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A is for Apocalypse di Nacho Vigalondo (Spagnolo, classe 1971, regista di Extraterrestre)
Appetitoso. Il primo segmento introduce il “gioco” che caratterizzerà poi l’intero film, ovvero quello di fornire la chiave per l’interpretazione dei cortometraggi mettendo il loro titolo alla fine. La lettera A è un corto simpatico e particolare, leggermente penalizzato dalla pochezza degli effetti speciali e dall’approccio grottesco dei due attori.
B is for Bigfoot di Adrián García Bogliano (Spagnolo, classe 1980, regista di Habitaciones para turistas, Grité una noche, Sudor Frío e Penumbra).
Bellino! L’idea di costruire una storia horror basata sui bambini che non vogliono dormire è sempre vincente, così come quella di minacciarli con un fantomatico Uomo Nero (in questo caso lo Yeti e non il Bigfoot in effetti…). Rapido ed inquietante il twist finale, che rende il corto meno banale di quanto sembrasse di prim’acchito.
C is for Cycle di Ernesto Díaz Espinoza (Cileno, classe 1978, regista di Mirageman e Mandrill).
Curioso. Il corto sembrerebbe un omaggio agli episodi più inquietanti di Ai confini della realtà e mette i brividi nonostante la sua “semplicità”. Sicuramente è tra le lettere che mi sono piaciute di più.
D is for Dogfight di Marcel Sarmiento (Americano, co-regista di Dead Girl).
Doloroso e paradossalmente dolce. Particolare per il metodo di regia scelto, che mostra la vicenda attraverso la percezione rallentata ed intontita di un pugile suonatissimo, e anche per il modo di raccontare, attraverso le figure di una bimbetta e un cane, come i valori più puri (innocenza, amicizia e amore) possano venire pervertiti in un secondo da persone abiette e prive di scrupoli. Nei titoli di coda, comunque, si specifica che nessun animale è stato realmente maltrattato mentre per il bimbo non si può garantire. E andiamooo!!
E is for Exterminate di Angela Bettis (Americana, classe 1973, ha recitato in film come May, Carrie, The Woman e nell’episodio Sick Girl dei Masters of Horror).
EEEEEEEEEEKKKK!!! Angela, io ti adoro (alla fine dei titoli di coda ringrazi persino Lansdale!) ma sei una zoccola, l’ho detto. Episodio che ho visto solo per metà e che ha rischiato di farmi morire di schifo, tratto dal racconto breve The Spider and the Man di tale Brent Hanley, chiaro omaggio al già citato Sick Girl e debitore della più tremenda delle urban legend. Se, come me, aborrite ragni e insetti, saltate alla lettera successiva che è meglio (oddio, non lo so se è meglio…).
F is for Fart di Noboru Iguchi (Giapponese, classe 1969, regista di chicche come Machine Girl, Robogeisha, Zombie Ass e Dead Sushi).
Folle!! Totalmente folle. Dopo Zombie Ass ci mancava effettivamente la morte per scoreggia d’aMMore, che sia di Dio o dell’insegnante preferita. Effetti speciali ovviamente ridicoli, interpretazioni da avanspettacolo giapponese e risate a profusione garantiscono un livello trash quasi poetico.
G is for Gravity di Andrew Traucki (Australiano, regista di Black Water e The Reef).
Gran delusione. Interamente girato con videocamerina digitale portatile è poco chiaro e causa un principio di nausea allo spettatore. Probabilmente l’episodio peggiore del film.
H is for Hydro-Electric Diffusion di Thomas Cappelen Malling (Norvegese, classe 1970, regista di Norwegian Ninja).
Ha visto i draghi questo!! Spacchiusissimo mix di computer graphic ed esseri umani travestiti da animali antropomorfi, ha un sapore retrò che ricorda tantissimo Iron Sky e una cattiveria che potrebbe andare a braccetto con i folli Ren & Stimpy. Sicuramente uno degli episodi più particolari ma anche meno “horror”.
I is for Ingrown di Jorge Michel Grau (Messicano, regista di We Are what We are).
Insostenibile. L’episodio più impegnato dell’intera pellicola e il più devastante, testimonia la “banalità” di un brutale ed immotivato omicidio ai danni di una donna, i cui ultimi, dolorosissimi istanti vengono impietosamente ripresi in ogni minimo dettaglio. Accompagnato da un terribile e triste messaggio durante i titoli di coda: Negli ultimi 10 anni, in Messico sono state uccise 2015 donne. 200 donne al mese. L’orrore NON è sullo schermo.
