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The hateful eight

Creato il 07 febbraio 2016 da Jeanjacques
The hateful eight
Una cosa che mi caratterizza credo sia la pacatezza, tanto che non mi si è mai potuto incasellare nella categoria dell'hater o del fanboy. Se un autore che mi piace fa una porcheria (tipo Stoker) lo ammetto senza problemi, così come evito di tessere le sue lodi in maniera esagerata quando magari non se lo merita - per esempio, quando fa un film su un tizio vestito da sorcio volante non faccio partire paragoni a caso con Kubrick. Di queste due categorie, a nutrire il maggior numero di fanboy sono proprio il regista subdolamente alluso poche parole fa e Quentin Tarantino, sicuramente due tizi che sanno sicuramente il fatto loro ma che non possono manco scrivere la lista della spesa che tutti si sbellicano le corde vocali nel gridare al capolavoro. Ecco, a me Tarantino piace, ance se non lo ritengo uno dei miei preferiti, ma asserisco che ha fatto dei grandi film e che non è mai sceso a compromessi, pur avendo fatto sicuramente i suoi passi falsi. Ad esempio, per me Kill Bill è il suo risultato migliore (stranamente, quello che i suoi fan più accaniti apprezzano meno), A prova di morte un esperimento abbastanza pasticciato, mentre il più recente Django è un semplice bel film su cui hanno pure ricamato troppo. Ciononostante rimane uno degli autori più coerenti, che ha saputo ritagliarsi il suo stile, rinnovandolo quando possibile, e che riesce a instillare curiosità in ogni cosa che realizza. Grazie anche a una campagna di marketing molto studiata, su questa sua ultima fatica era riuscito a mettermi una scimmia assurda. Peccato che non sono riuscito a vederlo nel famigerato e glorioso formato a 70 millimetri.

Una tormenta di neve costringe il cacciatore di taglie John Ruth e la sua preda, un'assassina condannata alla forca, a sostare presso un emporio, dopo aver raccolto lungo la strada altre due anime disperse nella neve. Nell'emporio troveranno altri quattro individui con cui sono costretti a protrarre la convivenza ma, a lungo andare, si scoprirà che qualcosa non quadra del tutto...Correvamo anche il rischio di non vederlo questo film, poiché la prima stesura dello script era stata fatta misteriosamente fatta circolare su internet, cosa che aveva fatto incacchiare non poco il buon Quentin che voleva annullare le riprese. Per fortuna poi ci ha ripensato, perché quella che ha offerto al pubblico è uno dei suoi film più cattivi, scorretti, autocitazionisti e politicizzati di sempre. Un'opera coraggiosa anche da parte di un regista che del coraggio ha sempre fatto la sua arma vincente, perché a questo giro Tarantino prende di mira l'America in tutte le sue sfaccettature, i difetti che si è portata avanti per tutti i secoli, e ne realizza un ritratto decostruzionista e beffardo. Anche in questo caso, come successe col film del pistolero di colore, parlare di western è molto riduttivo, perché di quel genere conserva solo l'ambientazione e gli scenari, mentre la sostanza va a parare da tutt'altra parte. Siamo più dalle parti del thriller grottesco, poiché a parte per la prima mezz'ora tutto è concentrato in un luogo chiuso dove si svolge la consapevolezza e la coscienza che qualcosa di sbagliato sta avvenendo e che bisogna scoprire chi ha fatto cosa. A livello di trama quindi non aspettatevi nulla di che, è un giallo tipico alla Agatha Christie, perché quello che conta in questo caso è proprio il legame che si svolge fra gli otto odiosi del titolo e quello che la loro storia, direttamente collegato con la Storia dell'America, si porta dietro. Non c'è nessun personaggio positivo in questo film, ognuno ha fatto o farà qualcosa per cui non si può di certo provare empatia con lui e questo mostra uno spaccato del Paese stesso che ospita il regista, una nazione perennemente indecisa fra violenza brutale e rispetto della legge (ironico poi come proprio durante le riprese Tarantino abbia marciato contro lo strapotere della polizia). Curioso però come raramente si arrivi anche a condannare del tutto ognuno dei singoli personaggi, o almeno, quelli più approfonditi, perché tutti loro hanno un qualcosa che li ha portati ad agire in un certo modo. C'è il retaggio culturale, la Guerra, le circostanze e l'impossibilitò di rimanere del tutto integri in un mondo che della coerenza sembra essersi del tutto dimenticato. Tutto è visto attraverso una matrice squallida, si ride anche del patriottismo mostrandolo come una cosa vuota, insignificante di fronte a quella che è la cruda realtà dei fatti: la disperazione non guarda negli occhi nessuno. Tutto avviene secondo l'ormai classica suddivisione in capitoli, anche se i dialoghi sono decisamente meno auto-compiaciuti nonostante la verbosità solita di Tarantino e appaiono meno ridanciani, più freddi e disillusi, perché l'occhio del regista è ormai rassegnato su un mondo dove se prima la violenza era rappresentata in maniera quasi cartoonesca ora è solo l'accompagnamento di un'ineluttabilità che prima o poi tocca a tutti. Non è esente da difetti, il film, parte forse in maniera fin troppo lenta e schematica e in certi punti una natura più teatrale che cinematografica fa sentire il suo peso, ma le scene che contano sono a bizzeffe, dirette in maniera magistrale (e Quentin, anche nei suoi lavori peggiori, dimostra di essere uno che sa come si raccontano le storie) e lasciano dentro quel marcio disagevole che suona secco come la realtà. Otto odiosi sotto lo stesso tetto, ognuno coi propri demoni e le proprie colpe, specchio di un mondo che ha dimenticato i suoi figli e che, nonostante tutto, se ne frega di loro e dei peccati che hanno commesso, pur non perdonandole mai. E' un mondo che non lascia salvezza e forse, per certi versi, è anche il mondo che ci meritiamo. Tanto vale prenderlo con una risata amara.

Non pensavo mi potesse entusiasmare così tanto, specie dopo tutte le aspettative che mi erano montate in testa, invece Tarantino a questo giro ha saputo stupirmi.


Voto: 

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