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The Possession, di Ole Bornedal

Da Psichetechne

The Possession, di Ole Bornedal (2012)Un giovane padre divorziato è preoccupato per Em, sua figlia minore, poichè da quando ha acquistato in un mercatino dell'usato di paese un mobiletto di legno che porta incise inscrizione in ebraico non sembra essere più la stessa. Si scoprirà ben presto che l'oggetto contiene un dybbuk, cioè uno spirito demoniaco capace di impossessarsi di chi lo rende libero, e questa volta è toccato a Em liberarlo...


Atmosfere cupe, script semplice e lineare, fotografia contrasta e plumbea, rendono "The Possession" di Ole Bornedal un film per certi versi apprezzabile nel generare un clima perturbante che non scivola via come acqua sui sassi, cosa che invece accade spesso, come ben sappiamo, a molta produzione mainstream.

Il film è esteticamente molto curato, ben fotografato, allestito bene nell'alternanza di interni ed esterni, nonchè montato in modo scorrevole e attento alle svolte narrative principali. L'interpretazione della giovane protagonista,  Em (una Natasha Calis imprevedibile e sinistra come solo una adolescente può manifestarsi agli occhi degli adulti che hanno la ventura di frequentarla) è piuttosto inquietante, soprattutto nelle inquadrature di piano medio e primo piano, cioè quando Bornedal desidera soffermarsi sulla mimica facciale, che ha sempre molto da esprimere (molto bella la sequenza del garage della casa della mamma di Em, dove assistiamo ad una sorta di non-dialogo surreale, attraversato da emozioni potenti che sentiamo muoversi pur nel silenzio più assoluto, tra Em e il nuovo fidanzato della mamma). Oltre alla mimica ben gestita di Natasha Calis, risultano molto suggestive altre sequenze, sul piano perturbante, come quella, terribile, dei denti sanguinanti dello stesso malcapitato fidanzato materno. Il film, dunque, si fa visionare producendo nello spettatore una certa dose di curiosità, non solo perchè vogliamo sapere "come va a finire", ma anche perchè le atmosfere risultano molto evocative e trasmettono un senso di attesa continua, che da una parte inquieta, ma dall'altra non annoia mai. Complice di questa modalità estetica presente nel film è certamente il montaggio, di Anders Villadsen, che indugia a tratti su dialoghi e su spazi interni casalinghi, per poi smorzare di colpo la tensione, e aprire su successivi capitoli narrativi relativamente più tranquilli (per poi rilanciare verso nuovi colpi di scena, sempre parcamente oscillanti tra il risaputo e l'nnovativo). "The Possession" contiene tuttavia altri elementi non sviluppati ed elaborati a sufficienza, primo fra tutti il tema dell'esorcismo ebraico, in effetti nuova icona cinematografica, che poteva essere approfondita con mano sicuramente più decisa, da parte del regista. L'ambiente ebraico newyorkese chassidico, ad esempio, è tratteggiato a mio avviso in modo caricaturale, pur sottolineando climi misterici da setta imperscrutabile. C'è molta confusione qui, da parte di Bornedal, che a un certo punto sembra non sapere più se seguire la storia sul piano del perturbante in quanto tale, oppure se aprire sul versante ebraico e dirci qualcosa di più. I due aspetti rimangono però non integrati. L'ebraismo resta per così dire come "in orbita", lasciato lì come il personaggio secondario di una rappresentazione che parla decisamente d'altro. Probabilmente, comunque, l'aspetto più interessante del film è che non ricorda affatto illustri antecedenti, come "L'Esorcista" (1973) di Friedkin, cioè se ne smarca abbastanza bene, il che non è poca cosa. La pellicola risente invece (e questo è il secondo elemento di demerito rispetto a un'opera per altri versi interessante) dell'influsso dell'ultimo, consumistico, Sam Raimi, che produce questo film con la sua Ghost House Pictures. Da  Raimi il film di Bornedal deriva infatti una certa "patinatura", nonchè il guardare al "demoniaco", ma in modo piuttosto superficiale, non approfondendo culturalmente nessuna associazione o riflessione che vada aldilà dell'intrattenimento di un certo pubblico di adolescenti statunitensi di medio livello culturale. Direi che questa dipendenza dal clan di Raimi diventa una vera e propria palla al piede per questo film, che evidenzia peraltro un certo gusto visivo da parte del regista, che indubbiamente possiede un talento e un'ispirazione personale nel creare atmosfere angosciose. In tal senso direi anche che Bornedal deve ancora "crescere". Attendiamolo quindi alle prossime future prove filmiche . "The Possession": certamente da vedere, ma senza eccessivi entusiasmi e/o particolari aspettative. 

Regia:  Ole Bornedal Soggetto e Sceneggiatura: Leslie Gornstein, Juliet Snowden, Stiles White Fotografia: Dan Laustsen Montaggio: Anders Villadsen Musiche: Anton Sanko    Cast: Jeffrey Dean Morgan, Madison Davenport, Natasha Calis, Grant Show, Quinn Lord, Rob LaBelle, Jhon Cassini, Erin Simms   Nazione: USA  Produzione:  Ghost House Pictures, North Box Productions  Durata: 92 min.
   


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