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The Stone Roses - 17 luglio 2012 - Ippodromo Milano

Creato il 18 luglio 2012 da Martelloide
The Stone Roses - 17 luglio 2012 - Ippodromo Milano
Non ci sono più certezze a questo mondo!
Parlando di Stone Roses tutto di solito fila via liscio e semplice: un chitarrista che gode dei suoi assoli (Squire), un cantante che lo è solo di nome ma non di fatto (Brown) e una sezione ritmica della Madonna (Mani e Reni).

Ecco stasera a questi dati di fatto sono state apportate delle modifiche: Squire è rimasto l’onanista di sempre, godendo e beatificandosi in assoli numerosissimi ed infiniti, Brown ha incredibilmente cantato più che bene, la ritmica invece è stata penosa e qui sono dolori, dolori grossi. Lenti e compassati Mani e Reni sembravano due nonnini che ti trovi davanti in macchina e che non riesci a superare benchè vadano ai 30 all’ora.
Bestemmie infinite a vederli così.
Poi mi si dirà, ma cosa ti aspettavi...beh, mi aspettavo che questi 2 signori facessero il solito grande lavoro ai fianchi, me ne frego se Brown canta oppure no, di Squire si sapeva che sarebbe andato con il pilota automatico per i cazzi suoi sommergendoci di assoli. Ma la ritmica no, non può fallire, altrimenti il palco casca, perchè per il sottoscritto i Roses hanno sembra basato tantissimo su questo aspetto e sentire la pochezza di stasera mi ha veramente deluso.
Poi c’è chi dice che lo hanno fatto apposta per favorire il cantato di Brown, tesi anche plausibile, ma la sostanza è che le canzoni risultano con un piglio così sonnolento e senza groove che ti viene da provano pena per gli attuali Roses.

Mi ripeterò, ma il gruppo ha sempre brillato proprio per la sezione ritmica, per le cose magnifiche fatte in particolare da Reni: se loro falliscono eccoli diventare un gruppo mediocre, o meglio un gruppo con un repertorio di canzoni magnifiche ma eseguite in modo mediocre, come questa sera.
Certo Ian ha cantato, ma la voce ritrovata non può compensare una ritmica troppo sottotono.
“Fool’s Gold” è l’esempio simbolo: una canzone che dovrebbe entrarti in circolo e smuoverti con il suo gioco basso/batteria, diventa in realtà una nenia funebre, buona giusto per Squire per partire e non fermarsi più e per Brown per girovagare sul palco.
Cosa serve soffermarsi sulla scaletta, sul fatto che il seondo disco è stato quasi dimenticato, sulla presenza di alcune perle come "Mersey Paradise" e "Where Angels Play"?
Ogni pezzo è rallentato, spompato, “Love Spreads” è quasi imbarazzante da quanto perde colpi, "Ten Storey Love Song" sembra fatta apposta con velocità da balera per centoduenni. Forse solo nel finale trovo un pò di brio con “This Is The One” e “She Bangs the drums” ma è troppo poco.
Niente da fare, serata di pochissima rilevanza musicale e anche l'aspetto celebrativo del gruppo mi pare non sia stato all'altezza: spiace, ma la parola fine a questa parvenza di gruppo spero arrivi presto.

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