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The voices

Creato il 06 giugno 2015 da Jeanjacques
The voices
Una cosa che stupisce molte persone che mi conoscono approssimativamente è che sono molto attivo sui vari social. A parte Twitter, che proprio non riesce a piacermi, posseggo di tutto, Facebook in primis, e ultimamente ho scoperto pure i vari diletti da bambinetta hipster forniti da Instagram (al che, una bellissima barzelletta imparata da poco: quanto pesa un hipster? Un instagram!). Io continuo a non capire l'idea da eremita del web che molti si sono fatti di me, ma comunque, è proprio sul re dei social network fondato dal buon Zuckemberg che un'amica molto tettona mi ha taggato sul trailer di questo The voices. E in quei due minuti e quattro secondi di video c'era già quanto bastasse per convincermi a vedere questo film: dei toni molto surreali e malati, un protagonista mentalmente instabile, un dark humour che quando viene usato bene è l'ingrediente in grado di farmi sembrare gustosa anche la cacca di mucca e, soprattutto, due visioni angeliche come Gemma Arterton (che ha mostrato il mostrabile in Gemma Bovery) e Anna Kendrick (che non sarà miss universo ma, non so perché, mi piace molto). Senza contare che poi Ryan Reynolds, una faccia da sberle che indipendentemente da Lanterna verde non ho mai potuto sopportare, sembra abbia finalmente imparato a recitare. Sembra, ripeto, mai essere troppo ottimisti prima del tempo.

Jerry è un brav'uomo che lavora in una fabbrica di vasche da bagno. Purtroppo il ragazzo ha un traumatico passato che lo ha reso preda di allucinazioni, tanto che è convinto di sentire il proprio cane e il proprio gatto parlare e alle volte vede la realtà in maniera distorta. L'arrivo nella sua fabbrica di una procace dipendente inglese sconvolgerà l'equilibrio delle cose quando...

Non sapevo che questo film fosse stato diretto da Marjane Satrapi, la fumettista che ha trasposto al cinema i suoi due fumetti di maggior successo, ovvero l'autobiografico Persepolis e il poetico ma non totalmente riuscito Pollo alla prugne. Qui al suo debutto americano, avvenuto dopo l'introvabile Band of the Jotas, non si avvale più della collaborazione dell'amico Vincent Paronnaud, ma fa completo affidamento sullo script di tal Michael R. Perry, uno che prima di allora aveva esercitato il suo ego narrativo su diverse serie-tv e che dopo sarebbe andato a infognarsi nel seguito di Paranormal activity. Penso che devo ringraziare di non aver saputo del coinvolgimento di questa donna nel suddetto progetto, perché altrimenti sono certo che la delusione sarebbe stata davvero molto grossa, anche se il vedere il suo nome non appena sono iniziati i titoli di coda mi ha causato un mezzo mancamento. Ma il mancamento è avvenuto a film finito, quando ormai mi ero fatto del tutto il mio parere in merito e senza farmi sbilanciare in fanboysmi di sorta o sterili tentativo di cercare di salvarlo in qualche maniera. Perché The voices è, senza girarci troppo intorno, un film davvero brutto, così come non mi capitava di vederne da davvero un bel po'. Tutto l'entusiasmo con cui l'ho iniziato, scaturito da un trailer che a conti fatti sembra essere la cosa meglio fatta dell'intero progetto, è andato scomparendo di minuto in minuto, facendomi giungere al finale decisamente allibito per la piega che avevano preso gli eventi e il nonsense di diversi passaggi. Ma soprattutto, mi ha amareggiato profondamente perché la storia sarebbe potuta essere trattata molto meglio e nel mezzo, forse per sbaglio o non so come, ci sono davvero dei momenti validi che per l'attimo della loro comparsa mi hanno davvero fatto sperare nel meglio. Ma cos'è che rende questa una pellicola brutta? Diverse cose. I trailer, si sa, spesso sono ingannatori, il più delle volte perché promettono atmosfere ben diverse da quelle che in realtà ci sono, ma a questo punto devo pensare che i registi di trailer debbano davvero divertirsi nel cercare di migliorare scene che intendevano fare qualcosa ma che finiscono per concepire tutt'altro. Il problema maggiore del film infatti è che la regia della Satrapi non dà sempre il ritmo sperato e, in special modo con le parentesi schizoidi di Jerry, non si ottiene il giusto amalgamarsi col resto della pellicola. Sembrano messe a caso e in maniera anche fastidiosa, effetto che forse era voluto, ma che però sembra solamente mal fatto. Così come mal fatti sono numerosi passaggi, che peccano di un ritmo schematizzato che fa capire tutto l'imbarazzo che la regista deve aver provato durante la lavorazione. Ma la cosa che destabilizza maggiormente è la costruzione del protagonista, che ha il proprio epicentro trash nella rapida ricostruzione del suo passato in un flashback che più stereotipato di così non si può, il quale procede in una maniera che se all'inizio può creare una certa tenerezza nel suo macabrume, alla lunga perde tutto quel senso di poetico decadente che una psicosi al limite poteva possedere. Da sempre in personaggi borderline sono quelli più accattivanti, ma anche quelli più difficili da gestire (film come The killer inside me lo dimostrano appieno) e in questo film avviene il patatrac definitivo. La moralità è messa sempre in gioco, ma si seguono regole un poco balorde, che fanno perdere all'unico effettuante di questo gioco una serie di mosse sbagliate, tanto che più che a lui la schizofrenia sembra appartenere allo sceneggiatore stesso. In fondo, come sembra voler suggerire il film, siamo tutti delle potenziali vittime, e di questo gli va dato atto. Ma quando si scade nel gratuito, l'unica vittima rischia di essere lo spettatore.

Peccato per il povero Ryan. Per una volta che recita decentemente (è anche doppiatore del cane e del gatto) lo fa in un film che mi tocca cassare. Mondo crudele!

Voto: ★ ½

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