“Onore” lo corresse l’altro con voce ferma. “Un grande onore”. E così pure per tu. Ma scoprirai che essere onorati non significa avere potere.”
“The Giver” ho letto il primo libro della serie di Lois Lowry in occasione del “Giver Read Along” una lettura di gruppo organizzata sul mio blog. Nonostante avessi le mie titubanze rispetto al titolo, pure ho accontentato la maggioranza, e con mio sommo rammarico posso dire che purtroppo non sono riuscita ad apprezzare appieno il libro. Lo stile troppo semplice, gli eventi affastellati senza un ordine ma soprattutto troppo young per i miei gusti. Il ragazzino di 12 anni mi è risultato troppo giovane e infantile per affinità e modi di fare e mi hanno lasciato insofferente rispetto al libro.
Jonas ha dodici anni e vive in un mondo perfetto. Nella sua Comunità non esistono più guerre, differenze sociali o sofferenze. Tutto quello che può causare dolore o disturbo è stato abolito, compresi gli impulsi sessuali, le stagioni e i colori. Le regole da rispettare sono ferree ma tutti i membri della Comunità si adeguano al modello di controllo governativo che non lascia spazio a scelte o profondità emotive, ma neppure a incertezze o rischi. Ogni unità familiare è formata da un uomo e una donna a cui vengono assegnati un figlio maschio e una femmina. Ogni membro della Comunità svolge la professione che gli viene affidata dal Consiglio degli Anziani nella Cerimonia annuale di dicembre. E per Jonas quel momento sta arrivando.
Mentirei se dicessi che si tratta di una storia illeggibile, mentirei anche se dicessi che non mi è piaciuta affatto. È una storia che apre gli occhi su quello che potrebbe succedere e che è molto interessante ma che mi ha lasciata molto indifferente. Penso che il problema sia da ricondurre allo stile della Lowry molto semplice, incerto e senza fronzoli. Racconta la storia in terza persona dal punto di vista di Jonas, un ragazzino di dodici anni che si affaccia per la prima volta sul mondo del lavoro. È un ragazzino sveglio e intelligente, che cerca di capire il mondo che lo circonda e che si ritrova con un compito enorme per le mani. È ancora ingenuo e acerbo, eppure pone domande, ha il dono, è sveglio e capace di elaborare concetti complessi. Jonas è un figlio del suo tempo, plasmato dalla regole e dalle consuetudini degli Anziani che si prendono cura della Comunità, ma con il Donatore compie un passo in avanti. Ed è qui che scopre la verità di un mondo vecchio millenni che non riesce a comprendere. Le memorie di un tempo inconcepibile che non esiste più e che gli precipitano addosso senza filtri. Il Donatore ha un compito, e tale compito spetta come apprendista a Jonas. E Jonas, risvegliatosi sotto il peso dei ricordi della Comunità è incerto e non trova più una sua dimensione tra le persone con cui ha sempre vissuto. Come fa a vivere normalmente quando ha visto e sperimentato il “Dolore”?
È interessante vedere come la Lowry sia stata molto coerente e abbia unito il classico concetto di Utopia, politica e socio-economica, per mostrarci un mondo distopico, dove le cose si complicano e niente è perfetto. La perfezione non è di questo mondo. E se vige l’Uniformità, non c’è più la possibilità di scelta, se le malattie e il dolore sono scomparsi, pure manca la compassione e l’empatia. Il mondo è più sicuro, ma più freddo e manca la cosa più importante, l’amore. Ai ragazzini insegnano l’ubbidienza, a non dire bugie ma soprattutto la proprietà di linguaggio. E allora tutti sono uguali, tutti compiono gli stessi gesti in un rituale annuo che riconferma e inculca proprio il concetto di uguaglianza sociale. Jonas si ritrova diverso, in un mondo tutto uguale e non sa come comportarsi. Inevitabilmente vuole abbattere il muro di ignoranza che gli è stato costruito intorno e per fortuna il Donatore gli fornisce gli strumenti giusti.
Non sono riuscita ad identificarmi con Jonas e non sono d’accordo con la scelta che fa Jonas alla fine, tutto è permeato da una sorta di cappa di incompletezza, il world building è appena accennato, non sappiamo nulla dei motivi che hanno portato alla nascita delle Comunità e alla costruzione della struttura sociale. Anche del resto del mondo sappiamo pochissimo. Non si ha percezione neanche contro chi lotta Jonas, si contro un’entità astratta, sappiamo cosa vuole fare, ma effettivamente mancano particolari che rendano riconoscibile The Villain. E l’incertezza per me è insopportabile.
Non ci sono tantissimi personaggi secondari, anche perché si tratta di una storia di scoperta personale e di consapevolezza, posso citare Fiona, anche se personalmente l’ho trovata inutile ai fini della trama, il Donatore ovviamente, forse quello più caratterizzato, anche più di Jonas, la famiglia di Jonas e Asher, mai totalmente d’impatto.
L’ambientazione è generica e poco curata, sappiamo che esistono varie comunità e che esiste un luogo chiamato Altrove, ma in effetti le descrizioni sono essenziali e poco incisive.
Il particolare da non dimenticare? Una mela…
Un libro che apre gli occhi e che induce a riflettere, uno dei primi young adult distopici, di quelli che lasciano il segno. Un ragazzino con un compito più grande di lui, un compito che lo porterà ad una scelta difficile.
Buona lettura guys!