Diverse città, diverse strutture ma solo un obbiettivo: quello di parlare delle donne del giappone contemporaneo e quindi della loro produzione artistica.
Un importante evento culturale, rivolto a tutti coloro che sappiano amare il lato orientale di uno sguardo controverso, immaginifico e mai pago.
Buona scelta
IBD
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Una collettiva dedicata a quattro tra le più significative artiste giapponesi contemporanee: Atsuko Tanaka (1932), Yoko Ono (1933), Kazuko Miyamoto (1942), Chiharu Shiota
(1972). Quattro donne che pur essendo diverse tra loro per background, ambito di ricerca e forme espressive, attraverso le loro opere sembrano incarnare l’essenza di quattro periodi fondamentali della storia giapponese degli ultimi settant’anni: l’immediato dopo guerra, gli anni ’60, l’epoca del boom economico, il nuovo millennio. Attraverso gli anni, il fil rouge che lega queste quattro artiste sembra essere proprio la volontà di oltrepassare il confine tra arte e vita, filtrando attraverso la loro sfera emotiva avvenimenti e fantasie, sogni e disillusioni. Pittura e disegno, scultura e installazione, video e performance sono i diversi medium utilizzati per esplorare quella realtà che penetra e traspare in tutta la loro produzione artistica, recando in sé le caratteristiche di un vissuto personale e generazionale che si snoda attraverso gli avvenimenti storici e le utopie individuali e collettive.
Atsuko Tanaka (1932-2005) è uno dei membri fondatori del gruppo Zero, ma aderisce fin dai primissimi anni al movimento Gutai, fondato da Jiro Yoshihara. Nota in particolare per il suo Electric Dress (1956), vestito realizzato interamente con neon colorati, Tanaka è una delle prime artiste a esplorare il rapporto tra la corporeità femminile, l’abito, il tessuto e lo spazio. La sua ricerca pittorica è basata, come per tutti i membri di Gutai, sulla sperimentazione di tecniche e materiali, sull’innovazione delle forme e sui meccanismi processuali. Tanaka rappresenta pienamente l’immagine del Giappone del dopo-guerra, paese provato da un lungo conflitto, ansioso di liberarsi di ogni sovrastruttura e imposizione totalitaria, per dimenticare il passato, guardare al domani e soprattutto ritrovare la propria libertà di espressione attraverso la ricerca del nuovo ad ogni costo.
Rottura con la tradizione e orientamento verso il futuro sono punti condivisi anche da Yoko Ono (1933) scelta per rappresentare gli anni’60 e quelle ricerche artistiche riconducibili a quella che lo storico dell’arte Yoshiaki Tono definì la post-Hiroshima generation. Le contestazioni giovanili, i movimenti pacifisti e i tentativi del Giappone di affrancarsi dalla dipendenza dagli Stati Uniti, fanno da sfondo alla ricerca artistica di Ono dai cui lavori traspare tutta la volontà di mescolare insieme realtà e utopia.
L’individuo nella sua complessità fisica e psicologica, il corpo-psiche e i suoi meccanismi relazionali con il sistema mondo sono da sempre al centro delle ricerche di Ono.
La mostra vuole presentare una rassegna di alcuni dei principali film realizzati dall’artista nell’ambito del movimento Fluxus tra cui Eye Blink, Bottom, Fly, video documentativi delle performance Cut Piece (1964) e Bed Peace (1969) con Jonh Lennon e materiale relativo ad alcuni dei suoi progetti relazionali che si fondano sul tema del sogno e dell’utopia.
Con Kazuko Miyamoto (1942) si passa al periodo successivo, il ventennio a cavallo tra la fine dell’epoca Showa (1926-1989) e l’inizio di quella Heisei (1989-), uno dei più complessi della storia del Giappone contemporaneo. In questo spazio di tempo scandito dalla morte dell’imperatore Hirohito (1901-1989), il paese giunge al suo apice di ricchezza per entrare subito dopo nella più profonda crisi economica dal dopo-guerra. A livello artistico, come nel resto del mondo, il crollo delle utopie porta alla rimessa in discussione dei principi della modernità. Miyamoto, nota fin dagli anni ’70 negli ambienti dell’arte minimalista americana per cui grande importanza avrà la lunga collaborazione con Sol LeWitt, a partire dagli anni ’80, inizia ad orientare la sua ricerca verso problematiche di matrice identitaria e di genere. La mostra vuole presentare al pubblico italiano, proprio i lavori riconducibili a questo filone della sua produzione, generalmente poco esplorato, presentando una selezione di alcune delle sue opere kimono, disegni e fotografie documentative delle sue performance estemporanee.
Si entra infine nel nuovo millennio con la più giovane delle artiste in mostra Chiharu Shiota (1972) che nasce proprio nel periodo in cui iniziano a manifestarsi tutte le contraddizioni socio-culturali di un paese che è cambiato troppo in fretta. Nei lavori di Shiota, nota per le sue installazioni monumentali, delicate e conturbanti, si legge tutta l’inquietudine di una memoria che riaffiora dal sogno, vicino in alcuni casi all’incubo. Nella sua ricerca in cui la tendenza all’installazione ambientale si fonde con la performance relazionale, emergono evidenti la disillusione e il malessere generazionale diffusi in Giappone a partire dalla fine degli anni ’90. La mostra presenterà alcuni disegni, fotografie e video che permetteranno di comprendere meglio la sua pratica artistica.