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Non l'avesse mai fatto: le appare in continuazione una bambina e il miagolio di Silky diventa sempre più inquietante. Intanto cominciano a fioccare cadaveri tra le persone che conosce e lei decide di liberarsi di Silky pensando di poter essere la prossima vittima del fantasma della bambina.
Silky però continua a tornare nella sua vita : So-Yeun decide a questo punto di indagare per scoprire chi fosse quella bambina...
Per quanto riguarda il cinema coreano, mio grande amore, negli horror faccio fatica a rintracciare la stessa prorompente personalità che traspare dalle sequenze dei thriller che in gran numero si girano da quelle parti.
Ed è per questo che non ne guardo moltissimi, spesso soffrono di sindrome derivativa dal vicino Giappone il cui cinema horror ha una personalità e un'estetica perfettamente riconoscibili.
Poi scopri un film relativamente recente, The cat, ad opera di un regista che ti è sconosciuto Seung-wook Byeon e scopri che è un horror che parla di claustrofobia, morti ammazzati misteriosamente e di gatti.
E non puoi quindi astenerti dal vederlo.
All'inizio quando mi sono posto alla visione pensavo di trovare generose tracce letterarie ( di Poe) riadattate alla contemporaneità coreana e invece mi sono trovato di fronte a un horror che pur non essendo il massimo dell'originalità , contiene alcune peculiarità da cinema prettamente coreano ed assolve perfettamente al suo compito, di tenere sulle spine per gli oltre 100 minuti della durata , magari mangiandosi le unghie per il nervosismo o affondando i polpastrelli nei braccioli della poltrona.
L'impalcatura è da J-horror , anzi sembra che non ci si sforzi nemmeno per uscire da questo cono d'ombra: la bambina che appare alla protagonista, una specie di piccolo demone dalle pupille taglienti come quelle di un gatto, è una classica creatura da horror giapponese, anzi è un qualcosa che ricorda molto da vicino ( anche per come si snoda la soluzione di tutta la vicenda) il bambino che appariva in Dark Water di Hideo Nakata.
Le sue apparizioni, in numero consistente, vengono usate nelle boo sequences accanto a tutti gli strumenti atti a provocare tensione, smarrimento e tanta, tanta inquietudine in chi guarda.
Se l'impalcatura è quella diciamo che la velocità di costruzione è molto diversa: se in un'ardita similitudine accostassimo un horror giapponese a un 33 giri che sta andando alla sua velocità sul piatto del giradischi , questo The cat è come se noi prendessimo quello stesso disco e lo facessimo girare a 45 giri.
Procede a una velocità diversa e qui entra in campo il genoma coreano : The cat è un film pieno zeppo di avvenimenti e colpi di scena con un ritmo talmente alacre che arriva quasi a disorientare, è girato insomma come un thriller adrenalinico piuttosto che come un horror classico e si lascia andare a trovate estemporanee al limite del grottesco che comunque rimangono impresse per la loro stranezza ( si veda la sequenza al canile: So-Yeun è rimasta chiusa dentro il canile, la claustrofobia le sta stringendo la gola in una morsa sempre più forte, lei si mette a quattro zampe come se stesse aspettando la fine e si mette a vomitare palle di pelo come fanno i gatti).
E poi c'è quel lirismo classico di tanto cinema coreano soprattutto nel finale , ma anche la risoluzione di tutto l'enigma è più da film per famiglie che da film horror.
Non che sia un male , per carità, anzi stupisce in positivo che per una volta in un cinema come quello coreano notoriamente allergico al lieto fine , si trovi una soluzione che gli assomiglia molto.
Come detto prima The cat non sarà il massimo dell'originalità ma è un film che abbina alla solita spettacolare confezione coreana anche qualche interessante spunto di riflessione : lo scompaginamento della società coreana in primis ( vedi il personaggio della donna anziana che ogni tanto viene aiutata da So-Yeun), il solito ritratto della polizia tutt'altro che gentile e anche uno sguardo piuttosto virulento su quelli che sono i canili coreani, dei veri e propri lager in cui l'inceneritore è sempre al lavoro.
Ecco, forse non è un caso che le sequenze più paurose di tutto il film siano quelle che inquadrano il canile lager, senza bisogno di gatti demoniaci o bambine fantasmatiche...
PERCHE' SI : ritmo elevato, girato come se fosse un thriller, qualcosa che assomiglia a un lieto fine, qualche spunto di riflessione interessante e quel pizzico di lirismo che accompagna molto cinema coreano.E poi ci sono tanti gatti...
PERCHE' NO : i riferimenti al J horror sono troppo evidenti, lo snodo della vicenda forse è un po' troppo vicino a quello di Dark Water di Hideo Nakata, qualche personaggio di contorno che esonda nella caricatura( per esempio il proprietario del negozio dove lavora So -Yeun o la stessa padrona di Silky).
LA SEQUENZA : So Yeun è chiusa nel canile lager, la claustrofobia la sta paralizzando , lei si mette a quattro zampe e comincia a vomitare palle di pelo....
DA QUESTO FILM HO CAPITO CHE :
I coreani girano i miglior thriller al mondo ma per quanto riguarda l'horror forse sono ancora un po' indietro.
Il gatto è un animale perfetto per un film horror.
L'orrore vero di un canile lager supera di gran lunga quello immaginato dal più fantasioso degli scrittori o sceneggiatori.
Non riesco a capire come in un Paese avanzato come la Corea del Sud, la carne di cane rappresenti un cibo prelibato, da ricchi....
( VOTO : 6,5 / 10 )
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