Magazine Cultura

The Book Thief by Markus Zusak

Creato il 19 febbraio 2014 da Anncleire @anncleire

 The Book Thief by Markus Zusak

She said it out loud, the words distributed into a room that was full of cold air and books. Books everywhere! Each wall was armed with overcrowded yet immaculate shelving. It was barely possible to see the paintwork. There were all different styles and sizes of lettering on the spines of the black, the red, the gray, the every-colored books. It was one of the most beautiful things Liesel Meminger had ever seen.

“The Book Thief”, tradotto in italiano come “La bambina che salvava i libri”, è stato il protagonista del “Thief Read Along” e mi ha accompagnato nell’ultimo mese regalandomi più di quello che mi sarei mai immaginata. Markus Zusak non ha creato una storia meravigliosa, ha giocato con le parole, ha compiuto un’impresa che riesce in pochi quella di incantare, stupire, intrattenere e regalare parole degne di essere ricordate. È una storia che lascia interdetti, meravigliati, complici e che decisamente non ci si aspetta in un mondo ignaro come il nostro. E non è solo lo sfondo che lascia interdetti, quello degli anni cocenti della Seconda Guerra Mondiale, in una Germania scossa dal nazismo, ma gli stessi personaggi restano nel cuore per molto tempo.

Fu a nove anni che Liesel iniziò la sua brillante carriera di ladra. Certo, aveva fame e rubava mele, ma quello a cui teneva veramente erano i libri, e più che rubarli li salvava. Il primo fu quello caduto nella neve accanto alla tomba dove era stato appena seppellito il suo fratellino. Stavano andando a Molching, vicino a Monaco, dove li aspettavano i loro genitori adottivi. Il secondo, invece, lo sottrasse al fuoco di uno dei tanti roghi accesi dai nazisti. A loro piaceva bruciare tutto: case, negozi, sinagoghe, persone… Piano piano, con il tempo ne raccolse una quindicina, e quando affidò la propria storia alla carta si domandò quando esattamente la parola scritta avesse incominciato a significare non solamente qualcosa, ma tutto. Accadde forse quando vide per la prima volta la libreria della moglie del sindaco, un’intera stanza ricolma di volumi? Quando arrivò nella sua via Max Vandenburg, ex pugile ma ancora lottatore, portandosi dietro il “Mein Kampf” e infinite sofferenze? Quando iniziò a leggere per gli altri nei rifugi antiaerei? Quando s’infilò in una colonna di ebrei in marcia verso Dachau? Ma forse queste erano domande oziose, e ciò che realmente importava era la catena di pagine che univa tante persone etichettate come ebree, sovversive o ariane, e invece erano solo poveri esseri legati da spettri, silenzi e segreti.

 

È difficile scrivere una recensione per un libro tanto bello e complesso, perché sono certa che non vi posso raccontare tutta la meraviglia che mi ha provocato. Tutto inizia con un narratore insolito, che guarda il mondo con gli occhi spenti di chi ha vissuto a lungo e ne ha viste tante, ma ha ancora il coraggio di colorare il mondo, di pensare le emozioni attraverso l’arcobaleno che gli si disegna nel cuore e soprattutto questa voce impersonale, che ha un interesse molto personale nelle vicende, un profondo senso di umanità e sa riconoscerlo anche negli altri. La vera protagonista resta comunque Liesel questa bimba che arriva spaventata a Molching, senza nulla, ma che piano piano si crea un mondo, un mondo fatto di parole. E sono proprio le parole che fanno da fil rouge a tutta la storia, da quelle che Liesel non riesce a leggere e che impara piano piano in notti e pomeriggi con Hans Hubermann, a quelle che legge sui libri rubati nelle sue avventure a quelle che scrive nel buio della cantina della sua casa. Liesel è una ragazzina che non si lascia fermare da nulla, caparbia e coraggiosa, che si getta a giocare a calcio insieme a tutti i ragazzini del quartiere, ma allo stesso tempo dotata di una profonda tenerezza che la portano a raccogliere tredici regali apparentemente inutili e a regalare una speranza a chi non ce l’ha più. Ma ciò che la contraddistingue, ciò che fa di lei ciò che è, una ladra, sono i libri.

When she came to write her story,

she would wonder exactly when the books

and the words started to mean not just something,

but everything.”

