La nostra meta non è mai un luogo, ma piuttosto un nuovo modo di vedere le cose (Henry Miller)
Una linea bianca sospesa a mezz’aria. Lontana e fuori da un campo visivo decente, e per questioni di distanza inevitabile, e per le bolle nell’aria che si creano quando l’afa si stanzia nell’atmosfera e si mischia con la gravità.
Questo è il quadro che si materializza negli occhi e nella mente di un corridore che risiede sul ciglio della striscia di avvio. Start.
Concentrazione e adrenalina. Attesa del fischio iniziale. Tensione e corto circuito celebrale.
Via. Si corre. Secondi lunghi come ore, velocità ghepardiche, suspense e gambe sottili come aghi di pino in preda al vento.
Si taglia il traguardo, si liberano polmoni. Scrosci di applausi. Ritirare la medaglia.
Le luci sono fioche e ovattate. Silenzio intorno salvo qualche brusio dal primo livello dei palchetti. Odore di acqua di colonia intenso e rumori di stoffe che si muovono con fruscii scostanti.
Un antiteatro barocco e pomposo a chiudere un palcoscenico spoglio per volere del regista e degli attori.
La tunica dell’’attore che solca il palco viene illuminata da un faro puntato dall’alto.
Molto silenzio, molta suspense.
Lo sguardo dell’arte che trafigge il buio di fronte, mentre lui è in procinto di recitare il monologo per cui è stato chiamato, per cui è stato pagato.
Concitazione e toni forti, gesti e movimenti muscolari.
Volto teso e contorto al fine di trasmettere ogni emozione efficace all’obiettivo.
E poi la fine, con un gran phatos delle ultime parole.
E a sancire quella chiusa un gioco di luci che va ad enfatizzare mentre il pubblico si libera in un applauso di poco scomposto, che segna approvazione e a tratti circostanza, come nelle migliori tradizioni teatrali.
L’attore fiero e deciso si avvicina al bordo del palco e inizia la sua serie di inchini. Ancora applausi e nuovi brusii ma questa volta più accesi, ormai il teatro è illuminato a dovere e i volti sono visibili.
Se non v’è stata catarsi, certamente è stata riproposta la solita routine di gesti obbligatoria. Ma l’attore non se ne cura, ha raggiunto il suo obiettivo, e non resta che godersi dell’attimo di plauso, che vale a prescindere.
Analisi e criticità del concorso esterno nel 416 bis.
Un vortice di nozioni, sentenze, articoli citati, elucubrazioni dottrinarie, parenti in fermento, toghe vistose e imponenti.
Commissione altera e impostata che fa finta di seguire una trattazione dall’indubbio interesse, ma è fine luglio e il caldo, si sa, ha le sue responsabilità.
Un silenzio impastato al gettito dell’aria condizionata va a mescolarsi nel filo di quella trattazione che scorre veloce senza interruzione.
Il candidato può alzarsi e avanti un altro.
Il ragazzo si alza e fa cadere quel manto nero e severo che da l’idea di tutta una tradizione codificata e scandisce un rituale datato ma essenziale.
Si allontana e attende la sua proclamazione come da protocollo.
“La dichiariamo dottore in giurisprudenza”. Esplode il boato di voci e mani a battere senza tanto pudore ma solo con palpiti di gioia ed energia.
Strette di mano e sorrisi serrati.
Festeggiamenti ineluttabili fuori da quella stanza austera.
Corone d’alloro e coriandoli vivaci. Ancora voci e urla spontanee.
Emozioni sviscerate dopo ore interminabili di tensione e pseudo chiusure cardiache.
Sentirsi ad un’età insignificante il re di un piccolo mondo proprio. Invincibile oltre la meta, trapassandola.
E sempre i soliti applausi.
Erano appoggiate sugli scogli, quegli scogli violentati da onde possenti e feroci.
L’acqua sbatteva ricreando rumori che possono appartenere solo al mare.
Lunghi capelli di colori marini si andavano a perdere nel vento.
In un tempo senza nome e in luogo senza altre voci, gli unici suoni che andavano a percepirsi erano increspati e completamente senza un senso lecito. Come mille accordi di strumenti e altri mille violini silenziosi.
Quando arrivò Nessuno, loro erano lì ad aspettarlo.
Non le vide nell’immediato ma fu colto da quel rumore di corde vocali che non aveva mai udito fino ad allora.
Si tenne in ascolto, con l’idea di poterne percepire il canto.
Ma fu scosso come da un’energia incantata, come se membra e pelle venissero bloccate da cento mani che serravano la presa andando ad affondare le unghie su tutta la carne.
Era una sensazione piacevole ma che pian piano apriva ad un dolore lacerante, a cui però ti abitui dopo che la prima sofferenza ha fatto già il suo corso.
Ed è un dolore oppiaceo, sublime, come quegli infusi che deformano ogni senso e ti portano ad uno stato di trance senza che tu possa comandare la tua volontà nella direzione contraria.
Nessuno non aveva scelta, non poteva governare il suo istinto. Rimase impalato di fronte a quelle figure marine, dal corpo di donna fino al busto, che lo attiravano e lo ammaliavano come in una danza mortale, bellissima.
E in quel momento in cui il canto si dispiegava nella testa dell’uomo fino a spandersi nel perimetro intorno, la meta sembrava lontana e inconsistente, come se fosse poca cosa di fronte quell’incantesimo letale e suadente.
L’uomo aveva smarrito la tratta del suo viaggio e il punto di arrivo. Aveva perso la rotta e quello che l’aveva spinto a vagare per tutto quel tempo, al netto di ogni avversità concreta.
Nessuno aveva rimosso la sua meta.
E in fondo Tutti possiamo commettere questo medesimo errore, se errore può essere definito.
E se un canto potente può ricreare una tale perdizione e amnesia, altrettanta musica può essere dispiegata per determinare l’esatto effetto opposto.
La musica di questa settimana va a riscoprire la colonna sonora di quella che si definisce meta, traguardo, obiettivo, risultato, successo.
E come ogni pellicola che si rispetti, come ogni storia compiuta, il finale è sempre rivelato, qualunque retroscena esso comporti.
E aspettando che Nessuno riprenda le redini del suo viaggio, contrapponiamo al canto di sirene i brani scelti dai Freak’s che rievocano la META, per condurre controvento e proseguire con la bussola adatto verso i porti che scegliamo che accadono e che in entrambi casi siamo portati a vivere.
Buon Ascolto.
Chariots of fire – Vangelis
Butterflies and Hurricanes – Muse
Good Life – One Republic
May nothing but happiness come – Mogway
Una musica può fare – Max Gazzè