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The Wolf of Wall Street

Creato il 07 febbraio 2014 da Af68 @AntonioFalcone1

1Diavolo di uno Scorsese! Dopo i toni favolistici espressi due anni fa in Hugo Cabret, idonei a visualizzare, in un afflato metacinematografico, l’idea della Settima Arte come fabbrica dei sogni, ora con The Wolf of Wall Street, tratto dall’omonima autobiografia di Jordan Belfort (edita in Italia da Bur Rizzoli), il buon Martin si riappropria di uno stile sfrontato, neoespressionista ed iperrealista, capace di rendere la macchina da presa un rutilante e vorticoso trait d’union fra una solida sceneggiatura (Terence Winter) e l’esagitata interpretazione offerta da Leonardo DiCaprio nei panni di Belfort, il quale riesce ad offrire risalto, con camaleontica intensità, al mix di perversione e decadenza proprio del personaggio.
Quest’ultimo, nella sua attività d’intermediatore finanziario, si muove a suo agio nella melma dell’illegalità grazie all’estrema libertà concessagli, contraddittoriamente, dal sistema: rivolge alle masse, insieme ai suoi accoliti, l’offerta di quanto esse desiderano, il miraggio di un facile guadagno nel minor tempo possibile.

Leonardo DiCaprio

Leonardo DiCaprio

Grazie ad un ben congegnato sistema di raggiri, la ricchezza sarà però appannaggio esclusivo dei pifferai magici, i quali l’impiegheranno per accumularne altra e rendere proprio tutto ciò che sia acquistabile, persone incluse, in un circolo di dipendenza comprendente anche sesso e droghe di vario genere, in composito miscuglio.
Da non dimenticare poi la funzionale congiunzione tra fotografia (Rodrigo Prieto) e scenografia (Bob Shaw), capace di far avvertire lo scorrere degli anni (la narrazione si dipana lungo un decennio, 1987-1997), unita all’ottimo montaggio di Thelma Schoonmaker, idoneo a rendere piuttosto fluida una narrazione d’ampio respiro, al cui interno vanno ad intersecarsi più passaggi temporali, in un mutevole scambio passato/presente, sempre seguendo una logica in soggettiva nella messa in scena.

DiCaprio e Matthew  McConaughey

DiCaprio e Matthew McConaughey

Il racconto si snoda infatti attraverso la narrazione dei vari accadimenti in prima persona, Belfort/DiCaprio interviene direttamente anche per modificare alcuni particolari del racconto di un identico episodio, visto attraverso ottiche diverse (come il ritorno a casa in auto dopo un trip particolarmente devastante), o a troncare bruscamente una discussione su argomenti troppo tecnici per quanti non siano avvezzi al mondo della finanza. Siamo quindi obbligati ad entrare nella mente del protagonista e vedere ogni cosa come la vede lui, senza mediazione alcuna, in una vorticosa girandola di situazioni, a partire dal giorno in cui il nostro, aspirante broker, ragazzone sempliciotto ed onesto, arriva a Wall Street, dove si avvale dell’illuminante apprendistato offerto dallo scafato Mark Hanna (Matthew McConaughey, gran bella prova).

Jonah Hill e DiCaprio

Jonah Hill e DiCaprio

Poche regole di base, riassumibili nell’assunto “spostare i soldi dalla tasche del cliente nelle tue”, una serie di consigli pratici su come alleviare la tensione, un opportuno canto di battaglia dal sapore tribale e il gioco è presto fatto. Nonostante il crack del 1987, proprio il giorno in cui consegue la licenza di intermediatore, Belfort, dopo un attimo di sconcerto, inizia a rimboccarsi le maniche per plasmare il sogno americano a sua immagine e somiglianza e dà vita ad una propria società, la cui sede si trasferisce da un vecchio garage a lussuosi uffici. Può poi fare affidamento su un manipolo di losers prontamente ammaestrati in qualità di incantatori, a partire da Donnie Azoff (Jonah Hill, perfetta spalla), accomunato al boss da eguale cupidigia e bulimia stupefacente- sessuale. Nel gioco della domanda e dell’offerta, la regola di base è sempre quella, alimentare l’illusione di poter offrire a tutti identico tenore di vita, basato sulla subitanea acquisizione di quanto al momento non sia nella loro disponibilità.

