Magazine Cinema

the tree of life

Creato il 20 maggio 2011 da Albertogallo

THE TREE OF LIFE (India/Uk 2011)

locandina the tree of life

Una famiglia americana come tante. Una casa nei sobborghi alberati di una cittadina di provincia. Un padre severo, una madre dolce e silenziosa, tre figli maschi. Uno di loro muore, forse in guerra, gettando la famiglia nello sconforto. Molti anni dopo il figlio maggiore, ormai adulto, ripensa alla sua infanzia, al fratello morto, alla crudeltà del genitore.
Poi, però, i personaggi spariscono dallo schermo. Anzi: l’uomo sparisce dallo schermo. E le immagini traghettano lo spettatore indietro nel tempo, a un’epoca in cui il nostro pianeta era solo un ammasso di lava e creature meravigliose che noi esseri umani non potremo mai vedere. Passano i fotogrammi, i millenni, ed è l’epoca dei dinosauri, sdraiati pancia all’aria su una spiaggia tropicale o a mollo nelle acque di un fiume in mezzo a un bosco fitto di vegetazione. Ci pensa un asteroide a spazzarli via dalla faccia della terra, giusto in tempo per l’arrivo – nel nostro caso: il ritorno – dell’uomo, con le sue piccole gioie, le sue angosce, le sue aspirazioni divine e i suoi problemi così lontani dalla vita animale. Verso un finale dove tutto e tutti si ritrovano, senza età, senza passato e senza futuro, su una spiaggia “interiore” sospesa nel tempo e nello spazio.

Si potrebbe fare della grande ironia su questo The tree of life, atteso ritorno alla regia dell’immenso Terrence Malick. Si potrebbe pensare che il maestro, alla soglia dei settant’anni, si sia bevuto il cervello, o che le lodi sperticate rivolte dal mondo intero ai suoi film precedenti gli abbiano fatto montare la testa, relegando la sua arte in un compiaciuto delirio di onnipotenza. Considerazioni in parte condivisibili, una volta ammesso, a malincuore, che si tratta in ogni caso dell’opera più debole del regista texano. Eppure rimane il fatto che dietro queste immagini fini a se stesse, dietro questa storia (se così si può chiamare: The tree of life è un film smaccatamente antinarrativo) che sembra non andare da nessuna parte, dietro la retorica e il patetismo incontrollati delle voci fuori campo, qualcosa c’è. C’è Malick, innanzitutto, con tutta la sua potenza visionaria, artefice di un film che corrisponde al 100 per cento al suo stile cinematografico (specialmente quello recente di La sottile linea rossa e The new world): tempi dilatati, un discorso sull’uomo e sul suo rapporto con la natura, una cinepresa che non sta mai ferma e che sembra inseguire i personaggi, coglierli alle spalle di sorpresa, non-dialoghi brevi e spezzati, un ininterrotto monologo interiore… Tutti elementi che possono piacere o non piacere, affascinare o annoiare, ma un film di Malick in stile Malick è comunque in sè un’esperienza estetica tra le più sorprendenti che il mondo del cinema possa offrire al giorno d’oggi – anche considerato il fatto che le immagini di questo regista sono, insieme a quelle di Stanley Kubrick, le più belle che la settima arte abbia mai partorito.

Ma non c’è solo questo, in The tree of life, non c’è solo l’esperienza di Malick, il suo curriculum, la sua innegabile capacità di sfornare meravigliose fotografie in movimento. C’è anche un profondo e toccante discorso sulla famiglia e sull’infanzia, sulla solitudine dei bambini, sul fallimento degli adulti. Molte volte, ieri sera, durante la proiezione del film, mi sono sorpreso a ripensare alla mia, di infanzia, ai miei piccoli traumi, al senso di isolamento e incomprensione che provavo da bambino, al rapporto che avevo, e in parte ancora ho, con i miei genitori. Ed è una cosa che non mi succede tanto spesso al cinema, luogo che per me significa innanzitutto evasione, distrazione – per quanto, ovviamente, non sempre in senso leggero. Non sarà un film molto coinvolgente, The tree of life, ma sicuramente è un film coinvolto, sentito, partecipato dal regista (anche sceneggiatore) in prima persona. E rimane alla fine, dopo questi 138 estenuanti minuti, un senso di occasione sprecata: se qualcuno, magari Brad Pitt, che oltre essere protagonista della pellicola ne è anche produttore, avesse posto un freno alla creatività dell’autore, magari cacciando a forza nel cestino del montatore quella mezz’ora di dinosauri ed eruzioni o quel patetico finale sulla spiaggia, ne sarebbe uscito qualcosa di sicuramente più coerente e digeribile.
Si parla già (stranamente) di un nuovo progetto per il texano, una “powerful and moving love story” ancora anonima, secondo Imdb, che sarebbe in fase di post produzione: attendiamo fiduciosi.

Alberto Gallo



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :