Le parole con le quali si narra una storia, le parole per comunicare un sentimento, le parole grazie a cui si riesce ad alleggerire la propria anima, le parole tanto fondamentali per comunicare, descrivere, fissare nella mente e nella memoria, quei fonemi che integrano la nostra quotidianità fatta di mille gesti ed interazioni. Questi (talvolta) piccoli ma (sicuramente) importanti lemmi sono il cardine di una vicenda molto intrigante: una storia letta a voce alta che narra dell’ascesa al successo di un uomo grazie al vissuto di altri.
“The Words” è un’opera indipendente, un esordio alla regia, un film dal cast strabiliante in cui per quasi due ore il pubblico rimane rapito dalle immagini e dalla narrazione per mezzo della voce suadente di Clay Hammond (Dennis Quaid), lo scrittore di mezza età che, davanti ad un pubblico famelico di letteratura, legge brani della sua ultima fatica. E noi che lo seguiamo dall’esterno abbiamo la fortuna di vedere il racconto prendere forma, Rory Lansen assume i lineamenti di Bradley Cooper, i panni del Vecchio sono indossati da Jeremy Irons e la curiosa ed insidiosa giovane scrittrice Daniella è la magnetica Olivia Wilde, grazie alla quale scopriremo molti tasselli del mosaico.Tre uomini, tre epoche, tre stagioni della vita unite dalle medesime parole, da una sola storia che incontra, s’intreccia e si fonde con le altre sino a farci sospirare e dimenticare dove siano i confini tra le tre vite. Nessuna confusione tra piani temporali, fluidamente passiamo da un auditorio gremito di persone intente a scoprire la nuova prodezza del noto letterato, all’appartamento di un giovane idealista aspirante-scrittore che cerca di emergere nel frenetico mondo di oggi, sino al racconto di un amore straniero ai tempi della guerra in una Parigi che riesce ad essere magnetica anche sotto le bombe. L’uomo affermato e sofferente, il giovane sensibile e rampante, l’anziano di nobili principi e dalla scorza dura sono nell’ordine il narratore, il romanzo che cela note autobiografiche e il frutto della fantasia (forse) dell’autore, fulcro del misterioso libro nel libro.
Opera ricca di suspense nonostante non sia l’ennesimo thriller bensì la versione moderna del classico melodramma che prendendoci in contropiede ci presenta i drammi (appunto) ed i dilemmi dei tre protagonisti. Il confine tra realtà e fantasia è ondivago ma, nonostante sia stato presentato come un thriller psicologico, questo film non gioca mai con i nostri neuroni, tutto scorre con linearità e precisione. E forse è proprio questo ad intrigare lo spettatore mentre è in sala ma a lasciarlo perplesso una volta uscito alla luce del sole. Un mirabile intreccio, una crescente curiosità che ci porta a volere, quasi pretendere, un finale ricco di colpi di scena che invece mancano, perché ironicamente sarebbero stati la vera stonatura. Il racconto, infatti, è coerente e spiegato passo per passo con immensa passione e bravura e ci conduce ad un finale dolce e amaro che manca di un non-so-che.
Voto 6 e ½. Narrazione, recitazione e ritmo sono talmente equilibrati da impedire che una pellicola alla quale manca quel qualcosa che l’avrebbe resa strabiliante raggiunga l’insufficienza o, forse, non vogliamo ammettere che il problema sia nostro: non siamo più abituati ai melò.