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The Green Inferno – Perchè ci piacciono i film Horror

Creato il 23 settembre 2015 da Paopru

45970767.cachedEli Roth sta tornando. Il 24 settembre finalmente arriverà The Green Inferno e a quanto pare sarà il suo lavoro più truculento, sulla scia del genere horror Cannibal, di cui il regista Ruggero Deodato è riconosciuto a pieno titolo come l’esponente più illustre, grazie soprattutto al suo celebre Cannibal Holocaust (1980).

The Green Inferno riprende tutti gli elementi base del genere Cannibal: giovani esploratori, sesso, nudità, violenza, giungla, cannibalismo. L’orrore aumenta con l’aumento della tensione, soprattuto quando il gruppo di giovani ambientalisti (contestatori della deforestazione dell’amazzonia) si imbattono in una tribù primitiva, dedita abitualmente al cannibalismo. Uno ad uno affronteranno i supplizi e le torture rituali che precedono la morte, in una spirale di orrore e disgusto che coinvolgerà i pochi superstiti, costretti dentro delle gabbie ad assistere ai vari smembramenti.

Ma perché questo genere di film piace? Se l’uomo è un animale che ricerca il piacere, perchè ama provare emozioni negative del genere? E’ una domanda che si sono fatti quei molti studiosi e psicologi che hanno cercato di spiegare il fenomeno, spesso con l’ausilio di sperimentazioni cliniche basate sulla reazione della psiche a determinati stimoli. Viaggiando in rete si possono ritrovare utili informazioni che contribuiscono a ricostruire una mappa concettuale del perché reagiamo positivamente davanti ad immagini di violenza estrema.


cannibalholocaust
L’horror è un genere, letterario prima e cinematografico ora, che non conosce crisi. Rivolgendo la mente ai romanzi gotici o i miti dell’antichità non si può fare a meno di dedurre che la paura provoca una risposta adrenalinica, e quindi piacere. La paura è un sentimento innato, classificabile come un’emozione negativa per la situazione spiacevole che si sperimenta di fronte a uno stimolo che consideriamo pericoloso. Al contempo permette però di renderci conto dei nostri limiti e capire come migliorarci.

Stuart Fischoff, professore dell’Università di Psicologia di Los Angeles, relazionando paura e horror, afferma che:

“Uno dei motivi principali per cui andiamo a vedere i film di paura è quello di avere paura. Sappiamo però che usciremo da quell’incubo in un paio d’ore e senza farci un graffio. (…) Se abbiamo una vita relativamente calma, uno stile di vita tranquillo, potremmo aver voglia di cercare qualcosa che sarà eccitante perché il nostro sistema nervoso ha bisogno di stimoli. (…) Ci sono persone che hanno un enorme bisogno di stimoli ed emozioni. I film horror sono uno dei modi migliori per ottenerli. (…) Questo succede più che altro per un target giovanile. Le persone anziane hanno una stimolazione diversa e non amano i film horror. La vita vera è piena di orrore e non trovano più divertenti i film del genere”.

Secondo Fischoff, il piacere di essere spaventati da un horror è facilmente connesso con lo stile di vita che il soggetto fa; la monotonia della routine spinge le persone ad appassionarsi ad un genere cinematografico capace di sviluppare in loro delle risposte fisiologiche di eccitazione del tutto analoghe a quelle degli sport estremi o situazioni di rischio in cui il terrore e la paura non fanno altro che amplificare stati d’animo positivi facendo provare brividi di felicità. Secondo i ricercatori Eduardo Andrade dell’Università della California e Joel B. Cohen dell’Università della Florida gli spettatori sarebbero felici di essere infelici, godendo delle esperienze negative e traendone sensazioni positive; la paura viene vissuta, per alcuni soggetti, come uno stato d’animo di tensione positive che fa sentire vivi e gioire delle proprie reazioni.

Questo perchè se nella mente si crea una sorta di spazio non reale, che distingue ciò che è vero da quello che non lo è, esso diviene sufficiente per creare il distacco necessario finalizzato a godere di sensazioni di paura in tutta tranquillità. In breve, il nostro cervello nel momento in cui comprende di poter agire in uno spazio controllato (la finzione), decide di lasciarsi andare alle sensazioni di paura come catalizzatori del piacere (tanto nulla di spiacevole potrà accadere nella realtà). Diversamente se ci facciamo una nuotata con un branco di squali, il terrore sarà qualcosa di realmente spaventoso perchè avremo la consapevolezza di poter essere divorati e dunque non beneficieremo dell’effetto finzione (catalizzatore del piacere).


hostel
C’è però una distinzione da fare. I film dell’orrore sono molto diversi tra loro e riescono a suscitare la paura in differenti modi. The Blair Witch Project è molto diverso da Saw – L’enigmista, come The Ring è diverso da Hostel o Scream. La paura che ci infondono le ambientazioni spettrali o le possesioni demoniache è diversa da quella suscitata da altri sub-generi come il Torture Porn.

