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The Witch and the Hundred Knight – Recensione

Da Videogiochi @ZGiochi
Recensione del 27/03/2014

Cover The Witch and the Hundred Knight

PS3 Pegi 16 TESTATO SU
PS3

Genere: ,

Sviluppatore: Nippon Ichi Software

Produttore: NIS America

Distributore: Bandai Namco

Lingua: Inglese

Giocatori: 1

Data di uscita: 21/03/2014

The Witch and the Hundred Knight – Recensione PS3

EUR 47,02

VISITA LA SCHEDA DI The Witch and the Hundred Knight

Pro-1Alcune idee e meccaniche interessanti... Contro-1... Inserite in modo confusionario

Pro-2La storia, tutto sommato, non è male... Contro-2... Ma i dialoghi sono molto invasivi e prolissi e lo humour macabro questa volta diverte a metà

Contro-3Manca un vero e proprio tutorial che metta il giusto ordine; il giocatore è lasciato solo sin da subito

La pazzia che da tempo ha colpito i ragazzi di Nippon Ichi Software è oramai leggendaria. Da tempo infatti essi si dedicano con perizia, successo e passione alla creazione di mondi, personaggi e trame ai limiti dell’assurdo (per non dir di peggio). La serie Disgaea ed i suoi derivati non hanno certo bisogno di presentazioni e, inoltre, non possono che esser riconosciuti come il loro più riuscito progetto. Con la predetta serie i Nippon Ichi hanno in un certo senso creato ed alimentato uno zoccolo duro di fans che amano crogiolarsi nelle statistiche, nei numeri e nell’incredibilmente esagerato – ma sempre divertente – humour no sense che connota i protagonisti e le trame di ogni suo singolo episodio.

Ora, probabilmente per cercare di svecchiarsi e non adagiarsi troppo sugli allori derivanti dalla loro serie di maggior successo, gli sviluppatori con The Witch and the Hundred Knight hanno tentato un esperimento o, per meglio dire, il grande balzo (nel buio), cambiando completamente il loro modo di pensare e passando dal sentiero ormai ben conosciuto e battuto degli RPG strategici (a turni) a quello degli action-RPG. Il risultato finale, non solo per i fan di vecchia data, potrebbe esser leggermente spiazzante.

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LA BANALITÀ DEL MALE

Per non perdere sin da subito il filo logico della miriade di argomenti da trattare è bene partire dalle fondamenta su cui – dovrebbe – reggere The Witch and the Hundred Knight. La rinomata abilità dei Nippon Ichi di ridicolizzare il male con situazioni demenziali e personaggi estremamente cattivi ma divertentissimi è presente anche in questa loro nuova fatica. In parte, purtroppo. Spieghiamo subito il perché di tale affermazione. A dispetto del nome altisonante, il giocatore veste i panni di un piccolo ingenuo e sprovveduto blob, o demonietto che dir si voglia, evocato nel mondo reale da Metallia, la più cattiva strega adolescente di palude mai esistita. Ciò che lei desidera è chiaro e semplice sin da subito. Espandere i suoi domini sino a che tutto il mondo conosciuto non diventerà una unica, immensa palude mefitica. Il piccoletto, sotto l’egida della perfida ragazza che lo tratta quale suo schiavo, deve quindi avventurarsi all’esterno di quel regno melmoso e distruggere i cosiddetti “pillar”, ossia dei fiori giganti i quali, una volta aperti (ovviamente previa uccisione dei boss guardiani) contamineranno con le loro spore l’ambiente circostante e permetteranno di conseguenza anche a Metallia di aumentare il proprio potere. La trama, come si evince, è dunque un pretesto per far muovere il piccolo cavaliere senz’anima da un punto A ad un punto B, ammazzando possibilmente le pacifiche e buone creature che tentano di opporsi all’avanzata del male. Tale struttura, all’apparenza molto semplice, intrigante e diretta, soffre in realtà di un difetto di fondo che mina l’esperienza di gioco e toglie costantemente il ritmo a quello che, lo dice la definizione stessa, dovrebbe esser un action-RPG.

