I personaggi di Tolkien si chiedono: riusciremo noi a veder pubblicato il libro in cui siamo contenuti? E ancora, ci permetteranno l’autore e i lettori di sapere come va a finire?
“We’re going on a bit too fast. You and I Sam, are still stuck in the worst places of the story, and it is all too likely that some will say at this point: “shut the book now, dad: we don’t want to read any more.”
Come nel famoso romanzo fantasy di Michael Ende, il lettore è trascinato all’interno del libro da un gioco di specchi, il cui riflesso passa dall’autore al personaggio e dal personaggio al lettore, risucchiandolo in una “storia infinita”. Frodo e Sam appartengono allo stesso racconto di Beren e Lùthien, noi apparteniamo alla storia di Frodo e Sam.
Anche il racconto più banalmente polarizzato in “buoni e cattivi” può risultare relativo:
“Things done and over and made into parts of the great tales are different. Why, even Gollum might be good in a tale, better than he is to have by you, anyway. And he used to like tales himself once, by his own account. I wonder if he thinks he’s the hero or the villain?”
“L’eroe o il cattivo?” chissà, basterebbe guardare il racconto da una prospettiva diversa e tutto si trasformerebbe.
Gollum, “the hero or the villain”, a scelta del lettore, ha un momento di autentica bontà. Ha appena tradito gli hobbits, consegnandoli, come un Giuda, nelle mani di Shelob, eppure quando li trova addormentati insieme, innocenti e semplici nel loro sonno di giusti, qualcosa si smuove in lui, vecchi ricordi di un passato di normalità, quando anche lui era un hobbit e aveva degli amici. Così,
“slowly putting out a trembling hand, very cautiously he touched Frodo’s knee. But almost the touch was a caress.”
Quello di Gollum è un gesto d’amore, ma Sam, svegliatosi di soprassalto, lo interpreta nel modo errato. Gollum si decide definitivamente ad abbandonarli a Shelob.
È significativo che ciò accada soltanto a due pagine di distanza dal discorso di Frodo sulla possibilità per Gollum di essere “il buono” o “il cattivo” della storia. Se Sam, “the hero”, non fosse stato tanto veloce nel condannare Gollum, “the villain”, la storia, forse, avrebbe potuto anche essere diversa. O forse no. La decisione sta al lettore.
Tolkien, alla fine del racconto, non s’identifica più con il cinquantenne Frodo dell’inizio del libro, ma col vecchio Bilbo. Sono passati quattordici anni da quando Tolkien ha cominciato a scrivere il libro. Egli ha ormai superato la sessantina e ci sono stati momenti in cui ha persino temuto di non essere, come Bilbo, in grado di vedere “gli ultimi capitoli della storia”. Tolkien sta ormai sperimentando l’esperienza irreversibile della vecchiaia; la esprime nella figura, accentuata, del vecchio hobbit sonnacchioso, confuso, incapace di finire il libro e persino di raccontare il motivo per cui l’ha iniziato.
La riflessione metanarrativa prosegue con Bilbo/Tolkien che parla del suo grande romanzo ormai agli sgoccioli:
“What’s become of my Ring Frodo, that you took away?”
qui “Ring” è chiaramente una sineddoche per The Lord of the Rings
“I have lost it Bilbo dear”, said Frodo. “I got rid of it, you know!” “What a pity!” said Bilbo. “I should have liked to see it again. But no, how silly of me! That’s what you went for, wasn’t it: to get rid of it? But it is all so confusing, for such a lot of other things, seem to have got mixed up with it: Aragorn’s affairs, and the White Council, Gondor, and the Horsemen and Southrons, and oliphaunts - did you really see one, Sam? - and caves and towers and golden trees, and goodness knows what beside.”
e lo paragona a The Hobbit:
“I evidently came back by much too straight a road from my trip.”
continua…