The Loft: la morte ti dà appuntamento in un appartamento...

Creato il 28 febbraio 2015 da Dejavu

Era dai tempi di Nodo alla Gola che nessuno trasformava un appartamento nella bara per un cadavere.

Certo è che solo A. Hitchcock poteva riuscire a girare interamente una pellicola all'interno di un luogo chiuso senza oltrepassare le finestre.

, viceversa, inizia proprio con un volo dal balcone. Il corpo di un uomo del quale non riusciamo a vedere il volto plana sonoramente su un'auto parcheggiata in strada. E come spesso accade, la fine non è che l'inizio (a ritroso) della storia.

Anche noi veniamo lanciati a due anni prima, quando una comitiva di maturi uomini con tanta voglia di esperienze fuori dal matrimonio si accordano per utilizzare un loft a scopo ludico e lontano da occhi indiscreti. Specie quelli delle mogli.

L'idea viene da Vincent Stevens, di professione architetto, che insieme ad altri quattro piacenti amici gentiluomini si alterna nel portare a casa (la loro) donne conosciute per caso e per lo più prostitute.

Finché un giorno Luke aprendo la porta degli eletti si trova inaspettatamente davanti al prodotto di un omicidio. Una giovane bionda col viso affondato nel cuscino giace sul letto. Un braccio ammanettato alla spalliera. Una scritta minacciosa, ovviamente composta con il sangue della vittima, sulla spalliera stessa. E' l'inizio di un incubo.

Gli altri quattro amici giungono alla spicciolata e inizia un processo per ciascuno di loro. "Chi ha portato in casa la ragazza?". E soprattutto, "chi è la ragazza?". Sono questi gli interrogativi ai quali ciascuno di loro è chiamato imperativamente a rispondere.

Ma le finestre di un loft freddo e solo apparentemente ospitale, dove a predominare la scena è il giaciglio sul quale si consumano i peccati extraconiugali dei rampanti maschietti, non basta a contenere la storia che quindi divaga dal commissariato di Polizia alla vita più o meno (im)perfetta di ognuno dei cinque potenziali assassini. E allora scopriamo che l'alcova segreta non è altro se non il nodo di una vicenda che ha molti corridoi bui da percorrere in ogni direzione. C'è Philip (Matthias Schoenaerts) che ha una particolare predilezione per il sadomaso e per l'uso delle manette.

C'è Chris (l'incantevole James Marsden) che ha avuto una storia con una bionda molto somigliante a quella che ora è ridotta a corpo del reato sul talamo.

C'è Marty (Eric Stonestreet) che non ha mai nascosto la sua aria da imbecille e che è facile si sia fatto prendere la mano durante qualche gioco erotico.

C'è Luke (Wentoworth Miller) che pare l'intellettuale frustrato del gruppo e la cui aria silente promette poco e male.

C'è infine lo stesso Vincent (Karl Urban) che in fondo è l'ideatore di tutto: un novello San Pietro, detentore di quelle chiavi esclusive che portano al finto paradiso del loft.

Diretto da Erik Van Looy che già lo aveva girato due anni prima in Belgio, il film riesce a coinvolgere gli attori in un gruppo affiatato per poi spaccare brutalmente e con una venatura di femminismo maschi e femmine.

La denuncia della finzione sociale del matrimonio, quale istituzione ormai alla frutta, traspare in ogni fotogramma. In questo scontro sessista ad avere la moglie sono le femmine, nobilitate dalle inconfessabili scappatelle dei consorti, acute nel cogliere i segnali, fantastiche nel cercare di proteggerli da se stessi, senza rompere se stesse in mille pezzi. Anche nel torbido tuttavia può esserci spazio per un amore genuino e, pertanto sofferto.

James Marsden e Rachael Taylor sono adorabili nello stonare dal tutto. La storia impossibile tra i loro personaggi, cesellata dalla bellezza straordinaria degli attori, riesce a colorare di ottimismo le pareti di una storia ammorbante. Loro sono la porta d'uscita del loft, la scala antincendio per darsi alla fuga. "Ci prenderemo un caffè in un posto tranquillo?" è il simbolo della loro autentica condivisione. E anche se è un film sul continuo tradimento delle aspettative coniugali, il finale quantomeno non tradisce le nostre.


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