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The Canyons è un gigantesco misunderstanding, un fraintendimento di quelli epocali. Alla regia un tipetto come Paul Schrader, uno che ha dato prova del suo immenso talento non si sa quante volte sia come sceneggiatore che come regista, alla sceneggiatura uno degli scrittori più osannati del panorama letterario americano , Bret Easton Ellis.
Era lecito aspettarsi non dico un capolavoro ma almeno un film di quelli da ricordare: e invece The Canyons non è nè l'uno , nè l'altro.
E' un filmetto sul vuoto pneumatico che è dentro e fuori di noi mascherato da dramma, è un noir dei sentimenti con accenti melodrammatici, un qualcosa che assomiglia più al presente inopinato di una Sofia Coppola qualsiasi che al passato glorioso di uno che ha narrato e descritto come meglio non si potrebbe abissi metropolitani senza fondo come quelli di Taxi Driver, di Hardcore o di American Gigolò.
Forse se non ci fossero i nomi di Paul Schrader e Bret Easton Ellis dietro questo pastrocchio sarebbe scattato un qualcosa di simile all'indulgenza , ma non si può ignorare il pedigree artistico di chi ha creato The Canyons, che si maschera ben presto da veicolo per l'autodistruzione artistica di una diva che a 27 anni ne dimostra almeno il doppio a causa di vizi e stravizi di ogni genere ( la Lohan, totalmente sfatta) che si fa accompagnare da un attore che ha nel suo curriculum oltre un migliaio di film porno e che è abitutato a recitare con una sola parte ( del resto premiatissima ) del suo corpo.
Il resto è molto meno adatto a stare davanti alla macchina da presa.
A essere buoni The Canyons è un ritratto cinico e indigesto di tutto quello che si agita nel sottobosco hollywoodiano e non, di tutto quel mondo lustrini e pailettes che orbita attorno alla fabbrica dei sogni.
Il tutto incernierato come se si stesse parlando del peggiore degli inferni, una voragine da cui è impossibile tirarsi fuori nonostante le ville milionarie, gli smartphones da migliaia di dollari e i giorni passati a rosolarsi al sole accanto alla piscina.
Un inferno precostituito mascherato da edonismo senza freni che richiama gli ultimi due film della Coppola con la sola differenza che la piccola Sofia ( piccola, si fa per dire) ha l'aria di una che sta sputando nel piatto in cui ha sempre mangiato, mentre per Schrader ( e per Ellis) è un ritorno al luogo del delitto ma senza il talento cristallino ( forse anche la voglia di stupire ) degli anni passati.
The Canyons sembra fabbricato con i materiali di avanzo di altri film e ricicla l'universo immorale dell'American Psycho di Ellis, in una forma meno esplicita.
E' una pellicola funeraria che si rende interessante solo per il suo aspetto metacinematografico: perchè la Lohan è stata fagocitata da quel mondo fatto di alcool e di droga e ora , dopo aver trascorso vari anni tra set, galere e rehabs, ne è uscita con le ossa rotte e con un fisico ormai minato dagli eccessi.
Lindsay Lohan si trasforma nel testimonial della star hollywoodiana che ha imboccato il viale del tramonto ben prima di arrivare al successo, quello vero e duraturo, un'altra di quelle bambine prodigio ( non la prima e non sarà neanche l'ultima) stritolate dalla macchina della celebrità e della fama che come diceva Warhol in un mondo come quello , dura al massimo quindici minuti...
Nonostante l'ambientazione altolocata The Canyons flirta con lo squallore per tutta la sua durata osando anche in scene di sesso piuttosto spinte per il glamourama hollywoodiano, del resto con un esperto a disposizione....
E annoia , più che altro. E' tutto già visto altrove.
( VOTO : 4,5 / 10 )
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