Come vi ho spiegato, a Roma negli ultimi anni è venuta su una scena narcosatanista rispettabilissima che ha il suo fulcro nel Sinister Noise, locale sulla Ostiense (situato per una bizzarra coincidenza a cinquanta metri dalla redazione nella quale lavoro) dove passano pressoché tutte le band locali dedite al genere. Le accolite di adoratori del riff e del dimonio stanno spuntando letteralmente come funghi (allucinogeni) nell’Urbe e ti capita sempre di fare nuove conoscenze come gli HOUND, terzetto romano che suona uno stoner/doom dalla matrice classica, caratterizzato da passaggi lunghi e reiterati. A renderli diversi dalle legioni di fissati con gli Sleep che non vanno a letto senza ascoltare Dopesmoker abbracciati al bong sono però i suoni grassi, robusti, stradaioli e fetenti, che li rendono appetibili anche agli ascoltatori meno debosciati. Hanno appena fatto uscire un disco, Kong, ed è pure molto carino.
Poi, dopo mezzanotte, la spider con una cassa di bourbon nel portabagagli parcheggiata di fronte all’autogrill si trasforma in nave spaziale con gli OTEHI. Si cambia completamente registro. Il gruppo sciorina i pezzi del nuovo Dead Chants and Forbidden Melodies in una veste più ruvida e disturbante che in studio. Certi svarioni prog fanno pensare quasi agli Zu; altri riff maggiormente settantiani rivelano una matrice insospettabilmente metal, tra un giro di flauto e un cambio di tempo a tradimento. I momenti che preferisco sono comunque quelli più lineari e sognanti, dove potrebbero essere un’ottima colonna sonora per i fumetti fantascientifici di Moebius.
Tocca infine agli headliner della serata, che possiamo dire di conoscere da quando erano piccoli e aprivano l’Acid Fest con un pugno di tracce all’attivo. Si capiva già che i THE WISDOOM sarebbero cresciuti e Hypothalamus l’ha dimostrato in fretta. Vedendoli spesso dal vivo, mi è sembrato che piano piano stiano già cambiando sound. I riferimenti doom classici degli inizi sono stati accantonati, la componente psichedelica ha preso il sopravvento e i brani dell’album vengono suonati in maniera più aggressiva e cruda. Le chitarre sono più spesse e urticanti, con un retrogusto da postcore avvolgente alla Isis. Purtroppo sono costretto ad andarmene un paio di pezzi prima della fine. Lo faccio con l’impressione che il prossimo disco sarà molto diverso da Hypothalamus (Ciccio Russo).