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The Death of Mister Lazarescu

Creato il 16 gennaio 2012 da Eraserhead
The Death of Mister LazarescuÈ una commedia (nera) quella firmata nel 2005 dal rumeno Cristi Puiu, una commedia che però ha poco da far sorridere e molto da far pensare.
Commedia sì, dunque, e senza andare a scomodare troppo le alte sfere potremmo definirla anche Divina, almeno in senso letterario.
Perché il nome completo di questo sessantatreenne che vive solo con 3 gattini è, come gli sentiremo ripetere più e più volte, Lazarescu Dante Remus.
La sua personale discesa negli inferi inizia con un mal di testa e un po’ di vomito. Da qui in avanti il peregrinare da un ospedale all’altro mette in luce un sistema sanitario che non riesce a fornire aiuto poiché alle prese con altri inferni, vedasi un mega tamponamento che ha causato parecchie vittime.
L’empatia che si crea nel vedere il signor Lazarescu sballottato di nosocomio in nosocomio è concreta, non foss’altro perché siamo testimoni di comportamenti e atteggiamenti da parte dei medici connotati da un alto grado di inumanità e saccenza, o magari essi sono semplicemente stressati per causa dell’incidente, e questo non fa che attribuire realtà alla vicenda.
L’imbuto in cui precipita il protagonista non è ripercorribile: portato via dalla sua casa, dai suoi animali, trasportato con un’ambulanza per i vari ospedali di Bucarest e fradicio del suo stesso piscio, quest’uomo è abbandonato a se stesso e al suo male, cosicché a poco serve la vicinanza di un’infermiera (una specie di Virgilio) che si prende cura di lui.
È un cinema libero quello di Cristi Puiu, antiaccademico, oltre le regole tecniche, che se ne infischia dei campi, degli angoli e di tutti gli accorgimenti simili. C’è solo una fonte di osservazione, quella della cinepresa che si fa testimone silenziosa, una mosca che zigzaga nelle sale ospedaliere, che traballa, oscilla, che si ferma e osserva.
Nonostante il minutaggio bello corposo (2 ore e mezza), e la presenza costante di lunghissimi dialoghi, il film non molla un secondo l’attenzione perché, parere personale, azzecca il taglio del racconto, un taglio che sfugge alla romanzatura, alla fiction, alle ingessature della rappresentazione, per essere appunto libero, e quindi più vero.
Il titolo, inoltre, enuclea un concetto che i nostri occhi non vedranno, ma che si può tristemente intuire con Lazarescu rasato e incamiciato sul lettino a cui segue un repentino stacco sui titoli di coda a sfondo nero.
Vincitore a Cannes, a Copenaghen, a Chicago, a Bratislava e in altri Festival sparsi per il globo, l’opera di Puiu ha assolutamente meritato tutte queste attenzioni, e adesso è giunto anche il vostro momento.

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