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Chris la catturerà e si porrà l'obiettivo di "civilizzare" la donna selvaggia, cominciando a torturarla dopo averla rinchiusa in uno scantinato. La sua famigliola naturalmente lo seguirà in questa nobile impresa, anche perchè in famiglia tutti sanno bene chi comanda...Sollecitato (o solleticato? Le parole sono molto importanti da queste parti...) dall'importante recensione di Elvezio Sciallis che potete leggere QUI, mi volgo anch'io, con piacere sommo ad esprimere un parere su quest'ultima opera di Lucky MKee, del quale avevo a suo tempo elogiato "May" (2002) (vedi recensione qui). L'elemento che mi ha più colpito di questo suo ultimo film è la grande libertà associativo-estetica di questo regista, che non si lascia spaventare da uno sceneggiatore quale Jack Ketchum, ma che anzi valorizza il suo fondamentale contributo con la sua personale ispirazione creativo-visiva, libera appunto da qualsiasi pregiudizio o dogma o stereotipo horror-style. E sarebbe molto facile cadere nei suddetti pregiudizi, poichè il nucleo narrativo è qui ridotto all'osso: si tratta della "scena modello" ketchumiana per eccellenza, cioè la segregazione del femminile e la sua brutalizzazione da parte di un potere violento e senza senso, "scena modello" che può pericolosamente diventare ripetitiva e sterile, se non viene trattata da mano accorta e sensibile. Ma McKee aveva dimostrato rara sensibilità già in "May", e qui raffina ulteriormente il suo occhio, mediante il ricorso ad una essenzialità narrativa di rara, cristallina bellezza. Non sono presenti nessun pleonasmo, nessuna sbavatura, nessun bisogno di dire cose in più. "The Woman" è in questo senso un elogio dell'insaturità, dell'astinenza dalla ridondanza, dell'epochè di quella pulsione esibizionistica, che spesso muove molti produttori e registi che guardano al genere perturbante solo come a un business (e sono in molti, come si sa). McKee non è interessato al business, ma solo al racconto, al modus narrandi, alla forma che diventa contenuto. E' ovvio che per poter realizzare questo suo interesse, che è anche il nostro, il regista debba lavorare con mano salda su un cast di grande qualità, e anche in questo caso ci azzecca in pieno posizionando una triade centrale di attori le cui performance sono davvero mirabili. Pollyanna McIntosh (la Donna) è capace di mettere in scena la primitività selvaggia della Natura Darwiniana in modo davvero straniante. Angela Bettis è una moglie masochista, succube e insieme complice della follia tirannica del marito, oltremodo inquietante nella sua passività patologica. Sean Bridgers (Chris Cleek, il capofamiglia) incarna il potere paterno sadico e simmetricamente isomorfo alla primitività della donna selvaggia che vorrebbe dominare. Ma, come dicevo, è la potenza del racconto a dominare la scena, potenza cioè della macchina da presa e di un montaggio (di un geniale Zach Passero) che sottolinea ricorsivamente i passaggi più intensi della sceneggiatura. La potenza narrativa di "The Woman" risiede, io credo, soprattutto nella molteplicità di piani cui rimanda una storia che si presta ad una molteplicità pluristratificata di letture. Prendiamo ad esempio una delle sequenze iniziali in cui la Donna trancia con un morso inaspettato un dito di Chris: c'è un piano simbolico-psicologico, che è quello della castrazione, ma è presente anche un piano filosofico, perchè potremmo vedere questa castrazione come lo scarto originario tra Uomo e Natura, che Chris vorrebbe onnipotentemente sanare, cercando di "civilizzare" un qualcosa non civilizzabile per definizione. Ma è presente anche un piano di lettura sociologico, relativo a una denuncia del clima mafioso-omertoso di certe famiglie abusanti che sembrano sempre più soffondere il tessuto sociale, dai livelli più suburbani a quelli più altolocati (vedi le perversioni dei vari Strauss-Kahn e/o Berlusconi di turno). In tal senso l'uso degli effetti speciali e il ricorso ad alcuni spunti splatter sono solo funzionali alla struttura del racconto e sono ben lungi dall'essere buttati lì per colpire la pupilla dello spettatore ingenuo. "The Woman" non presuppone infatti uno spettatore ingenuo, al contrario richiede grande intelligenza e senso critico a chi guarda, elemento che lo innalza di molti metri sopra altri film di genere. Come ultima notazione a un film che va decisamente visto e studiato, desideravo riferirmi agli accostamenti a "Martyrs" di P. Laugier, fatti da alcuni recensori (tra cui Elvezio Sciallis stesso, che citavo all'inizio). Non credo che "the Woman" sia paragonabile a "Martyrs", se non per una loro similare ed intrinseca risonanza etica e antipostmoderna. Per il resto sono film molto diversi, e per giunta "The Woman" credo si muova in territori ancor più chiaramente etici, poichè parla del potere e delle sue deformazioni patologiche, collocando questo discorso nel cuore della famiglia borghese contemporanea. "Martyrs" sposta il discorso etico, invece, all'interno di un universo più surreale, eccentrico, e in questo diventa meno "caldo", meno umano di questo "The Woman". Inutile ribadire quindi che se ne consiglia la visione.
Regia:Lucky McKee Sceneggiatura:Lucky McKee, Jack Ketchum Fotografia:Alex Vendler Montaggio:Zach Passero Musica:Sean SpillaneCast:Pollyanna McIntosh, Sean Bridgers, Carlee Baker, Shana Barry, Marcia Bennett, Angela Bettis Nazione:USA Produzione: Moderciné Anno:2011 Durata:90
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