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Ed ecco a voi The ABCs of Death progetto molto ambizioso ma anche decisamente low cost , facendo un po' di conti della serva. Eppure sembra tutto fuorchè povero.
Il primo aggettivo che mi viene in mente appena uscito dalla visione di questa antologia dell'orrore è frastornante. E' impossibile non essere frastornati da un tale bombardamento di suggestioni, di stili, di provocazioni.
26 piccoli film, 26 piccole storie, ognuna basata su una lettera dell'alfabeto e su una parola che inizia per quella lettera scelta in massima libertà. Forse un po' troppa roba per chi non è veramente appassionato.
Girare un film di 4 minuti in cui raccontare una storia compiuta è un qualcosa secondo me ancora più difficile che girare un film che stia nei canonici 80-90 minuti. Ci vuole una capacità invidiabile di sintesi, ogni sequenza acquista un peso specifico enorme, tutto deve essere raccontato con pochi frames.
E già questa è una sfida da far tremare i polsi che , seppur in modi diversi, è stata affrontata da questo pugno di registi.
Altro rischio è quello di salire sulle montagne russe qualitativamente parlando, cioè di incappare in episodi di qualità disomogenea che rendano oggettivamente difficoltosa la prosecuzione della visione.
In The ABCs of Death ci sono alcuni episodi che spiccano ( un paio spaccano veramente!) e ce ne sono un paio che magari ti chiedi che cosa ci stiano a fare in un'antologia horror ma la qualità realizzativa è complessivamente abbastanza alta, poi naturalmente sta alle preferenze di ognuno.
L'ostacolo maggiore , oltre la durata che supera complessivamente i 120 minuti, è quello di resettare il cervello ogni 4-5 minuti e tributare la giusta attenzione agli episodi che si susseguono praticamente senza soluzione di continuità ( solo un siparietto alla fine di ogni episodio segnala il titolo del microfilm appena visto e il nome del regista).
Impossibile parlare in dettaglio di ogni episodio altrimenti non se ne esce più, questo post diventerebbe un mappazzone informe ( diciamo anche più del solito): scorrendo velocemente direi che l'A come Apocalypse di Nacho Vigalondo fa partire a mille il film con la storia di una moglie che cerca in tutti i modi di uccidere il marito. Effetti speciali di impatto, gore a livelli alti , due attori che riescono a essere credibili in situazioni oltre il limite del sadismo.
C come Cyclo di Ernesto Diaz Espinoza sembra un incrocio tra Los Cronocrimenes del succitato Vigalondo e un episodio di Ai confini della realtà, senza ironia. Non eccezionale proprio perchè derivativo ma direi che tiene desta al'attenzione.
D come Dogfight non è propriamente un horror ma è uno dei migliori del lotto. Girato in maniera stilosa con uso abbondante di rallenty è il combattimento selvaggio tra un uomo e un cane che si risolve in maniera del tutto sorprendente. Sanguinoso, cattivo e girato benissimo. Ma per me non è horror.
Anche E come Exterminate di Angela Bettis non è affatto male: una lotta all'ultimo sangue tra un uomo e un ragno ( vero? immaginario? chissà?) vista dalla soggettiva del ragno. Questo è uno dei corti che mi sembra più penalizzato dalla durata troppo breve per costruire un'atmosfera di perdurante inquietudine dovuta al crescendo di violenza inflitta e autoinflitta.
La F come Fart è un altro episodio non horror ad opera di Noboru Iguchi. Siamo all'apologia del peto in stile pinku eiga , cromaticamente curioso ma non nel mio gusto.
Disturbante al punto giusto sono sia la I come Ingrown di Jorge Michel Grau che la J come Jidai-geki di Yudai Yamaguchi la cui carica orrorifica è smorzata da una componente ironica che appare un po' fuori luogo.
Poi arriva l'elegantissima mazzata nelle gengive di L come Libido che tiene fede al suo titolo ma nell'accezione più malata del termine. Diretto da Timo Tjahjanto ( co regista anche di Macabre la cui recensione la trovate anche da qualche parte in questo blog) è qualcosa di veramente inquietante inadatto a chi ha lo stomaco delicato.
Non ho capito il senso di M come Miscarriage di Ti West ( uno dei segmenti che attendevo con più fervore), così come non sono riuscito a capire la presenza di O come Orgasm di Bruno Forzani ed Helen Cattet, uno short girato con indubbio savoir faire ma sinceramente mi è sembrato abbastanza fuori tema.
Altro peso massimo dell'antologia è P come Pressure di Simon Rumley costruito in maniera molto efficace e con un finale che fa stare male per una settimana.
Q come Quack di Adam Wingard è più che altro una specie di commedia macabra che gioca intorno al meccanismo alla base di The ABCs of Death con un personaggio che dice al regista che gli hanno affidato la lettera peggiore.
R come Removed di Srdjan Spasojevic ( A Serbian Film) è un altro degli episodi che colpiscono basso e che ti danno da pensare dopo che hai finito di vederlo soprattutto per un finale enigmatico. Comunque uno degli episodi migliori come S come Speed di Jake West che gira come un Tarantino ibridato con Russ Meyer per finire in modo assolutamente inaspettato. U come Unearthed di Ben Wheatley è praticamente il nulla infiocchettato con grande eleganza stilistica, decisamente originale visivamente ed estremamente godibile , W come WTF ( What the fuck!) di Jon Schnepp tiene perfettamente fede al suo titolo perchè è qualcosa di veramente weird mentre il migliore short di tutto il lotto è X come XXL di Xavier Gens che in poco più di quattro/cinque minuti riesce a lasciare un disagio addosso difficile da scrostare: autolesionismo, sangue, paranoia concentrato in pochissimi frames che ti si fissano nella memoria.
Dopo XXL anche l'apoteosi del trash rappresentata da Z come Zetsumetsu di Yoshihiro Nishimura diventa qualcosa di innocuo nonostante la sua intenzione di provocare.
The ABCs of Death era operazione rischiosa ma complessivamente si può dire riuscita anche tenendo conto di un materiale di partenza estremamente eterogeneo.
Nota di demerito per Ti West, il suo episodio è quello che mi ha deluso più di tutti mentre il massimo delle lodi va a XXL di Gens. Note di merito anche ai corti di Timo Tjahjanto ( Libido) e Simon Rumley ( Pressure).
Forse per il non appassionato è dura arrivare fino alla fine ma a mio parere ne vale la pena.
Anche se forse sono un po' di parte...
( VOTO : 7 / 10 )
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