"Non sono più pochi individui a sostenere la validità della dieta a base vegetale in base alla loro esperienza, alla loro filosofia o uno studio scientifico isolato: oggi esistono centinaia di studi di ricerca dettagliati, esaustivi e ben condotti che vanno nella stessa direzione"
Ciò che si mangia è una scelta personale, spesso basata sui cibi che ognuno di noi considera saporiti, sazianti, familiari o facilmente disponibili.
Quando mi viene chiesto di dire ciò che mangio e di motivare le mie scelte devo fermarmi a riflettere per un attimo.
Le mie personali esperienze di vita e quelle delle persone a me più vicine – soprattutto di chi si è preso cura di me quando ero bambina – mi hanno molto influenzata, così come è normale che sia.
Quando ero piccola era spesso mia madre a scegliere i cibi che avrei mangiato, per il semplice fatto che era lei a cucinare e a mettere in tavola tutti i pasti consumati in famiglia. Noi li mangiavamo con gusto: braciole di maiale con contorno di purè di patate e fagiolini, spaghetti con le polpette di carne o un bel vassoio di pollo fritto. Spesso il pasto si concludeva con un dessert fatto in casa e il gelato.
Fu solo al tempo del mio terzo anno di liceo che la nostra dieta cominciò a cambiare, come conseguenza delle ricerche che mio padre, T. Colin Campbell, avrebbe poi riportato in dettaglio nel suo libro The China Study, un bestseller internazionale.
Sulla base di questi studi nutrizionali, mio padre suggerì a mia madre di far seguire a tutta la famiglia una dieta che fosse più imperniata sugli alimenti vegetali rispetto a quelli animali; così come famiglia abbiamo lentamente cominciato a orientarci verso un’alimentazione basata su cibi vegetali.
Invece di mettere in tavola la carne come piatto principale, mia madre cominciò a usarne sempre meno, come piatto di contorno o solo per dare alle pietanze un sapore aggiunto. Se prima mangiavamo un bel trancio di prosciutto arrosto accompagnato dai maccheroni, da quel momento in poi a una grossa teglia di sformato di patate si aggiungevano una o due fette di prosciutto tagliato a cubetti, e bastava per otto persone.
Mia madre è sempre stata una cuoca eccezionale; da ragazzina adoravo la sua cucina.
Così quando lasciai casa per andare al college continuai a cercare i cibi familiari e confortanti della mia infanzia, che spesso comprendevano prodotti di origine animale.
Fino a quel momento le mie scelte si erano basate sulle mie voglie alimentari e sui sapori che soddisfacevano il mio palato. Con i miei compagni di college la sera tardi ordinavo spesso la classica pizza con aggiunta di formaggio extra e salsiccia, seguita da una coppa di gelato ricoperta di crema calda al cioccolato. Fu soltanto quando mi diplomai che cominciai a domandarmi perché mangiavo le cose che mangiavo.
Cercando di individuare i fatti precisi che mi hanno portato a optare per un’alimentazione a base vegetale, mi vengono in mente alcune esperienze ben distinte.
Dopo aver concluso gli studi al college sono entrata a far parte del Corpo dei volontari della pace. Per la prima volta avrei dovuto davvero camminare con le mie gambe. Fui destinata a una delle aree più rurali della Repubblica Dominicana, dove avrei lavorato a stretto contatto con famiglie indigenti e i loro bambini denutriti.
In particolare c’era una famiglia – e soprattutto una bambina – a cui mi affezionai molto. Anita aveva quattordici mesi e pesava poco più di quattro chili. La nonna si occupava di lei mentre la madre era in città a cercare lavoro, e passava spesso dall’ambulatorio dove lavoravo e abitavo.
Un giorno, mentre pioveva, vidi la nonna che trasportava alcuni sacchi di cibarie che aveva comprato in città. Aveva con sé anche Anita, che aveva contratto un’infezione bronchiale, per portarla dal dottore. Vedevo che la donna faceva fatica a trasportare la spesa e la nipote, così mi offrii di aiutarla a portare la bambina. Mentre percorrevamo i tre chilometri in salita che conducevano alla casa di Anita sentivo il suo piccolo cuore che batteva, così vicino al mio petto. A tratti era tanto tranquilla che dovevo fermarmi e avvicinare l’orecchio al suo visetto per sentire se stava ancora respirando.
Quella sera, quando tornai all’ambulatorio rimasi nella mia stanza. Di solito andavo nella casa della mia vicina a giocare a domino, o semplicemente a scambiare quattro chiacchiere in cucina. Ma quella sera preferii starmene da sola.
Qualche giorno prima avevo cominciato a leggere il libro Diet for a Small Planet [Dieta per un piccolo pianeta; N.d.T.] (Ballantine Books, New York, 1975) di Frances Moore Lappé, un libro che quella sera mi suscitò profondi interrogativi.