Quest’ultimo è un sottogenere definito casualmente per la prima volta nel 2005, quando uscì il secondo film di Eli Roth al cinema Hostel. Richiama un concetto di paura che si fonda sul disgusto, sulla repulsione ad immagini definite rivoltanti o disturbanti. Il genere Cannibal degli anni ’70 faceva ampio uso di questo meccanismo, alternando uccisioni false (sbudellamenti e decapitazioni) ad uccisioni vere (uccisioni di animali vivi) in pieno stile snuff. Questo meccanismo confondeva lo spettatore, il quale percepiva le immagini sullo schermo come tutte reali, non distinguendo più il vero dal falso.


Il disgusto nasce da tutto ciò che ha potere di offendere i nostri sensi, e affonda le radici già nella nostra infanzia. I bambini che provano sapori particolarmente forti sono i primi a manifestare una sensazione spiacevole perfettamente osservabile (contrazioni facciali). Gli studiosi hanno individuato sette campi in cui può sorgere il disgusto:

  • Cibo;
  • Animali;
  • Prodotti del corpo;
  • Attività sessuali;
  • Violazione del corpo;
  • Igiene;
  • Morte.

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Per chiarire meglio il concetto possiamo citare gli studi Bridget Rubenking e della collega Annie Lang, rispettivamente dell’Università della Florida e dell’Indiana, che hanno condotto un esperimento i cui dati sono stati pubblicati sulla rivista Journal of Comunication.

In pratica hanno preso 120 partecipanti e li hanno fatto guardare film e serie tv che contenevano scene disturbanti su tre livelli diversi: socio-morali, emissioni corporali e sanguinamenti/morte. Nel mentre che le cavie umane guardavano le immagini peggiori di sempre, le ricercatrici misuravano tutta una serie di parametri tra cui livello di sudorazione e la frequenza cardiaca arrivando a questi risultati:

Il disgusto per le immagini socio-morali hanno una risposta lenta. Ci vuole un po’ a provare repulsione durante il pestaggio di una coppia gay o una rivoluzione di piazza. A livello di memoria, questo genere di immagini è stato ricordato dalle cavie sia prima che durante e dopo l’insorgenza del sentimento di disgusto. Il disgusto in questo caso non ha creato nessun cortocircuito all’interno del cervello, perchè non aveva una intensità troppo elevata.

Il disgusto per le emissioni corporali (feci) e il sanguinamento è invece più rapido, con un forte aumento della negatività e dell’eccitazione in fase iniziale, accelerazione del battito cardiaco e aumento della respirazione. Ciò indica che il contenuto in un primo momento faceva troppo schifo per prestarvi attenzione. L’attenzione inzialmente è quasi a zero, vinta da un’instintiva repulsione che mira a non registrare immagini disturbanti e dannose per la serenità del soggetto; ma più scorre il tempo più i soggetti si abituavano alle immagini, riequilibrando i propri parametri fisiologici.

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Generalmente la memoria è migliorata durante e dopo l’insorgenza del disgusto per tutti i tipi di videoclip. La frequenza cardiaca, dopo un iniziale picco, ha mostrato una decelerazione più profonda nel tempo, mostrando una maggiore attenzione al contenuto. Inoltre pur essendo pienamente consapevoli di essere disgustati, i partecipanti non potevano allontanarsi dal contenuto disgustoso, e hanno effettivamente prestato maggiore attenzione più il contenuto era disgustoso. Questo modello è stato particolarmente pronunciato in risposta ai videoclip con sangue in cui l’eccitazione data dal rilascio di adrenalina (per il disgusto) influiva sul senso di piacere del soggetto.

Nonostante sia il motivo che incoraggi la decisione di guardare o non guardare immagini disturbanti, lo studio dimostra che quando stiamo guardando i nostri corpi reagiscono disgustati. Tuttavia prestiamo più attenzione una volta che il disgusto viene introdotto e ricordiamo meglio il suo contenuto rispetto ad immagini sostanzialmente neutre.

Fatta luce sui meccanismi che ci portano ad apprezzare il lavoro del nostro amato Eli Roth, non ci resta che comprare un biglietto del cinema e goderci il suo nuovo The Green Inferno, consapevoli che è tutto finto e che nulla ci potrà fare del male. Solo così potremo letteralmente “godere” della sofferenza altrui.

fonti: Journal of Comunication, La Stampa, cineblog.it


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