Il gioco ci investe con una estrema prolissità e lentezza nei dialoghi, assai invadenti non solo durante i normali sviluppi della trama, ma anche durante l’azione vera e propria. L’esplorazione degli stage viene infatti spesso e volentieri interrotta da scenette e dialoghi totalmente gratuiti ed assai lunghi, che poco, anzi nulla, aggiungono in termini di storia (questo può funzionare in un RPG a turni) e risultano anche un po’ forzati, quasi che gli sviluppatori dovessero assolutamente inserire frasi no sense, stacchetti demenziali e molto materiale scurrile per rientrare nei loro canoni. La cosa peggiore è che per la maggior parte tali scenette più che strappare un sorriso, lasciano non solo innervositi, ma anche interdetti per la loro crudezza e marcata scurrilità. Metallia è una strega adolescente viziata, sboccata ed assai cattiva. Chiaro, il personaggio l’abbiamo inteso sin da subito; per quello non serviva calcare la mano facendole pronunciare inutili improperi e volgari insulti. Il simpatico e sottile humour nero che ha sempre caratterizzato le opere dei Nippon Ichi si è purtroppo andato a perdere in un bicchiere d’acqua.

CONFUSI… E FELICI?

The Witch and the Hundred Knight, come dicevamo, rappresenta un taglio abbastanza netto ed una novità di rilievo rispetto a tutte le precedenti produzioni di Nippon Ichi. Dal sentiero lastricato di Disgaea gli sviluppatori si sono trovati davanti ad un bivio. Continuare sulla stessa strada dritta, luminosa e pianeggiante oppure imboccare la stradina buia, irta di pericoli ed in salita? Hanno optato per la seconda, forse la più coraggiosa, forse la più avventata. Passare dalla padronanza pressoché incontrastata degli RPG a turni ad un action-RPG in real time non è certo impresa semplice e questa sorta di inesperienza la si nota (oltre che nella prolissità dei dialoghi e dell’azione) anche nella confusionaria ingenuità che caratterizza la struttura di gioco. Ad un primissimo impatto il gioco si presenta come un classico hack’n'slash duro e puro con visuale isometrica in cui gli unici obiettivi sono quelli di attivare i pillar e mazzuolare allegramente le simpatiche creaturine che vi si parano davanti. In realtà però il tutto è presentato sotto una veste abbastanza confusa e, soprattutto all’inizio, poco gamer friendly. Il giocatore, dopo uno scarnissimo tutorial, che spiega praticamente solo i movimenti e poco altro, e ad alcuni consigli presenti durante le interfacce di caricamento, si trova improvvisamente catapultato in una ridda di statistiche, parametri da controllare, menu tutti da spulciare e capire, tanto che è ben possibile arrivare alle fasi avanzate del gioco ignorando del tutto il funzionamento di un determinato parametro, o non capire il perché di un mini-gioco. Meglio dunque procedere con ordine.

L‘interfaccia principale, al primo impatto, può spiazzare. Essa presenta non meno di sette parametri, tra cui ritroviamo i canonici HP e AP, i bonus (in armi ed equip) derivanti dalla quantità di esperienza accumulata e che otterremo come in Disgaea una volta completato il livello, il “grade” del protagonista che aumenta sempre con l’esperienza e che ad ogni passaggio di grado ci dà un “grade point” da spendere per aumentarne le caratteristiche, l’ovvia mappa, il behaviour dei nemici ed infine il GigaCals, nome esotico per indicare un classico conto alla rovescia. Quest’ultimo, il parametro più importante, è una sorta di timer che diminuisce a seconda di ciò che facciamo. Ogni azione, dal movimento agli attacchi combinati e non, consuma una percentuale più o meno consistente di GigaCals e, se il tempo si esaurisce, giunge anche il game over. Questo timer può esser ricaricato in diversi modi: tornare al campo base, cannibalizzare i nemici – e qui parte il mini-gioco – consumandone l’energia rimanente (ma questo riempie di cianfrusaglie lo stomaco del cavaliere, che peraltro è il suo inventario), utilizzare i grade points ricordati poco fa. Al di là della frustrazione iniziale, l’idea di fondo non è malvagia e dona (una volta presa la mano) una imprevista variabile strategica che porta a dover prendere delle decisioni e dosare bene le sempre poche energie a disposizione per non restare prematuramente a secco. Tramite un altro mini-game invece è possibile far visita o razziare le case che si incontreranno lungo l’avventura, guadagnando magari un ricco bottino. Il giochino però è automatico e dovete solo attendere che l’Hundred Knight abbia finito.

