Magazine Cinema
di Paul Thomas Anderson (USA, 2012)
con Joaquin Phoenix, Philip Seymour Hoffman, Amy Adams, Laura Dern
VOTO: ***/5
Era il titolo più atteso in assoluto della 69. Mostra del Cinema di Venezia, voluto a tutti i costi da Alberto Barbera tanto da inserirlo come 'film sorpresa' all'immediata vigilia della rassegna e inseguito fino all'ultimo giorno utile pur di averlo al Lido, dove era giunto con l'etichetta del 'film che parla di Scientology', ovvero uno dei misteri più impenetrabili e sinistri dei nostri anni. Logico dunque che le aspettative su The Master fossero inevitabilmente altissime. Forse troppo per quello che in fin dei conti, sarà banale dirlo, ma resta soltanto un film...
Già, perchè le domande sono principalmente due: se The Master fosse arrivato normalmente in concorso a Venezia anzichè con quest'alone da film-evento, misterioso e imperscrutabile, il nostro giudizio sarebbe sato differente? A essere onesti, probabilmente sì. E' chiaro che l'eccesso di attesa porta molte volte a rimanere delusi. Seconda domanda: ma, insomma, The Master è un bel film? Risposta: sì, lo è abbastanza. Ma non tanto da essere un capolavoro. E per essere ancora più chiari, non solo non era il miglior film del concorso veneziano, ma nemmeno di quelli diretti dal regista Paul Thomas Anderson: Magnolia, Boogie Nights, e soprattutto Il Petroliere ci erano piaciuti molto di più.
Doveva essere, almeno così ce lo avevano spacciato, un film che avrebbe dovuto far luce sui segreti di Scientology, ovvero una delle associazioni più ricche, potenti, discusse e misteriose del mondo. Qualcuno la descrive apertamente come una setta, da dove è difficilissimo uscire una volta che se ne è entrati a far parte. Quello che è certo è che Scientology è un'organizzazione molto potente a Hollywood: fra i suoi membri annovera personaggi del calibro di Tom Cruise, John Travolta, Kirstie Allen e Juliette Lewis... Come dire: parlarne male o gettare apertamente ombre su di essa potrebbe essere molto pericoloso per chi vi si cimenta. Lavorativamente parlando, s'intende.
Sarà (forse) per questo che l'approccio di Anderson verso questa specie di loggia è, per così dire, abbastanza timido: innanzitutto nel film non vengono mai fatti i nomi nè di Scientology nè del suo fondatore, tale L.Ron Hubbard (scrittore di fantascienza abbastanza famoso che sul finire degli anni '50 si inventò una propria religione - chiamata Dianetismo - basata principalmente sull'autostima e sul culto del proprio ego), anche se è evidente che il personaggio di Lancaster Dodd (interpretato di Philip Seymour Hoffman) ne è chiaramente ispirato.
E poi, soprattutto, The Master la smette abbastanza presto di scavare nelle crepe della misteriosa organizzazione per buttarsi a copofitto sul rapporto (latentemente omosessuale) tra il pigmalione Dodd e il suo allievo prediletto Freddie Quell (Joaquin Phoenix). Un rapporto, come prevedibile, morboso, malato e disturbante, fatto di eccessi, pratiche estreme, ricatti materiali e psicologici, lavaggi del cervello e innata reciproca attenzione. Non solo di sensi, ma anche di necessità complementari: Dodd è il 'guru' che cerca adepti per propagandare il suo credo, Quell è un poveraccio (reduce di guerra, traumatizzato, isterico, ossessionato dal sesso) che ha bisogno di soldi e fiducia...
In conclusione, The Master è un film bello ma irrisolto, un film su Scientology che non parla di Scientology... non ha il coraggio di farlo fino in fondo. E anche se certamente la sinistra setta resta sempre sullo sfondo, le luci della ribalta si accendono più che altro sui due straordinari interpreti che si rubano la scena a vicenda e si mangiano il film, regalandoci un autentico manuale di recitazione. La Coppi Volpi vinta ex-aequo a Venezia è sacrosanta. The Master vorrebbe essere (anche) una riflessione sul potere suggestionale dei media e delle insicurezze di un popolo apparentemente forte ma in realtà fragilissimo, che ha un bisogno smodato di autostima e ideali in cui credere (anche fasulli).
A volte ci riesce, a volte no, ma è inutile dire che film come questo meritano la visione 'a prescindere'. Anche solo come spunto di conversazione. Consigliato.
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