Durata: 108'
Una cosa che non ho mai raccontato, nel corso di questi anni dietro il bancone del Saloon - sempre che non ricordi male, considerate l'età e la frequentazione dell'alcool -, è di avere sempre coltivato il desiderio di fare l'insegnante.Ai tempi dei tempi, quando mi iscrissi a Lettere moderne, l'idea era quella di provarci con la scrittura e di tenere come alternativa di riserva quella di sfruttare l'eventuale laurea per diventare un professore di liceo, sperando di essere migliore di quelli che avevo avuto io stesso.In realtà ho finito per mollare l'università troppo presto - illuso dai primi stipendi dopo aver iniziato a lavorare - e l'unica esperienza nell'ambito dell'insegnamento sono stati i due anni in cui mi sono dilettato - ovviamente per la gloria - a dare qualche lezione di italiano agli immigrati che non potevano permettersi un corso serio, in un centro culturale di queste parti.Tutto questo per dire che una vera guida deve cercare il più possibile di sapere quando bottigliare i suoi allievi e quando, al contrario, spronarli.
O riuscire a fare entrambe le cose senza risultare troppo dispotico o troppo saccente.Con The necessary death of Charlie Countryman sento che l'approccio giusto sia proprio questo.Perchè ho voluto davvero bene, a questo film.Nonostante il voto piuttosto basso.Il Charlie di Shia LeBeuf, infatti, riesce ad essere empatico e coinvolgente quanto ottimamente reso e fotografato: da quella battuta al principio pronunciata da Vincent D'Onofrio - "Tieni, è sambuca", per me già mille punti guadagnati - alla splendida cornice del climax che antecede il finale - e si raccorda al principio -, il senso di questa pellicola, le sue aspirazioni e la portata risultano chiari, sinceri, desiderosi di portare un messaggio molto pane e salame ed al contempo intrattenere l'audience con una trama da thriller d'azione con un pizzico di romanticismo - non a caso viene citato 007 -.D'altro canto, però, occorre anche ammettere che l'approccio di Fredrik Bond - un nome, una garanzia -, all'esordio con un lungometraggio, risulta ancora acerbo ed immaturo, in grado di ricordare più il fallimentare In trance che non un robusto pulp romantico anni novanta come punterebbe ad essere questo titolo.La sceneggiatura, in particolare, finisce per scivolare via fin troppo facilmente, in bilico tra i richiami dei Killing Zoe e quelli dei primi focolai della new wave d'Oriente capeggiata dai Kitano e dai Wong Kar Wai di una ventina d'anni or sono, di fatto incapace di sciogliere il dubbio, nello spettatore, se si tratti di un qualche colpo d'ala indie o di una trovata radical senza capo nè coda.Bond, dunque, non trova la sua licenza di uccidere - in senso buono - lo spettatore intrappolando se stesso in un melò d'azione decisamente troppo derivativo, ben interpretato - bravissimo LeBeuf, sempre ottima da vedere Evan Rachel Wood, granitico, anche se gigioneggiante, il fordiano Mads Mikkelsen - ma poco incisivo, che porta sulle spalle il retaggio di tutti i difetti che l'opera di un esordiente dalle grandi ambizioni ma dal talento ancora troppo grezzo per potersi rivelare all'altezza delle stesse.Dunque, al posto delle consuete bottigliate della delusione, ho deciso di dare una scossa al buon Bond confidando nello stimolo che la stessa potrebbe dare ad un regista potenzialmente interessante per il momento troppo perso in se stesso: un pò come Charlie Countryman, che per potersi ritrovare dovrà addirittura pensare di finire morto ammazzato.Una cosa certo non da poco.
MrFord
"As I live, as I live, as I live for tomorrow
as I live, as I live, as I live for tomorrow
feel my heart, it's disturbed
feel my heart, it's disturbed."Moby - "Live for tomorrow" -