Uscito nelle sale cinematografiche italiane il 26 novembre, The Visit, diretto da M.Night Shyamalan, arriva anche al Massaua Cityplex segnando il ritorno del regista indiano al genere horror.
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Reduce dagli insuccessi legati ai suoi ultimi lavori di carattere prettamente fantascientifico come L’ultimo dominatore dell’aria e After Earth, Shyamalan torna alle origini con The Visit, film horror che con un budget basso (5 milioni di Dollari) prova a inserirsi nel solco tracciato da Il sesto senso, l’opera più riuscita del regista indiano.
The Visit è la storia di un apparentemente tranquilla “visita” di due nipoti alla fattoria dei nonni in Pennsylvania. In breve tempo i due ragazzi conosceranno la vera natura dei parenti.
Ancora una volta, come nella migliore tradizione horror (su tutti Shining) si punta sull’ ingrediente di un nemico bivalente, rappresentato da un famigliare, da una persona che dovrebbe offrirci protezione salvo poi rivelare un lato oscuro o subire una metamorfosi in negativo. Se questo è il punto di partenza, diventa facile intuire come The Visit punti tutto sulla crescente tensione psicologica che man mano attanaglia sempre di più i due ragazzini. Tensione che è innegabilmente l’aspetto migliore del film, senza perdersi infatti in una sceneggiatura zeppa di colpi di scena fini a se stessi, purtroppo una delle tendenze del cinema horror degli ultimi anni, Shyamalan, tenendo un profilo basso, gioca con le paure ataviche dello spettatore.
Sotto questo aspetto The Visit ricorda Babadook di Jennifer Kent, uno dei migliori film horror degli ultimi anni.
I due film condividono anche l’ambientazione domestica, differenziandosi però per la tecnica registica, se infatti il film di Jennifer Kent è più vicino al cinema di Carpenter e allargandoci al cinema horror classico americano, The Visit, soprattutto per via dell’utilizzo della tecnica del found footage, si inserisce all’interno di quel filone salito alla ribalta negli anni ’90 con The Blair Witch Project senza peraltro condividerne i difetti, ovvero il cosiddetto effetto “mal di mare”, dato dall’utilizzo eccessivo della camera a mano, della ricerca a tutti costi dell’amatorialità più sfrenata.
Da sottolineare anche la presenza di una vena umoristica che rimanendo in bilico tra la “black comedy”, la comicità demenziale e altre bizzarrie surreali genera alcuni momenti nel film che sembrano strizzare l’occhio anche al cinema di David Lynch.
In definitiva The Visit può essere considerato come il ritorno di Shyamalan sugli standard artistici che gli competono insinuando però nello spettatore ildubbio che la realtà che più gli si addice sia quella dei prodotti di basso – medio budget e non quella delle grandi produzioni.
Retrò magazine va al cinema al Massaua Cityplex.