Fate. As a child, that word was often my only companion. It whispered to me from dark corners during lonely nights. It was the song of the birds in spring and the call of the wind through bare branches on a cold winter afternoon. Fate. Both my anguish and my solace. My escort and my cage.
“The Strange and Beautiful Sorrows of Ava Lavender” è il primo romanzo di Leslye Walton tradotto in italiano come “Lo Straordinario mondo di Ava Lavender” per Sperling & Kupfer che avevo inizialmente snobbato, per il velo di paranormale che avevo capito lo circondasse, ma che ho recuperato per due motivi: per la valanga di recensioni positive, tra cui quella di Mirya, e perché mi sono innamorata della cover. Lo sapete che adoro il blu e quella piuma… beh mi avevano molto incuriosito. Tra l’altro da quando ho letto Magonia ho sviluppato uno strano interesse per volatili e piume. E… ho adorato ogni singola pagina, ogni aspetto di questo libro che è a dir poco meraviglioso. Una piccola, straordinaria chicca.
Ava Lavender è nata con le ali, ma non può volare. Non può nemmeno vivere come le coetanee, perché sua madre la tiene chiusa in casa, al riparo da occhi indiscreti. Ma ha sedici anni e non si rassegna a essere diversa. In cerca di un perché, scava allora nel passato della sua famiglia, e scopre il destino infausto delle sue antenate: ognuna segnata da una peculiare stranezza, ognuna condannata a un amore infelice. E se fosse proprio l’amore la forza in grado di spezzare quella antica maledizione? Un amore vero, capace di vedere oltre le apparenze. Per trovarlo, Ava dovrà affrontare il mondo fuori, gli sguardi di chi la crede un mostro o un angelo. Fino alla notte del solstizio d’estate, quando sarà lei a scrivere un nuovo capitolo nella storia straordinaria della sua famiglia.
Questa è una di quelle recensioni difficili da redigere, perché non so come approcciarmi a questo libro che mi è piaciuto particolarmente. Vorrei tenermelo per me e rileggerlo da capo, perché ne ho veramente amato ogni dettaglio. Dalle atmosfere, squisitamente vintage, dai personaggi, dalle vicende, allo stile dell’autrice che incanta con le sue descrizioni delicate. Sono pochi quei libri che riescono a sorprenderti alle spalle, soprattutto quando parti del tutto prevenuto. Non avrei mai immaginato di restare incantata dalle vicende di questa famiglia.
Adoro le saghe familiari, mi lasciano sempre quel senso di nostalgia unito a tenerezza, con le tradizioni che si tramandano di generazione in generazione e se le stranezze sono all’ordine del giorno poi, rendono il tutto ancora più affascinante. La vicenda è raccontata da Ava, una ragazzina speciale, nata con un paio di ali dalle sfumature marroni, che dipinge un quadro che sa di malinconico e doloroso. Ogni donna della famiglia, infatti, è rimasta scottata in qualche modo dalla vita, ed è una sopravvissuta. Per raccontare la sua storia, Ava deve raccontare la storia della sua famiglia, che inizia in una Francia di inizio Novecento, per approdare in una Manhattan che non ha nulla della fantasmagorica città che i Roux immaginavano e continua per le strade di un’America che si trascina tra due guerre per arrivare ai ruggenti anni cinquanta. A reggere il peso della famiglia c’è Emilienne, una donna che lotta prepotentemente con l’amore e i pregiudizi di una città che non riesce ad accettare il diverso e non riesce a spiegarsi il dolore che attanaglia la donna, anche nei momenti apparentemente più felici. Emilienne che interpreta i segni e giudica la buona dalla cattiva sorte, Emilienne che si getta anima e corpo nell’attività avviata dal marito, con uno spirito di intraprendenza e un animo pieno, anche se arreso all’amore e alla felicità. Sua figlia Vivienne è l’opposto della madre. Conosce da piccina la sua anima gemella e ci crede talmente tanto in questo amore che è disposta ad aspettare anni, conservando impressa nella memoria un’immagine che poi è raro corrisponda a quella reale. Vivienne riesce a sentire in modo molto particolare gli odori e associa ad ogni percezione olfattiva un chiaro significato emotivo, che sfugge a qualsiasi legge, tranne a quella di Vivienne, la madre di Ava e di suo fratello gemello Henry. Ava è semplicemente magnifica, non solo per la sua forza e per il suo essere meravigliosamente imperfetta, ma credo anche per il suo ruolo all’interno della famiglia. Ava deve necessariamente compiere un cammino, che come dice Henry è l’incertezza ad essere sconvolgente, avere quel compito, ma non riuscire a farsi capire, perché quando un’azione si è compiuta è più facile accettarla nel bene e nel male. Ava vive rinchiusa nella villa e nelle sue paure, in quella sensazione di incertezza che deriva dai giudizi che una cittadina che si sta riprendendo dal conflitto mondiale nutre nei confronti delle stranezze e di tutto ciò che sfugge a etichette e alla tanto osannata normalità. Circondata da catene invisibili, è una facile vittima del male, ma è anche l’unica che può abbattere il ciclo e unificare la sua famiglia, nel segno di sentimenti forti e sinceri.
Non è un libro facile di certo, perché pur tra tanta speranza, e intense emozioni, il dolore della tragedia che si abbatte su questa famiglia è enorme e quasi impossibile da superare, ma tra pioggia che non cade, arrivi e partenze, morti e matrimoni, ogni personaggio è funzionale ad un intreccio mirabolante, ad una soluzione narrativa che apre le porte alla speranza, in modi che non avrei davvero mai immaginato.