E allora i libri, le storie che vengono man mano in suo possesso, segnano i momenti più sconvolgenti della vita di Liesel e delle persone che la circondano, in ogni istante la ragazzina è circondata da parole, dal saluto nazista alla lettera di licenziamento della madre, l’atto di rivolta del padre, al continuo chiedere un bacio di Rudy, insomma, Liesel impara la bontà delle parole ma anche “The injury of words. Yes, the brutality of words.”, i terribili danni che le parole possono provocare. E se la ragazzina ha un ruolo primario in questa storia di certo, il corollario dei personaggi secondari è vario e pieno, e aggiunge fascino ad una storia bellissima. A cominciare proprio dai genitori adottivi Rosa e Hans Hubermann, diversissimi tra loro ma allo stesso tempo dotati dello stesso affetto per Liesel a cui si affezionano velocemente e senza indugi. Se Rosa risulta una donna ruvida e meschina, pure ci mostra i suoi lati compassionevoli e veri, che la rendono impossibile da odiare. Hans al contrario è il padre che tutti vorremmo avere, con un profondo senso del giusto e del sbagliato, di ciò che è necessario e ciò che è bene e non si ferma mai. Di vero conforto per Liesel è un padre, quelli che non ti immagini, perché sembra un uomo nerboruto e scontroso e invece ti lasciano con un senso profondo di inquietudine. Hans è un uomo che si getta a capofitto in ciò che reputa giusto e non pensa assolutamente alle conseguenze, anche quando ne deve pagare lo scotto. E poi Max, un ragazzo di ventiquattro anni che viene travolto dagli eventi, che non si lascia consumare, che egoisticamente quasi cerca di salvarsi, ma talmente generoso e pieno di inventiva che non si può non lasciarsi incantare dai suo schizzi e dalle sue parole, quelle parole che ritornano, che non ci abbandonano, che in questo libro significano tutto.

Trust me, though, the words were on their way,

and when they arrived,

Liesel would hold them in her hands like the clouds,

and she would wring them out like the rain.

E come dimenticare Rudy? Rudy il migliore amico di Liesel, il ragazzetto vicino di casa, che non perde occasione per chiederle un bacio, ma che poi c’è in tutte le occasioni importanti, nei momenti di rabbia e in quelli di debolezza, in quelli in cui si vorrebbe urlare e correre via. Dai momenti più impensabili a quelli che ti restano nel cuore, fino alla fine. Nonostante il narratore ripeta in continuazione quello che si andrà a leggere, pure ci si resta di stucco, perché Zusac ha la incredibile capacità di rendere talmente vivi i suoi personaggi che ti sembra di conoscerli e vivere con loro per le strade di quella cittadina minuscola ma allo stesso tempo vera, ripercorrendo momenti magici e altri irreali e arrivi a trovarti d’accordo con Liesel.

I have hated the words and

I have loved them,

and I hope I have made them right.

 

Lo sfondo, come già detto è quello della Germania nazista, una Germania di periferia, forse, lontana dai clamori della lotta feroce di Hitler, ma allo stesso tempo ne viene investita in pieno. Molching è una cittadina a pochi passi da Monaco, ma è intorno alla Himmel Strass che si svolge tutta la vicenda. Quel cancelletto che si apre sul numero 33, quella porta a cui tutti vanno a bussare, ma soprattutto la cantina, dove sicuramente si svolgono le scene più emozionanti. Ma tutto il paesino, con il suo negozio di dolciumi, il fiume, i campi, la casa del sindaco con la sua biblioteca piena di tesori. Ogni luogo resta un simbolo e avvinghiato ad un episodio che forma Liesel e tutti i personaggi e ce li regala nel loro fulgido splendore.

 

Il particolare da non dimenticare? Delle molliche di pane…

 

Un libro meraviglioso, che non ho parole per descrivere, non solo una storia di guerra e di morte, ma una storia di speranza infusa con le parole e strappata con lettere amare, una storia d’amicizia e perdono, di saggezza e di generosità. Una storia incentrata in pieno nel periodo in cui viene narrata, ma che è allo stesso tempo universale e magica, in cui ogni personaggio ha qualcosa da dire e tutti restano nel cuore. Quando chiudi “The Book Thief” ti porti dietro un mondo condensato nella Himmel Strass e un cuore pulsante e sanguinante inchiostro che non potrai scrollarti di dosso. La penna di Zusak è magica e speciale e di certo una di cui si parlerà a lungo.


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :