Torno di nuovo sui Byrds, stavolta con un album che, se permettete, ebbe un ruolo fondamentale nell’influenzare la musica psichedelica a cavallo tra il ’60 e il ’70. Fifth dimension (1966) è il primo disco dei Byrds senza cover di Bob Dylan, ed è il primo pubblicato dai Byrds senza la presenza del songwriter Gene Clark. Estrapolando dall’album, vi propongo la traccia numero 10: John Riley. Una folk ballad che tratta un tema molto popolare: la sposa promessa che attende il suo futuro marito che torna dalla guerra, senza cadere in tentazione. Una canzone del secolo XVII riadattata dalla tradizione britannica su diretta ispirazione dell’Odissea di Omero. Dove Penelope resta fedele al suo Odisseo nonostante la corte dei proci, e nonostante non abbia più notizie del suo amato.
Sono diversi i titoli di John Riley: anche Johnny Riley, o ancora The Broken Token o A Fair Young Maid All in Her Garden. Prima dei Byrds, l’avevano suonata Joan Baez e Art & Paul (meglio noti come Simon & Garfunkel) nel 1960, e Judy Collins un anno dopo. Nel 1966 arriva questa versione dei Byrds, con tutti i connotati tipici del gruppo di McGuinn e Crosby. Controcanti, base ritmica a dodici corde elettrificata, atmosfera ovattata. Appena finisce di girare resta una sensazione di abbandono, anche più di quanto non sia consentito fare durante l’ascolto. Come di solito accade quando suonano i Byrds.