E’ ormai universalmente acclarato che le serie televisive di recente prodotte dai networks statunitensi siano ormai la vera frontiera della creatività autoriale, risultando decisamente più interessanti ed attrattive dei prodotti cinematografici, ormai adagiati su stanchi cliché di generi ormai prosciugati.
Tra i lavori più sorprendenti, ecco The Leftovers, serie creata per HBO da Damon Lindelof (già autore di Lost !!) e Tom Perrotta ed interpretata da Justin Theroux, Liv Tyler, Amy Brenneman: un dramma filosofico, che assume a tratti i colori del thriller e dell’horror.
Il tema centrale della serie è l’improvvisa sparizione del 2% della popolazione mondiale, il 14 ottobre di un anno imprecisato. Le vicende si svolgono nella piccola contea di Mapleton (New Jersey) a partire dal terzo anno successivo alla scomparsa e raccontano come i sopravvissuti (leftovers) vivano nel ricordo di quel tragico evento, di cui non esiste ancora una spiegazione (un evento biblico, tipo giorno del giudizio?? l’intervento di forze sovrannaturali??). Chi è rimasto vive in una specie di limbo, in attesa di risposte che forse non arriveranno, o a fare i conti con il suo passato, con gli errori e con tutte le mancanze di cui si sente responsabile. Questa condizione sembra portare in breve tempo alla dissoluzione conflittuale della piccola comunità.
The leftovers è una serie che richiede un’intensa partecipazione intellettuale, in quanto non offre alcun appiglio narrativo, ma sembra quasi ritornare ciclicamente su sé stessa, aggiungendo ogni volta nuovi temi e nuove speculazioni sui personaggi che, ad ogni episodio, appaiono sempre sotto luci diverse.
Non c’è dubbio che molti spettatori possano essersi sentiti scoraggiati, o spaesati, di fronte a una storia che non sembra portare da nessuna parte, se non aggiungere nuova incertezza ed inquietudine ad ogni minuto che passa.
Tuttavia, il senso di smarrimento di fronte alle cose che capitano all’improvviso senza rimedio (11 settembre?), all’incombenza del destino ed al grande mistero della vita oltre la vita, sono qui amplificate a dismisura; diventa quasi impossibile trattenere l’emozione di fronte a questioni che non possono non toccare chiunque: tutti abbiamo perso qualcosa, o vorremmo rivedere qualcuno, o vorremmo non aver fatto qualcosa che ci rimorde la coscienza…
Il tema della sospensione e dell’inquietudine domina ormai la cultura moderna in ogni sua espressione artistica, testimoniando senza dubbio un’epoca umana dominata dalla paura, dall’angoscia e dal ritorno ad una sorta di individualismo “difensivo”.
Se questa è la nuova era della TV, ben venga.
Quanto al cinema, beh, continui ad occuparsi di vampiri e/o supereroi metà umani e metà (o del tutto) di plastica…