La medesima confusione la ritroviamo anche nei menu, che il gioco si guarda bene dallo spiegare come si deve. Ne è un esempio il sistema delle armi e dell’equipaggiamento. L’Hundred Knight può utilizzare cinque armi diverse contemporaneamente, in modo da creare degli effetti combo che si possono personalizzare a piacimento. Da questo punto di vista nulla da eccepire, l’idea è molto bella e permette un’ampia gamma di personalizzazioni (visto che anche le armi aumentano di livello) ma, come in ogni buon gioco di ruolo, i nemici possono esser vulnerabili ad un attacco piuttosto che ad un altro e va spesso a finire che invece di continuare a cambiare l’equipaggiamento, ci si limita semplicemente a lasciare un’arma per tipo e procedere con un button smashing sfrenato. Tanto almeno un attacco andrà sempre a segno. Oltre al mero equipaggiamento, all’interno dei menu ritroviamo una serie di altre voci, statistiche e varianti, che faranno felici tutti gli appassionati delle percentuali, consentendo ulteriori personalizzazioni, come ad esempio i Facet, ossia “specializzazioni” (le classi per intenderci), i Tochka, ovvero una miriade di abilità speciali da apprendere e, come da tradizione, combinabili tra loro. Di carne sulla griglia, insomma, i Nippon Ichi ne hanno messa davvero tanta; il problema è che purtroppo non ci sta tutta e quella che c’è ha rischiato di bruciare. Prese singolarmente, molte idee sono davvero apprezzabili, originali ed astrattamente funzionano, se non fossero tutte incastrate tra loro in un guazzabuglio caotico.

SCURRILITÀ IN TECHNICOLOR

La ridda di imprecazioni gratuite e lo humour, spesso e volentieri dai toni macabri ed amorali, vengono immersi in una cornice artistica quasi fiabesca, quanto più avulsa possibile dai cupi contenuti appena accennati. La realizzazione grafica tridimensionale e la visuale isometrica ricalcano ovviamente la più classica delle impostazioni presenti in un qualsiasi action-RPG che si rispetti. Anche in questo precipuo caso è necessario fare i conti con qualche imprecisione di troppo, che purtroppo va ad aggiungersi al mucchio. Anzitutto, i modelli poligonali dei personaggi risultano abbastanza legnosi e leggermente “sgranati” a vedersi, mentre gli sprite bidimensionali nel corso dei dialoghi sono ovviamente la solita gioia che NIS America dona ai nostri occhi sia per caratterizzazione che realizzazione. Gli ambienti fiabeschi sono ben fatti e molto, molto, molto colorati. Ciò è apprezzabile e mette sicuramente allegria ma, durante le fasi più concitate, l’azione viene surclassata dai colori troppo intensi degli ambienti (nonché l’invadente occlusione visiva degli stessi) e degli effetti visivi degli attacchi del piccolo cavaliere, che coprono per la maggior parte l’azione e non permettono di capire dove si trovano i nemici o quando è il momento giusto per effettuare una parata o una schivata. Girare la telecamera il più delle volte purtroppo non aiuta a migliorare la situazione. Il comparto audio, per la verità abbastanza ripetitivo, ci propone in loop motivetti fiabeschi con campanellini, cori e chi più ne ha più ne metta. Per ciò che concerne il doppiaggio invece è assolutamente d’obbligo disabilitare la lingua inglese e sparare a mille quella giapponese.

The Witch and the Hundred Knight – Recensione

IN CONCLUSIONE
The Witch and the Hundred Knight non può essere definito a priori un brutto gioco. Rappresenta un esperimento per i ragazzi di Nippon Ichi Software e NIS America, i quali hanno lasciato la tranquillità della vecchia strada per avventurarsi in un sentiero per loro ancora in gran parte inesplorato. Dobbiamo dar loro atto di essersi impegnati e d'avere messo in campo alcune idee di sicuro interesse, ma che si vanno a perdere nel mucchio e ciò, francamente, risulta poco condivisibile. La loro colpa principale? Quella di aver voluto strafare, forse per la poca esperienza, gettando nel calderone un po' di tutto, cercando di mantenere lo spirito goliardico ed alcune caratteristiche peculiari della loro serie di maggior successo coniugandole con una struttura di gioco prettamente action, palesemente diversa dal loro terreno abituale e poco incline ad assorbire innovazioni di rilievo. La nostra speranza è che imparino dai loro errori. ZVOTO 6.5
Voto dei lettori7
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