Portando Anita in cima alla montagna, come spesso succedeva ero passata davanti a un allevamento di bestiame dall’estensione di mille acri. I proprietari vivevano all’estero, e quando tornavano nella Repubblica Dominicana andavano a stare nella loro seconda casa, in una zona turistica pregiata.
La gente che abitava nei paraggi non aveva mai tratto benefici da un allevamento che occupava tanta parte di quella terra. La carne del bestiame veniva usata solo per alimentare una piccola percentuale della popolazione locale: quelli che potevano permettersi di comprarla. Invece chi ne aveva più bisogno non riceveva niente.
Le comodità di cui godevano gli abitanti dell’allevamento erano esorbitanti rispetto alle condizioni delle abitazioni che lo circondavano. Le mandrie avevano ampie aree in cui pascolare; Anita, la sua famiglia e diversi suoi vicini abitavano in misere casupole. Grossi contenitori d’acqua con un impianto funzionante e relativi rubinetti erano sempre disponibili per il bestiame, cui fornivano un’abbondante scorta di acqua. La famiglia di Anita e i vicini di casa non disponevano di simili lussi: per procurarsi l’acqua dovevano fare una lunga camminata fino al fiume e poi trasportarla fino a casa in taniche da 4 l, sempre che l’acqua non fosse contaminata, come spesso capitava.
Questo fatto mi appariva un’enorme ingiustizia: considerando il paradosso da un punto di vista umanitario cominciai a mettere in discussione la produzione di carne bovina e pensai che forse avrei potuto fare un primo passo per ridurre il mio consumo di cibi di origine animale, così da utilizzare le risorse in modo più efficiente.
Durante il mio volontariato nel Corpo della pace ci fu un’altra esperienza che ebbe un forte impatto sulle mie scelte alimentari, questa volta dalla prospettiva dei diritti degli animali.
Verso la fine del mio percorso ero stata assegnata a una località situata in posizione ancora più elevata sulla montagna, dove dovevo contribuire alla costruzione di una scuola. Nel campo accanto alla casa dove abitavo c’era un piccolo pascolo dove viveva una capra che sembrava piuttosto curiosa e attenta a ciò che facevo. Spesso veniva fino allo steccato per seguire i miei movimenti intorno al cortile.
Cominciai a darle da mangiare i miei scarti di cucina, e questo senza dubbio stimolò ulteriormente il suo interesse. Era la prima cosa che vedevo quando uscivo di casa la mattina, e un vicino sosteneva che, quando tornavo dal lavoro, la capra sentiva il rumore della mia motocicletta e arrivava correndo verso lo steccato che confinava con il mio cortile e si metteva ad aspettarmi. Fu così che mi affezionai a quella capretta che mi aspettava pazientemente ogni giorno, mattina e sera.
Un giorno tornai a casa e vidi qualcosa che mi turbò profondamente. Mentre spingevo la moto nel cortile interno, cercai con gli occhi la capra nel pascolo. E presto la vidi: era appesa allo steccato, con la gola tagliata e gli spruzzi di sangue tutt’intorno.
I suoi occhi sembrarono seguirmi, mentre spingevo la motocicletta lungo il sentiero. Quegli occhi non sorridevano più: avevano un’espressione supplichevole e piena di sofferenza e sembravano implorare aiuto. Ma non potei fare niente. Il sangue continuò a scorrere lentamente, e formò una pozza che si allargava nel cortile. Fui sopraffatta dalla nausea. Mi voltai ed entrai in casa.
Più tardi, quella sera, i miei vicini mi portarono un piatto di carne di capra dicendomi che era molto saporita. Io non riuscii a mangiarla: era la carne della mia amica capra, e non potevo fare a meno di vedere i suoi occhi imploranti.
Fu allora che smisi del tutto di mangiare carne.
Tornai a casa dal periodo di volontariato con le mie convinzioni, da una prospettiva umanitaria così come da quella dei diritti degli animali. In quel periodo mio padre stava ancora conducendo la sua ricerca, e ogni sua nuova scoperta suggeriva come, da un punto di vista della salute, eliminare gli alimenti di origine animale e consumare una dieta a base di alimenti vegetali naturali fosse assolutamente essenziale.
Come si afferma nel libro The China Study [p. 323 dell’edizione italiana; N.d.T.]:
Mai come ai nostri giorni c’erano state così tante ricerche empiriche a sostegno di una dieta a base di cibi naturali vegetali.
Oggi per esempio è possibile ottenere immagini delle arterie coronarie e dimostrare incontestabilmente, come hanno fatto il dottor Dean Ornish e il dottor Caldwell Esselstyn Junior, che una dieta a base di alimenti naturali vegetali fa regredire le cardiopatie. Oggi disponiamo delle conoscenze necessarie per capire come questo avviene. Più ancora dei grassi saturi e del colesterolo alimentare, sono le proteine animali a far aumentare i livelli di colesterolo endogeno nelle cavie da laboratorio, nei soggetti umani e in intere popolazioni.
