23 gennaio 2013 Lascia un commento
Le sorti del conflitto finirebbero nelle deboli mani di un ragazzino investito del ruolo di cavaliere salvatore del mondo, speranza fragile dalle fragili possibilita’ di difenderci dal male in agguato.
Si e’ gia’ scritto che Miike e’ un regista vero, uno che prima dirige, poi si guarda in tasca e conta i soldi. Gia’ i soldi, sempre i soldi e quando ne ha si lancia in imprese che rivelano quanto egli sia poliedrico e dotato.
Miike puo’ essere Tarantino, Kitano o Kim Ki-duk ma il film lo pone in un esaltante miscuglio tra Jim Henson, Joe Dante, Tim Burton e come da copertina, praticamente Miyazaki con attori in carne ed ossa o ancor meglio il mondo di Shigeru Mizuki che prende magicamente corpo e vita.
In realta’ Miike esprime in un sol colpo gran parte della tradizione giapponese su manga, anime, live action e tokusatsu adeguandoli alla nuove tecnologie di computer grafica e non di meno rendendo omaggio a quella parte di Occidente che con trucco e pupazzoni hanno fatto arte.
Lo fa ovviamente a modo suo, spostandosi repentinamente tra il film di Natale per bambini annoiati in cerca di un gadget e l’ultraviolenza molto piu’ adulta e selvaggia che non ci ha mai risparmiato per un prodotto che proprio strizzando l’occhio a tutto e a tutti, mantiene una freschezza e una indipendenza intellettuale difficile da ricordare in altre pellicole simili, ammesso che di simile esista qualcosa.
Si perche’ l’arrivo dell’orda divertita di milioni di spiriti che compongono le favole tradizionali giapponesi, e’ uno spettacolo esilarante per chiunque, sorprendente perfino per coloro che non conoscono Miike e il suo cinema.
Egli ancora una volta smonta e rimonta un genere ponendosi come nuova pietra di paragone, indifferente a chi l’ha preceduto e fedele soltanto a se stesso e per questo offre una ragione in piu’ di ammirazione e rispetto.
Da non perdere, in attesa di un seguito sempre possibile.