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The tree of life

Creato il 09 settembre 2015 da Jeanjacques
The tree of life
Il 2011 è un anno che è stato principalmente segnato dal mio soggiorno torinese. In quel periodo studiavo all'Accademia di Comics ed ero in un momento molto particolare della mia vita: le superiori erano finite e, strano a dirsi, finalmente mi trovavo a frequentare delle lezioni che mi interessavano realmente, provavo l'ebbrezza di vivere da solo dopo aver passato l'estate a lavorare in campagna e, soprattutto, ero costantemente sottoposto a nuovi stimoli culturali. Finalmente conoscevo delle persone che avevano le mie stesse passioni e i miei stessi interessi, che mi consigliavano libri e fumetti da leggere, film da vedere e musica da ascoltare - quest'ultima cosa mi ha aiutato a uscire da quel maledetto girone del metal. Ma non è stato un anno di grandi frequentazioni filmiche. Perché quando sei in una città così bella e sai che ci rimarrai per poco, non ti va di chiuderti in una sala buia. Preferivo andare in giro, esplorare nuovi posti e conoscere gente nuova. Al cinema ci andavo quando ritornavo in Trentino. Però di The tree of life se ne era parlato così tanto e con tale enfasi, che sentivo che era una di quelle visioni da vedere assolutamente nel buio di una sala. Quella fu la prima e ultima volta che entrai in una sala cinematografica a Torino (oddio, c'era stata la scampagnata di Thor, ma era fuori città), cosa che non si replicò nemmeno per tutte le altre volte che ho fatto ritorno in quella bellissima città. Parte della magia di questo film, per me, risiede anche in questo particolare non trascurabile.

Jack O'Brien è un uomo tormentato, segnato dalla prematura morte del fratello e dalla rigida educazione paterna, in totale contrapposizione con l'affetto d'amore e di grazia elargitogli dalla madre.

Era anche la prima e ultima volta che entravo in una sala ricolma di gente, per ritrovarla semi-deserta non appena si sono accese le luci durante lo scorrere dei titoli di coda. E ammetto che pure io durante la visione mi sono chiesto in diversi punti "Ma che minchia sto guardando?", uscendo dalla sala non infastidito, ma con una tale serie di domande nella testa che mi hanno tenuto compagnia per almeno una settimana. Ecco, penso che al di là di quello che può essere un qualunque giudizio finale, positivo o negativo che sia, questa è una delle migliori reazioni che può regalarti un'opera, perché pone quella che può essere la base di un pensiero, spesso opposto, e quindi di un confronto. Magari cassi il tutto bocciando il film in questione, ma il capire perché lo stai bocciando ti porta a maturare. Non è una cosa che riescono a fare tutti i film, e infatti The tree of life non è un film come tanti, così come Malick non è un regista usuale - al di là delle sue manie di non farsi fotografare e di fare un film ogni morte di papa. cosa che sta snaturando negli ultimi tempi. Alcuni affermano che questa pellicola appartenga maggiormente al filone della videoarte, io invece, da buon tizio pane e salame quale sono, per quanto c'ho capito dico che è un viaggio. Non c'è una vera e propria trama, ci basta sapere che c'è questo Jack (uno come Sean Penn però lo trovo un attimo sprecato in un ruolo così piccolo) la cui vita ha riservato un sacco di dilemmi, un uomo che si sente perso nella sua metropoli e che cerca il senso della propria esistenza, ossessionato da un padre severo (Brad Pitt) che puniva spesso lui e suo fratello perché voleva farli diventare uomini di successo - a mio parere, bellissima la scena in cui insegna ai suoi pargoli come si picchia - e la madre (Jessica Chastain, che un film che ha lei nel cast diventa magnifico a prescindere), che invece ha preferito insegnare loro le vie dell'amore e della grazia. I due opposti della stessa medaglia e che, alla fine, diventano i due estremi di cui è composto l'uomo: da una parte c'è quella metà istintiva, aggressiva e quasi animale, dall'altra quella evoluta e che, in quanto tale, ha saputo concupire il concetto di amore e, collegato ad esso, quella della 'grazia'. Jack è scombussolato dalla potenza di essi e tutta la sua vita di adulto ne è una drammatica conseguenza. Ma diventa anche il pretesto per compiere il viaggio di cui parlavo, che trascende la storia - flebilissima - e cerca di andare oltre il tempo e oltre le dimensioni. Pensate, si arriva pure a uno spezzone dove compaiono dei dinosauri, come potete vedere nella gallery qua sotto. Malick nel cercare di spiegare il tormento di un uomo singolo si fa portavoce di tutta l'umanità e del creato, perché tutto ruota attorno allo stesso cerchio da sempre. Per certi versi alcuni possono affermare che il film soffre delle stesse problematiche di The new world, ma qui tutto è portato ai propri livelli massimi, cosa che se da una parte è fatale, dall'altra è complice della resa finale sublime. Terenzio non ci risparmia inquadrature lunghissime e momenti onirici che non tutti possono reggere, ma si fa sostegno con la magnifica fotografia di Emmanuel Lubezki e con una colonna sonora grandiosa, che tocca ciò che magari le immagini sfiorano soltanto - la sequenza del Lacrimosa credo sia uno dei punti, sia a livello visivo che uditivo, che mi ha colpito maggiormente negli ultimi anni. E alla fine, dopo che vediamo vulcani, galassie, batteri e scorci di vita comune, tutti insieme perché fanno parte del medesimo grande insieme, ci ritroviamo con quell'uomo che abbiamo conosciuto solo per piccoli spezzoni. Un uomo comune, come tanti, alla fine, e che come tanti ha il suo grande dilemma. E' stato tutto un viaggio dentro di lui ma, al contempo, dentro tutta l'umanità, perché non siamo mai realmente soli e dobbiamo tutti fare i conti con le due parti fondamentali che ci compongono: natura e amore. Non è un viaggio semplice, alcuni ci rimangono secchi durante il percorso, ma alla fine la guerra ha un vincitore. E il vincitore è, come sempre, l'amore, che può sopravvivere però quando si accetta la presenza del suo contrapposto. Bestiali ci nasciamo, non lo diventiamo, forse faremmo meglio ad accettarlo. Ed accettando quello, la cosa più difficile di tutte, impariamo ad accettare anche l'amore. E quindi si riesce ad amare.

Non voglio fare paragoni inutili con 2001 - odissea nello spazio, perché li trovo insulsi. Se si ama, si ama ogni cosa nella sua singolarità.Voto: 

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