I raffronti internazionali fra diversi Paesi mostrano che le popolazioni che seguono diete tradizionali a base di vegetali soffrono molto meno di cardiopatie, e dagli studi su singoli individui all’interno di determinate popolazioni risulta che quelli che mangiano più cibi naturali vegetali non solo presentano livelli più bassi di colesterolo, ma soffrono meno di cardiopatie.
Attualmente disponiamo di un’ampia e approfondita gamma di prove del fatto che una dieta a base di alimenti naturali vegetali è la migliore per il cuore.
Mai prima d’ora avevamo avuto una comprensione così profonda di come la dieta influisce sul cancro, sia a livello cellulare che a livello di popolazione.
I dati pubblicati indicano che le proteine animali favoriscono la crescita dei tumori. Le proteine animali aumentano i livelli di un ormone, l’IGF-1, che è un fattore di rischio tumorale, e le diete ricche di caseina (la proteina principale del latte vaccino) permettono l’ingresso di un maggior numero di carcinogeni nelle cellule, il che a sua volta consente a una maggior quantità di prodotti cancerogeni di legarsi al DNA; questo permette più reazioni mutageniche che danno origine a cellule cancerose, cosa che a sua volta consente una crescita più rapida dei tumori una volta avvenuta l’iniziazione. I dati mostrano che nelle donne una dieta a base di cibi animali incrementa la produzione di ormoni sessuali nel corso della loro vita, fenomeno che può provocare il cancro al seno.
Attualmente disponiamo di un’ampia e approfondita gamma di prove del fatto che una dieta a base di alimenti naturali vegetali è la migliore per il cancro.
Mai come oggi abbiamo avuto una tecnologia per misurare i biomarcatori associati al diabete e le prove per dimostrare che i livelli di zucchero del sangue, di colesterolo endogeno e di insulina migliorano maggiormente con una dieta a base di cibi naturali vegetali che con qualsiasi altra cura.
Ci sono studi di intervento che dimostrano come nei diabetici di tipo 2 curati con una dieta a base di alimenti naturali vegetali la malattia possa regredire e l’assunzione di farmaci possa essere sospesa. Un’ampia gamma di studi internazionali mostra che il diabete di tipo 1, una grave malattia autoimmune, è in relazione con il consumo di latte vaccino e con lo svezzamento prematuro. Ora sappiamo come il nostro sistema immunitario può attaccare il nostro stesso organismo mediante un processo di mimetismo molecolare indotto da proteine animali che riescono a introdursi nel nostro circolo ematico.
Abbiamo anche alcune prove affascinanti che stabiliscono un legame fra la sclerosi multipla e il consumo di cibi di origine animale, specialmente di latticini. Studi di intervento in ambito nutrizionale hanno indicato che la dieta può aiutare a rallentare la sclerosi multipla, e forse perfino a bloccarla.
Attualmente disponiamo di un’ampia e approfondita gamma di prove del fatto che una dieta a base di alimenti naturali vegetali è la migliore per il diabete e per le malattie autoimmuni.
Mai prima d’ora abbiamo avuto un così ampio spettro di prove che dimostrano come le diete caratterizzate da un eccesso di proteine animali possano distruggerci i reni.
I calcoli renali si formano perché il consumo di proteine animali provoca un eccesso di calcio e di ossalato nei reni. Sappiamo che la cataratta e la degenerazione maculare senile possono essere prevenute mangiando cibi a elevato contenuto di antiossidanti. La ricerca ha inoltre dimostrato che la disfunzione cognitiva, la demenza vascolare causata da lievi ictus e l’Alzheimer dipendono dal cibo che mangiamo. Dalle indagini sulle popolazioni umane risulta che il rischio di frattura dell’anca e di osteoporosi viene aumentato dalle diete ricche di cibi animali.
Le proteine animali assorbono il calcio dalle ossa creando un ambiente acido nel sangue.
Attualmente disponiamo di un’ampia e approfondita gamma di prove del fatto che una dieta a base di alimenti naturali vegetali è la migliore per i reni, le ossa, gli occhi e il cervello.
Si potrebbero e dovrebbero svolgere altre ricerche, ma l’idea che le diete a base di cibi naturali vegetali possano proteggere da una gran varietà di malattie croniche e perfino curarle non può più essere negata.
Non sono più pochi individui a sostenere la validità della dieta a base vegetale in base alla loro esperienza, alla loro filosofia o uno studio scientifico isolato: oggi esistono centinaia di studi di ricerca dettagliati, esaustivi e ben condotti che vanno nella stessa direzione.
Armata della ricerca di mio padre e delle mie convinzioni ed esperienze personali, cominciai a seguire una dieta quasi completamente a base di vegetali: niente prodotti di origine animale, né carne né latticini.
Ora ho due figli che sono cresciuti con una dieta simile, e ho fatto come mia madre con me: ho cercato di usare il cibo non solo per nutrirli, ma anche per creare piatti sani e saporiti.
Leggi il libro "The China Study - Le Ricette"