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E naturalmente la cosa sfuggirà loro di mano, sia per le avverse condizioni metereologiche, sia per qualcosa che alcuni di loro scoprono.
Ma mal gliene incoglierà...
Dico sempre che sono stufo dei mockumentaries horror però ogni volta che ne esce uno , sono lì in prima fila a vederlo, forse per un lieve istinto masochistico che ogni tanto mi spinge ad autofustigarmi, cinematograficamente parlando.
Ma qui sono ampiamente giustificato: c'è un tipetto tosto come Renny Harlin alla regia, uno caduto un po' nel dimenticatoio ma che se gli date una cinepresa in mano può sempre cavarne qualcosa di buono ma soprattutto c'è una storia vera ( quella dell'incidente al passo Dyatlov, una storia raccontata nei particolari in una succosissima pagina di Wikipedia, per i pigroni potete leggerla qui ) ancora gravida di mistero che ha il potenziale di tenerti incollato alla poltrona.
The Dyatlov pass incident non è un mockumentary puro , anzi è abbastanza spurio nel mescolare le varie tecniche e soprattutto evita quel fastidioso effetto mal di mare che in genere viene provocato dalle immagini girate da una telecamera tremolante.
Serve subito su un piatto d'argento un pugno di personaggi non particolarmente simpatico che ha dal primo minuto il physique du role della carne da macello e per quanto riguarda le riprese in esterni, in Russia, si avvale di locations veramente splendide.
Ha il solito problema manifestato dalla maggior parte dei film appartenenti al genere mockumentary: per un' ora non succede praticamente nulla, ci sono chiacchiere e pruriti vari, qualche piccola solecitazione per aumentare , ma di poco, l'inquietudine, non si riesce a memorizzare neanche il nome di tutti i personaggi, almeno io non sono riuscito a farlo e questo per dire che a Renny Harlin non interessava più di tanto far affezionare lo spettatore a questi personaggi, i classici sborroncelli americani che si sentono superiori e in grado di risolvere tutti i problemi, anche un mistero che resiste da oltre 50 anni.
Dopo la prima ora di acclimatamento , si fa per dire, finalmente The Dyatlov pass incident decolla e fa una specie di decollo verticale come un aereo ultramoderno.
Il livello di tensione si alza di parecchio, la vicenda prende una piega inaspettata tra sci fi e complottismo vintage da guerra fredda, il ritmo aumenta in modo vertiginoso e Harlin muove la sua cinepresa nel buio e in corridoi strettissimi come se non avesse mai fatto altro nella sua vita, marcando la differenza tra la regia di uno che sa fare cinema come lui e i carneadi che spesso si trovano dietro operazioni fallimentari artisticamente come The Chernobyl diaries.
Un certo parallelismo si potrebbe anche fare tra i due film ma è proprio Harlin a marcare la differenza : nonostante abbia poco budget e abbia la necessita più di nascondere che di mostrare proprio per l'esiguità dei fondi a disposizione. Se la parte finale di The Chernobyl diaries era un'accozzaglia senza senso di sequenze in cui si capiva poco o nulla in The Dyatlov pass incident è tutto molto chiaro , non ci si perde proprio nulla.
Un po' come succedeva in The Descent, film che mi è tornato in mente durante la visione, poteva essere stato girato anche nel salotto di casa Marshall, eppure in grado di far tremare le vene dentro ai polsi.
Ho dovuto fare i salti mortali per evitare fastidiosi spoiler ma l'ultima mezz'ora di The Dyatlov pass incident è veramente un bel vedere.
Peccato per un'introduzione troppo lunga che potrebbe scoraggiare qualcuno.
Ma poi l'attesa viene ben ripagata....
( VOTO : 6 + / 10 )
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