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The Show Must Go On

Creato il 18 settembre 2013 da Pivo
Sono stato spinto a scrivere questo pezzo, dopo tanti mesi d’inattività, da quella che viene definita, e credo senza paura di smentite, la gara d’Ultra Trail più difficile del mondo. Ovviamente sto parlando del “Tor des Geants” (in italiano Giro dei Giganti).Come forse qualcuno di voi avrà letto o sentito, durante la competizione uno dei partecipanti alla gara ha perso la vita, si presume per una commozione cerebrale a causa di una caduta dovuta alle intemperie che avevano reso il percorso scivoloso. Nonostante il decesso la gara è proseguita come se nulla fosse successo. Ora non eleggetevi a paladini moralisti gridando “è una gara estrema e chi vi partecipa è conscio dei rischi che corre”, perché il fatto di partecipare ad una gara o ad uno sport pericoloso non autorizza nessuna a sminuire la vita dei partecipanti, né tanto meno a gridare “se l’è cercata”, perché sarebbe un po’ come prendersela con le minigonne per gli stupri. Inoltre, il mio ragionamento vuole avere uno spettro d’analisi molto più ampio, un’analisi che dovrebbe portare la c.d. “questione morale” anche nello sport. In questi anni si sta assistendo a numerosi decessi in campo sportivo, vuoi per sfortuna, vuoi per imperizia o vuoi per mancanza delle minime condizioni di sicurezza e, in alcuni di questi casi, per fortuna non in tutti, non si è avuto la sensibilità di fermarsi.Quello che non riesco a capire è come la vita di una persona possa essere piegata alle esigenze di uno sport, come la vita abbia perso così tanto significato da non valere di più di una gara. Perché ci commuoviamo per gli animali maltrattati o drogati nelle competizioni, ma non per la morte di un nostro simile. Perché nasce una forma di egoismo che porta tutti a guardare solo il proprio tornaconto. E' vero, a fine gara ci saranno le dediche, i minuti di silenzio, i ricordi e la commozione, ma quando si poteva onorare veramente la vita, si è preferito piegare l’umanità a discapito della gloria e degli onori.Ebbene, io sono convinto che di fronte alla morte di un uomo ci si debba fermare a riflettere per riporre l’essere umano al centro di tutto, soprattutto ora che tutti i tipi di competizione sono spinte fino al limite dell’umana concezione.Lo so, alcuni di voi potrebbero sostenere che il miglior modo per commemorare un decesso sportivo è onorare quell'atleta facendo ciò che maggiormente amava, ma ritengo che questa sia una giustificazione alquanto egoistica, che si limita a guardare nelle proprie tasche senza rendersi conto di tutto quello che c’è intorno, senza capire che il valore della vita umana va ben oltre qualsiasi traguardo, compenso o spettacolo.Ecco, io ritengo che la vita di un uomo valga molto di più di una competizione, lo so, questo mio pensiero è opinabile, forse anche un po’ moralista e buonista ma per lo meno ho la coerenza di sostenerlo sempre, a prescindere dalla competizione e dalla gara, e non soltanto quando mi fa più comodo.

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