L’impressione che ho avuto guardando The stepfather è che Nelson McCormick abbia avuto un colpo di genio su come iniziare il film e sia stato molto bravo nel concluderlo.
Peccato che nel mezzo non si altro che un discreto thriller con un livello di tensione abbastanza costante ma non certo elevato.
Dylan Walsh interpreta un serial killer che si diverte a conquistare famiglie composte da madre e tre figli, prova a costruire qualcosa ma poi la sua mente malata finisce per non reggere il peso dei segreti che nosconde, così fa fuori tutti e si rifugia in una nuova città per ricominciare.
Noi assistiamo ad una di queste operazioni con tutti i dettagli del caso.
Sela Ward è la moglie sola, Penn Badgley il grande dei tre figli, quello che avrà maggiori dubbi e manderà in crisi il patrigno.
La storia è tutta qui, lo svolgimento potete immaginarlo.
Prima tutti felici e contneti, poi alcune bugie incrinano i rapporti. Il ragazzo capisce che qualcosa non va, ma la madre ha gli occhi foderati d’amore e la sua fidanzata non gli da ascolto.
Altri personaggi di contorno hanno però dubbi e scalfiscono pian piano le sicurezze del folle.
Cose buone del film.
L’inizio, assolutamente!
Addirittura uno dei migliori inizi che ricordi negli ultimi anni.
Sui titoli vediamo l’uomo che si rade, la sua cura maniacale dei dettagli (che parteinevitabile avranno nella diegesi), riporre gli oggetti , la serenità e la quotidianità di una mattina qualunque, la preparazione della colazione mattutina.
Poi la macchina da presa, quasi per sbaglio, con un movimento naturale e simile ai precedenti, inquadra il cadavere di un bambino… e va oltre, come se fosse parte dell’arredamento.
Allo stesso modo scopriamo gli altri cadaveri e l’uomo che finisce di fare colazione ed abbandona la casa.
Straordinario.
Buono è anche il finale, la classica battaglia per la sopravvivenza col mostro che sfugge è raccontata con buon ritmo ed una discreta dose di ironia.
Assolutamente godibile, pur nella sua scontatezza.
Il resto del film, come dicevo, è nient’altro che un buon thriller ma inizio (soprattutto) e fine meritano attenzione.
Carino anche il giochino degli abbonamenti disdetti al giornale locale, segno che la tragedia sta per compiersi.
E tra i motivi validi per vedere The stepfather ci metto anche Amber Heard che si aggira per l’intero film indossando un costume da bagno in due pezzi o al massimo nient’altro che la propria biancheria intima.