“Di più non basta mai.” Ecco The Wolf of Wall Street, il più sfrontato film di Martin Scorsese.
Un Caligola moderno per il quale droga, sesso, soldi e potere sono i cardini di una vita sempre sopra le righe. Con il sapiente uso della commedia – quasi demenziale – Scorsese narra l’ascesa e il declino di un uomo che vince e che non ammette alternativa alla vittoria.
Si tratta di Jordan Belfort, fulminato agente di borsa di una New York fuori dal tempo. Sarebbe ambientato nei primi anni ’90, ma il protagonista – Di Caprio da Oscar – è così travolgente da rendere lo scenario una cornice di scarsa rilevanza: anni ’20, ’50, ’80, crisi, boom economico, il vero “lupo di Wall Street” avrebbe potuto vivere qualunque situazione e ne sarebbe sempre uscito guadagnandoci. È l’incarnazione di una versione demoniaca del sogno Americano, nella quale la determinazione va a braccetto con cinismo e slealtà.
Durante la visione veniamo risucchiati in un tunnel di avidità ed eccessi che Jordan ha generato con la sua ossessione per il denaro. È così reale e vicino che possiamo provare le sue stesse emozioni e vivere attraverso i suoi occhi, ma abbiamo sensazioni negative? Per niente. Nonostante tutto, finito il film, vorremmo essere come lui, gente predestinata a distinguersi che per quanti errori possiamo commettere non saremo mai costretti a pagarne le conseguenze.
Come può la regia rendere tutto ciò credibile? Rendendosi semplice. Il mondo della finanza per noi comuni mortali è incomprensibile, ma in questo film noi lo vediamo attraverso gli occhi di uno che della finanza è un genio. Ecco che allora ci sembra un gioco, semplicissimo. Il tono rimane sempre ironico e scherzoso anche nei momenti più sconfortanti e il ritmo non cala mai. Come se anche noi spettatori fossimo sotto effetto di droghe, sempre carichi fino alla fine, incapaci di capire cos’è giusto o quando siamo all’apogeo o sull’orlo del baratro.
Un film carico di estetica, esente da lezioni morali eppure pieno di spunti di riflessione. Infatti, sotto la maschera di commedia americana frivola e spensierata c’è una riflessione così estremamente nichilista da giustificare Belfort. Dopotutto la sua vita è insensata, ma non più di quella di chiunque altro. Con la differenza di qualche villa, yacht e Lamborghini. Emblematica la battuta: “Non c’è nobiltà nella povertà. Sono stato un uomo povero, e sono stato un uomo ricco. E scelgo di essere ricco tutta la vita, dannazione!”
Fabio Rossato
Curiosità: La scena nella cameretta della figlia è costata 17 ore di lavoro. Nell’edizione che vediamo al cinema dura pochi minuti, ma nel cut originale la bella Margot Robbie si sarebbe dovuta masturbare davanti a Di Caprio. Per l’imbarazzo la scena non veniva perfetta come voleva Martin Scorsese e così è stata rifatta centinaia di volte. Poi è stata cancellata per permettere che il film rientrasse nei canoni del “vietato ai minori di 14″. Anche Di Caprio comunque rifece decine di volte il ciak del bacio con Joanna Lumley, causa nervosismo del divo. Questo dimostra che anche i grandi attori – a differenza di certi folli broker – sono persone normali.