J is for Jidai-Geki di Yudai Yamaguchi (Giapponese, regista di Meatball Machine).
Japponotto. Durante un rituale di seppuku, il kaishakunin (ovvero la persona deputata a decapitare l'oggetto del rito) riesce a scorgere il lato più grottesco, terribile ed esilarante della morte. Un altro esempio di quanto l'orrore giapponese sia assai diverso dal nostro, simpatico soprattutto per il teatralissimo finale.
K is for Klutz di Anders Morgenthaler (Danese, classe 1972, cartoonist conosciuto per le strip Wulffmorgenthaler e Dolph l’ippopotamo fascista).
Kazzatina divertente. Klutz, se non ho capito male, starebbe per stupido, goffo, ed effettivamente la protagonista del cartone animato tanto furba non è. E nemmeno il suo modo di morire è molto dignitoso. L'animazione del corto è gradevolissima e le risate non mancano.
L is for Libido di Timo Tjahjanto (Indonesiano, regista di uno degli episodi di V/H/S 2).
Laido. Un gioco al massacro dove i concorrenti sono costretti, letteralmente, ad ammazzarsi di pippe. Pur non condannando il porno, non tollero quando viene unito a cose terribili come la pedofilia o le menomazioni: alla vista del laido vecchiaccio che si eccita di fronte al povero bambino violentato (fortunatamente fuori dall'inquadratura) mi sono immedesimata così tanto nello schifo provato dal protagonista che quando ha vomitato sono dovuta correre in bagno preda dei conati. Timo Tjahjanto, col cuore, mavaffanculo vah. Ti meriteresti di subire il finale e la punizione dell'invasata con la motosega.
M is for Miscarriage di Ti West.
Maledetto. Altra cosa che non sopporto è vedere affrontato con leggerezza un tema come l'aborto. In perfetto stile West assistiamo ad un normale evento quotidiano che poi avrà risvolti imprevedibili e tristi. A prescindere dall'argomento trattato, il corto è comunque assai deludente.
N is for Nuptials di Banjong Pisanthanakun (Thailandese, regista di Shutter)
Nescio (Scemo, in ligure). Una bagatella condita da uno spruzzo di humor nero, messa lì giusto per alleggerire la pesantezza della Libido. Più un siparietto comico che un pezzo di antologia horror.
O is for Orgasm di Hélène Cattet e Bruno Forzani (Francesi, registi di Amer)
Originale. Regia ineccepibile e le immagini più belle dell'intero film. Forse un po' troppo autoriale per un film simile, ma l'idea della donna che emette bolle di sapone dalle labbra durante l'orgasmo è poetica da norire.
P is for Pressure di Simon Rumley (Inglese, classe 1970, regista di Little Deaths e The Living and the Dead).
Penoso. Nel senso che il senso di pena nel twist finale mi ha quasi ammazzata, facendomi piangere e portandomi ad invocare una bella punizione divina su Rumley, maledetto porco. E pensare che fino a quel momento Pressure era stato l'unico corto, assieme a quello di Grau, a dare una dimensione reale e dolorosa all'orrore quotidiano.
Q is for Quack di Adam Wingard (Americano, classe 1982, regista di A Horrible Way to Die, V/H/S e V/H/S 2).
Quest'uomo è un pazzo. Altro esempio di nerissimo umorismo, il corto si candida nella rosa dei migliori anche per la sua forte componente metacinematografica. Nei titoli di coda si scopre che il segmento è dedicato al protagonista, Mr. Quackers il papero, al quale si augura di trovare nella morte la pace che non ha avuto in vita.
R is for Removed di Srdjan Spasojevic (Serbo, classe 1976, regista di A Serbian Film).
Raccapricciante. Il segmento più disturbante e incomprensibile del film, probabile metafora della rovina del cinema in generale e dell'horror in particolare, ma potrei sbagliarmi. Il regista non si risparmia prolungati primi piani di bisturi che scavano pelle martoriata e disgustosi dettagli ospedalieri, ma richiama alla mente anche gli albori del cinema e i fratelli Lumière. Tutto sommato, molto interessante.
S is for Speed di Jake West (Inglese, classe 1972, regista di Evil Aliens e Doghouse)
Stilosissimo. Il corto offre una fotografia vividissima, due protagoniste che parrebbero uscite da un film di Rodriguez e dialoghi al fulmicotone. Sicuramente un po' banale, ma come metafora della battaglia condotta quotidianamente da un drogato all'ultimo stadio è parecchio azzeccata.
