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Ma nonostante il mio masochismo mi abbia portato all'originale, non riesco a dire che quella di The Salesman sia stata una lettura faticosa. Il romanzo di Joseph O'Connor tiene il lettore incollato alla sua poltrona. Intendo il lettore di gialli e di noir, che forse intuisce più di me come va a finire la storia, ma anche il lettore che, come me, cerca l'anima della persona che incontra. Se dovessi dire quali sono le pagine più belle di questo romanzo, direi di squarci improvvisi, un concerto dei Beatles a Dublino, quello sulle lost souls dei beoni, l'innamoranto per la bellissima Grace e molte altre.
Ti giungono lì inattese e lasciano senza fiato, momenti di pura felicità.
Quello che, con una battuta troppo facile, mi vien voglia di chiamare un'occasione sprecata per un romanzo filosofico, è, a tutti gli effetti, un gioco al massacro: un incontro spietato e farsesco tra un padre, deciso a vendicare la violenza contro la figlia durante una rapina, e uno degli attentatori sfuggito al processo. Non si fa fatica, neanche per uno come me, a riconoscere tutti gli elementi del genere (mentre è già più difficile enumerarli con sicurezza). Quello che sorprende è che tutta la storia si sviluppa sotto forma di una lunga e densissima lettera dal padre alla figlia, con tutto ciò che la forma impone allo sviluppo narrativo. Non è stato voluto il ribaltamento rispetto al precedente libro, -> Madri e figli, ma il caso di quest'incontro rimane, a mio avviso, proficuo.
Il rapporto tra l'odiato nemico Quinn e il protagonista - che non si capisce bene se debba il suo nome di Sweeney all'aristophanic melodrama di T. S. Eliot o al barbiere pazzo di Fleet Street a Londra, o se ancora abbia a che fare con il Willy Loman di Death of a Salesman di Arthur Miller - lungi dal ribaltarsi, si stratifica, si addensa, si sfrangia:
la storia di questo complesso rapporto è già di per sé un capolavoro all'interno del romanzo.
I personaggi di contorno giocano la loro comparsa con un profondo tocco di autenticità, talora, però, come dire, senza sfondare la carta, almeno a confronto con i protagonisti. Dànno quasi l'impressione di sprechi, come di personaggi chiamati appositamente da altri romanzi e incapaci di trovare il proprio ruolo definitivo in questo - senza, tuttavia, mai perdere un briciolo di verità: si imprimono nella memoria in quanto tali, anche se talvolta ti chiedi dove li abbia incontrati prima e perché.
Solo Grace - pur non essendo parte del duello centrale - si salva a tutto tondo dalla marea che tutto seppellisce... la bella Grace, Grace l'ebrea, Grace la donna della vita di Sweeney. Grace il ricordo, Grace in lontananza, Grace la pazienza, Grace attraverso gli occhi delle figlie. Grace e il suo segreto.
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