Dietro l’intestazione si cela la figura di Paolo Monti (chitarra, pedali…), al sesto lavoro ufficiale con questo nome. Da subito si fanno notare gli intensi crescendo di “Trap For Freaks”, eterea e porosa allo stesso tempo, e la più fragile “Equestrian”, persa in estatiche rifrazioni di suono. Così Monti, senza far troppo rumore (del resto ci fa sapere che l’album è stato registrato nella stanza accanto a quella della figlia, mentre questa dormiva), se ne esce con un lavoro coerente e piuttosto monolitico, come i quattordici minuti della metallica e possente “We Were All Going To Die” dimostrano in maniera inequivocabile, contraddistinto da un forte senso di uniformità di stili, e ci accompagna placido verso un ipotetico oltre-mondo fatto di copiosi drone che si spalleggiano evocando cadute e risalite immaginarie, pensate anche ad un’accogliente placenta che ricorda da vicino certe atmosfere à la Kranky (si ascolti in particolare “Green”). Va da sé che non stiamo scrivendo di un disco imprescindibile, ma ci piace sottolineare la passione che si scorge tra queste note, suonate in maniera ferma e convinta dall’appartato musicista toscano. Promosso.
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