T is for Toilet di Lee Hardcastle (Inglese probabilmente, creatore, come dice il suo sito ufficiale, di corti in claymation non adatti ai bambini)
Tosto. Anche se girato con la tecnica della claymation, Toilet è una macellata che il 90% dei registi coinvolti nel progetto non riuscirebbero a concepire nemmeno nei loro sogni più perversi. Sicuramente mi ha messo parecchia paura e il finale è a dir poco geniale.
U is for Unearthed di Ben Wheatley (Inglese, classe 1972, regista di Kill List)
Un altro dei miei preferiti. Il corto è innovativo nel suo raccontare la vicenda dal punto di vista soggettivo del mostro (probabilmente un vampiro), consentendo così allo spettatore di immedesimarsi sia nella creatura braccata sia nei paesanotti che gli danno la caccia, scambiando continuamente i ruoli di preda e predatore.
V is for Vagitus di Kaare Andrews (Canadese, regista di Altitude e dell'imminente Cabin Fever: Patient Zero)
Very Good! Intanto, pur nella sua natura di corto non manca di effetti speciali e stunts che farebbero invidia a produzioni fantascientifiche ben più grandi e pretenziose. Inoltre, nella sua natura distopica è parecchio inquietante ed è l'unico di tutti i segmenti che meriterebbe di diventare un lungometraggio.
W is for WTF? di John Schnepp (Americano, co-creatore della serie animata Metalocalypse)
WTF, indeed!! E' la prima cosa che mi è venuta da dire alla fine di questo delirantissimo corto che mescola animazione, metacinema, fantasie nerd, effetti speciali da scuole medie, clown zombie, trichechi che devastano città, guerriere procaci e chi più ne ha più ne metta. Geniale, e lo dice una che normalmente DETESTA gli horror indipendenti fatti con due lire e pieni di assurdità gratuite.
X is for XXL di Xavier Gens
Xavierata. Decisamente per stomaci forti e splatterosissimo ma sicuramente un modo interessante di criticare il sistema che vorrebbe noi donne tutte perfette, bellissime e magrissime. Certo, piuttosto che arrivare agli estremi della protagonista del corto, sarebbe meglio non mangiare quella roba innominabile che tiene in frigo, ma tant'è.
Y is for Youngbuck di Jason Eisener (Canadese, regista di Hobo with a Shotgun)
Yuck. C'è una scena in questo corto che mi ha rivoltato lo stomaco, ma il montaggio, la fotografia e la colonna sonora sono splendidi. Inquietantissimo anche il laido protagonista.
Z is for Zetsumetsu di Yoshihiro Nishimura.
Zio cantante!, come direbbero gli Elii. The ABCs of Dead si conclude "in bellezza" con un delirio giapponese che cita a piene mani Il Dottor Stranamore eArancia Meccanica di Kubrick, una spietata, per quanto semi-incomprensibile, critica al Giappone di oggi e alla pesante influenza americana nel mondo. Non esistono parole per descriverlo, bisognerebbe guardarlo e rimanere annichiliti davanti allo schermo.
In conclusione, due parole sul progetto in generale. L'idea di base è assai interessante ma, francamente, 26 corti sparati senza soluzione di continuità sono davvero troppi e anche un'amante dell'horror come la sottoscritta sente il bisogno di prendere un po' d'aria dopo qualche tempo (ho fatto una pausa a metà, ero davvero stordita). La qualità e il tenore dei corti, inoltre, sono troppo altalenanti e si passa dal lavoro dilettantesco al capolavoro, dalla pesantezza alla cazzatina, con un paio di opere che avrei fatto a meno di inserire in quella che, comunque, dovrebbe essere un'antologia horror. Sicuramente, The ABCs of Dead è un film imprescindibile per gli appassionati, tuttavia una maggiore uniformità e l'inserimento di meno segmenti, magari un po' più lunghi, lo avrebbe reso sicuramente migliore. Insomma, gli do la sufficienza ma "si poteva fare di più". Se il film vi fosse piaciuto vi consiglierei di cercare gli altri titoli diretti dai registi coinvolti (cosa che farò io) oppure guardare per intero Grindhouse con tutti i suoi geniali fake trailer e Creepshow. ENJOY!
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