Il cinema è incredibile.
Tu spettatore ti accomodi in sala, convinto di vedere il solito film poco originale a base di found footage, telecamera claudicante e orrore spicciolo, quando ti accorgi improvvisamente e con tua grande meraviglia di non riuscire a staccare gli occhi dallo schermo, nemmeno per il tempo di un singolo battito di ciglia.
Le ragioni che rendono The Bay un piccolo gioiello e a suo modo il primo mattone che va ad inaugurare una nuova stagione del cinema, sono principalmente due e sono complementari l’una all’altra. La prima è la maestria con cui è diretto, non usando un unico punto di vista, ma generando un ibrido mix tra tutti i possibili mezzi espressivi multimediali; mentre la seconda, consequenziale alla prima, è la scoperta che in cabina di regia c’è nientemeno che Barry Levinson, in parte anche responsabile dell’idea che sta alla base della sceneggiatura.
Per chi non lo sapesse e vivesse sul pianeta Marte, Barry Levinson ha 70 anni e nella sua lunghissima carriera ha diretto fior di film. Per intenderci quest’uomo ha diretto Robin Williams nello splendido Good Morning Vietnam, ha portato a casa un Oscar con Rain Man, ha realizzato in carriera film importanti come Il migliore, Piramide di paura, Toys, Sleepers e il sottovalutatissimo Sesso e Potere.
Ora che cosa spinga un vecchio leone di Hollywood a dirigere un film come The Bay, che non solo è prettamente figlio del genere, ma come già detto è interamente costruito con il found footage, resta una domanda senza risposta, ma ciò che sicuramente appare chiaro è la necessità di restituire dignità ad una tecnica espressiva che sembrava semplicemente frutto di una moda passeggera e che invece si sta probabilmente affermando come la nuova frontiera del cinema del nuovo millennio.
Levinson, accogliendo tra le proprie braccia e facendo propria questa scorciatoia espressiva, la nobilita e la rende immediatamente più cinematografica, ammantandola di una classicità che fin ora le era estranea. Dettando tempi e ritmi di una narrazione mai impegnata ad avvitarsi su se stessa, ma tenendo ben presente l’obbiettivo principale di un film, che da sempre è quello di raccontare una storia, Levinson pone la pietra angolare di un cinema, che non solo mette in discussione il passato, ma mette in predicato il futuro.
Un film importante, non tanto per quel che effettivamente è, ma soprattutto per quello che da qui in poi certamente verrà.
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VOTO
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