Magazine Cinema
Recensione di Marco Zaninelli
Titolo originale: The butler
Paese: U.S.A.
Anno: 2013
Durata: 113 min.
Genere: biografico, drammatico, politico
Regia: Lee Daniels
Soggetto: Will Haygood
Sceneggiatura: Lee Daniels, Danny Strong
Cast: Forest Whitaker, Oprah Winfrey, John Cusack, Jane Fonda, Cuba Gooding Jr., Alan Rickman, Lenny Kravitz, Vanessa Redgrave, Robin Williams, Melissa Leo, Alex Pettyfer, Mariah Carey, Liev Schreiber
Gli americani chiudono sempre un occhio su quello che hanno fatto al loro popolo. Guardiamo il resto del mondo e giudichiamo. Sentiamo parlare dei campi di concentramento ma quei campi ci sono stati per ben 200 anni anche qui, in America (Cecil Gaines)
Quando un film avvince, commuove e fa riflettere merita un nove. Bello e toccante, senza se e senza ma. Tra i cavalli di razza pronti ad affrontarsi agli Academy Awards, un autentico purosangue è rimasto in scuderia. Con spessore e ampiezza ci regala uno sguardo sugli ultimi 80 anni di storia americana, visti con gli occhi degli ultimi, con gli occhi di chi con dignità, sudore e sangue ha sopportato l’odio, la violenza, la paura e l’altrui follia, lottando per i diritti che tutti noi, oggi, diamo per scontati. Cecil Gaines (Forest Whitaker), nato delle piantagioni del sud, “negro di casa” e poi abile maggiordomo alla Casa Bianca, attraversa la vita di otto presidenti, guadagnandosi sempre rispetto e fiducia: un uomo dall’incrollabile senso del dovere e della fatica quotidiana, che però è sempre costretto a mostrare due volti, l’uno per i suoi, l’altro per i bianchi che deve servire «come se nella stanza non esistesse». Sua moglie (Oprah Winfrey), da sempre fiera di lui, è però infelice per le assenze del marito e per il rapporto contrastato che l’uomo ha con il figlio maggiore Louis (David Oyelowo), impegnato in prima linea per i diritti civili e sempre più spesso coinvolto negli scontri, nei linciaggi e anche ripetutamente arrestato. Il giovane, dopo aver condiviso le idee di Martin Luther King, di Malcolm X ed essersi unito alle Black Panther, resterà a lungo lontano dalla famiglia e dal padre con il quale, proprio a causa della sua apparente subordinazione ai bianchi passivamente accettata, entra fin da giovanissimo in conflitto. Il figlio minore invece, dopo aver rinfacciato al fratello di voler combattere “per” il proprio paese e non “contro” ed essere partito per il Vietnam, in quelle terre morirà («Il Vietnam mi ha portato via un figlio e io non sapevo nemmeno perché eravamo là», affermerà Cecil). Alla fine Louis deciderà di lasciare il Black Panther Party, rifiutando la strategia della violenza, ritornando a studiare e dedicandosi alla carriera politica nel partito democratico. Nonostante i lunghi contrasti, padre e figlio troveranno infine la pace e il reciproco perdono. Cecil incontra e mostra al pubblico le debolezze, i vizi e le virtù di molti presidenti, ognuno dei quali interpretato, in interessanti camei, da attori del calibro di Robin Williams, James Marsden, Alan Rickman, Liev Schreiber e John Cusack, affiancati dalle più celebri tra le first ladies americane, come Jackie Kennedy (Minka Kelly) e Jane Fonda nel ruolo di Nancy Reagan. Un’opera corale che raccoglie moltissimi volti noti, soprattutto tra gli attori afroamericani: Terrence Howard, Cuba Gooding Jr. e Lenny Kravitz, ma anche l’attrice premio Oscar 1978 Vanessa Redgrave, nel ruolo della padrona della casa in cui Cecil, da bambino, assiste all’omicidio a sangue freddo del padre. In realtà molte interpretazioni meriterebbero una segnalazione particolare: ovviamente l’immenso Forest Whitaker (già insignito dell’Oscar per L’Ultimo Re di Scozia) e Oprah Winfrey che, muovendosi da attrice navigata, è veramente emozionante nella sua sofferenza di madre e moglie.
Voto: 9
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