato a decidere per lui. Ecco perché mi piacerebbe che dal prossimo anno i soldi del Tfr andassero subito in busta paga mensilmente”.
Si tratta comunque di una possibilità di cui si discuterà nell’incontro che si terrà martedì prossimo con sindacati e parti sociali. Se il progetto andasse in porto, potrebbe addirittura raddoppiare il bonus di 80 euro, che secondo Renzi e i tecnici del governo vorrebbe dire: più possibilità d’acquisto, effetti positivi sul reddito e sulla finanza pubblica, “un nuovo tassello verso il modello Italia”.
Che l’operazione “Tfr in busta paga” rappresenti un rischio è fuori di dubbio; sulla sua efficacia in termini di aumento del potere di acquisto degli italiani il dibattito è ancora aperto. Di certo qualche difficoltà potrebbero avvertirla le imprese, che fino ad oggi hanno utilizzato l’accantonamento del Tfr come fonte di autofinanziamento e per le quali potrebbe non esser semplice versare subito una mensilità in più. È comunque un pericolo Matteo Renzi non ritiene fondato, come si legge nella Enews: “In realtà, anche alla luce delle misure della Bce, il sistema ha notevoli riserve di liquidità. Per questo, quando martedì presenteremo alle parti sociali la proposta, verificheremo la fattibilità di una proposta sul Tfr che viene incontro ai lavoratori senza gravare sulla situazione bancaria delle piccole e medie imprese”.
In effetti, secondo il piano che il governo sta mettendo a punto, per le imprese non cambierebbe nulla: l’erogazione verrebbe finanziata da un apposito “Fondo anticipo Tfr” (Fatfr) costituito dalle banche e dalla Cassa depositi e prestiti (Cdp), oppure solo dalle banche previo accordo con l’Abi, l’Associazione degli istituti di credito. Nessun costo aggiuntivo o ulteriore esborso graverà dunque sulle aziende.
Al centro della proposta vi è inoltre l’idea che possa essere ciascun lavoratore a decidere se usufruire o meno del beneficio e dunque ricevere l’anticipo del Tfr maturato nell’anno precedente. La volontarietà che è alla base della proposta permetterà al lavoratore anche di decidere se riceverlo in una sola trance a febbraio, oppure spalmato nell’arco dei 12 mesi. Inoltre per i lavoratori che, aderendo all’iniziativa, vedrebbero aumentare il proprio reddito non ci sarebbe alcun passaggio all’aliquota Irpef superiore.
Secondo la bozza che i tecnici del governo stanno preparando, si prospetterebbero per le casse dello Stato nuove entrate che vanno da un minimo di 1,7 miliardi a un massimo di 5,6 miliardi nel caso aderissero tutti i lavoratori. Tali risorse potrebbero essere utilizzate poi dal governo per ridurre il costo del lavoro per le piccole imprese, incentivando gli investimenti e l’occupazione.