Margot Robbie e DiCaprio

Margot Robbie e DiCaprio

Scorsese, nei toni di una dark comedy, mette in scena un tema a lui caro, l’individuo alienato dal contesto sociale intento a costruirsi un personale microcosmo le cui fondamenta sono costituite dal disagio esistenziale o dall’illegalità, quando non da ambedue, il quale prima o poi dovrà scendere a patti con se stesso, col proprio essere più intimo e personale, in vista di un redde rationem che dal particolare volgerà all’universale. In The Wolf of Wall Street, però, non è questo il sentiero percorso da Belfort, totalmente immerso nel suo universo parallelo, costruito ad uso (ed abuso) di una predestinata decadenza: il lupo è vitale all’interno dell’ “isola che c’è”, la sede della sua società, attorniato da fedeli dipendenti, mentre al di fuori di tale ambiente, che si trovi sul suo lussuoso yacht o all’interno della mega abitazione, nonostante la presenza della moglie Naomi (Margot Robbie), sposata in seconde nozze, il cui fascino per le stravaganze del compagno è destinata ben presto a sfumare, è come costretto dietro un paravento di normalità col quale non gli va certo di fare i conti.
Il confronto con se stesso e con quanto realizzato è quindi un impiccio da risolvere al più presto, attraverso il ricorso a qualsivoglia dissolutezza che possa far divergere lo sguardo ed inebetire quanto basta.
Esemplare al riguardo la sequenza in cui Jordan e Donnie si trovano alle prese con gli effetti di alcuni tranquillanti vintage ingurgitati in dosi massicce.

DiCaprio e Kyle Chandler

DiCaprio e Kyle Chandler

Le sostanze psicotrope per individui di tal risma rappresentano una magica pozione per valicare il dualismo alternativo fra ciò che si è e quel che si vuole essere, così come gli spinaci per Popeye, alle cui gesta assistiamo in parallelo grazie ad un cartoon trasmesso in tv (del resto spinach nel linguaggio gergale americano degli anni Venti indicava genericamente l’erba, no, non quella dei prati …). Il rischio, paventato da più parti, è che la parossistica e reiterata visualizzazione di tutti gli eccessi che un essere umano possa mettere in atto, “verso l’infinito e oltre”, mentre Scorsese si diletta negli abituali virtuosismi (rapide carrellate, movimenti di macchina fulminei), possa generare un effetto volto all’esaltazione delle gesta di Belfort e soci, con conseguente immedesimazione empatica, senza alcuna riprovazione morale.
In realtà, almeno a mio modo di vedere le cose, ciò che Scorsese vuole evidenziare non è tanto la cronicizzazione degli eventi e il perché del loro verificarsi, ma, più semplicemente, sottolineare come determinate scelleratezze di allegra e spensierata finanza si siano comunque rese possibili, portando alla globalità della crisi economica che stiamo attualmente vivendo.

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Pochi sono quelli che hanno resistito dalla tentazione di addentare la mela dell’illusoria ricchezza pronto uso (l’animo umano, si sa, ove non sia corrotto è comunque corruttibile), come l’agente dell’FBI Patrick Denham (Kyle Chandler), baluardo di una strenua moralità (efficace più di ogni discorso moraleggiante l’inquadratura che lo vede all’interno di una metropolitana affrontare un comune viaggio con un’umanità a lui affine, che va avanti con i propri mezzi, fra difficoltà, non ultima quella di attribuire un senso alla propria esistenza, ingiustizie e privazioni).
Nessuna redenzione sarà possibile per quanti hanno forgiato il proprio io sulle fattezze di una logica mercantile, bensì una opportunistica conversione.
Belfort dopo un rapido assaggio delle patrie galere diverrà star televisiva e relatore all’interno di corsi motivazionali, potendo sempre contare, in una beffarda complicità vittima-carnefice, su quanti siano disposti a fagocitare se stessi, accompagnandoli lungo il sentiero dell’autodistruzione.
Per tutti gli altri, coloro che provano a mantenere una correttezza morale di fondo, pur con gli inevitabili adattamenti e compromessi che il vivere sociale spesso richiede, poche cose soltanto potranno essere sicure: il cielo avrà sempre lo stesso colore, l’aria identico odore e il proprio animo sarà relativamente tranquillo.
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Golden Globe 2014 a Leonardo DiCaprio come Miglior Attore Protagonista. Candidato all’Oscar 2014 per: Miglior Film, Regia, Sceneggiatura non originale, Attore Protagonista (Leonardo DiCaprio) e Non Protagonista (Jonah Hill).


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