The Walking Dead – stagione 4 (ep. 1) [recensione]

Creato il 15 ottobre 2013 da Elgraeco @HellGraeco

The Walking Dead ritorna sugli schermi televisivi, e così la mia settimanale rubrica, che segue di pari passo la serie.
Mi farò odiare.
Mi farò amare.
Mi farò meh.
Come al solito.

Per i neofiti, e i sedicenti professionisti che volutamente capitano da queste parti a leggere e rosicare in silenzio, dico subito che i miei articoli sono caratterizzati da un linguaggio informale. Tratto i protagonisti del telefilm (mai gli attori) come vecchi amici. Fatevene una ragione.
Non sono un fan della serie.
Sono uno che dice come stanno le cose. Sempre.
Non ho mai letto il fumetto, quindi non farò mai paragoni con il cartaceo, soprattutto perché la serie televisiva è assolutamente autonoma negli sviluppi.
E, in ultimo, sono stato uno dei primi a criticare violentemente questo telefilm. È bene che si sappia.

Ma passiamo alla recensione.

C’è un piccolo segreto, per capire se si ha a che fare con un buon episodio oppure no. Basta leggere i credits. Se in essi appaiono due nomi: Greg Nicotero (directed by) e Scott M. Gimple (written by), allora ci sono elevate possibilità che l’episodio sia di buona qualità. Questi due signori sono gli artefici, per dirne una, del miglior episodio della scorsa stagione, il numero 15, intitolato The Sorrowful Life.
Se i nomi sono diversi, abbiate paura.
Per questo primo episodio, i due nomi figurano entrambi.

***

Per ben fatti non intendo capolavori della storia della televisione. Ma in ogni caso superiori alla media vergognosa tenuta dal telefilm fino adesso.
Il nuovo numero uno è intitolato 30 Days without an Accident.
Ritroviamo tutti i protagonisti sopravvissuti al delirante finale della stagione appena trascorsa. Al carcere si è formata una nuova e più stabile (e serena, per quanto mostrato) comunità, capeggiata da un Consiglio che guarda a Rick (Andrew Lincoln) come al leader naturale e preziosa risorsa.
Il terreno erboso davanti alla prigione ospita le coltivazioni, di tanto in tanto si ammazzano i troppi zombie accumulati davanti alle recinzioni, o si tentano sortite all’esterno, in cerca di vettovaglie.
Un’apocalisse tranquilla, stabilizzata dopo mesi.

Il reparto tecnico è come sempre eccellente. Il trucco degli zombie è spettacolare, migliora di anno in anno. A prescindere dall’insistere sui dettagli splatter delle ammazzatine di questo o quell’altro ritornante, la forza sta nei dettagli degli zombie in movimento, ad esempio quello che si rialza dopo una caduta e la pelle della schiena, ormai marcia, resta attaccata al pavimento, scoprendo così tutta la spina dorsale. Geniale.
Solo che, mi domando come possano, i tipi accanto alla recinzione che smaltiscono il problema del sovrappopolamento infilzando le teste degli zombie con strumenti a punta, resistere alla puzza orribile, senza indossare nemmeno una mascherina (oltre al solito, ignoratissimo, rischio di malattie. Parliamo pur sempre di cadaveri putrefatti).
Sono dettagli stupidi, ma se ci penso io potevano pensarci anche gli sceneggiatori.

***

Si avverte la mancanza dei primi piani. Questo da sempre, ma ieri sera ne ho sofferto particolarmente. Tipo la scena di Glenn (Steven Yeun) e Maggie (Lauren Cohan). Momento di estrema confidenza tra i due: ecco, un bel primo piano intenso mi sarebbe piaciuto. Invece la macchina resta sempre a cinque passi di distanza. Una scelta stilistica che non capisco.

A parte qualche sostenibile lungaggine, l’atteggiamento di tutti i personaggi mi sembra più verosimile e adeguato alle circostanze.
Ho apprezzato la giusta anaffettività che, più o meno, in questo momento caratterizza tutti. Il mondo è cambiato, sono cambiati anche i sentimenti. È naturale.
Finalmente ci siamo, aggiungerei io.
Tanto che mi chiedo, effettivamente, quanto tempo sia trascorso, all’interno della serie. Secondo me, circa un anno. Quindi la trovo una maturazione coerente.

***spoiler***

Episodio che tuttavia non ci risparmia il momento comico: quella della bottiglia del vino.
Un tizio raccoglie una bottiglia di vino e la ripone sullo scaffale. Sì, ok, la sbatte un pochetto, ma non tanto da causare una reazione a catena che si conclude con l’intero scaffale che gli frana addosso, intrappolandolo. Eccheccazzo, che c’ha, la forza di Hulk?
Qua si ravvede, oltre all’effetto comico involontario, la solita longa manus degli sceneggiatori, che piegano la realtà per far succedere ciò che gli piace di più. In questo caso il rumore dello scaffale caduto attira gli zombie e scatena un attacco.
Come detto altrove, è il lavoro dello sceneggiatore, scatenare gli eventi. Lo sceneggiatore abile lo fa senza che il pubblico si accorga dell’intervento intenzionale, quello meno abile la fa sporca. Ecco tutto.

Kerry Condon, l’avete vista in “Roma” della HBO

La parte migliore dell’episodio, profonda, persino commovente, è però affidata a una guest star: Kerry Condon, nel ruolo della donna affamata che Rick incontra nel bosco.

Qua non è questione di essere fuori tempo massimo riproponendo, al quarto anno di messa in onda, tematiche ormai già sviscerate, anche troppo: ovvero cosa resti dell’umanità dei protagonisti in un mondo siffatto. Qua è questione di bravura.
L’attrice è bravissima, aiutata anche da un trucco perfetto, che la mostra incrostata di sporco e disperata. Talmente brava che è un vero peccato avervi rinunciato subito, ovvero averla impiegata come ospite e non inclusa nel cast fisso. Sarebbe stato un acquisto eccellente. Perché risultava, merito anche della scrittura del personaggio, ambigua e disperata quanto basta. Ottima anche per bilanciare Rick (intenso il dettaglio della fede al dito di entrambi, due matrimoni distrutti dall’apocalisse). E magari trovargli una controparte degna dopo la dipartita di Lori.

Buon episodio, quindi, aspettando di sapere (e di rivedere) che fine abbia fatto quel gran ceffo del Governatore.


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