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There Came an Echo – Strategia vocale su PC

Da Videogiochi @ZGiochi
di Lorenzo "quadrazza" Quadrini

There Came an Echo è il nuovo titolo sviluppato da Iridium Studios, casa di sviluppo indipendente a cui si deve l’intrigante Sequence, che torna al lavoro in maniera originale e creativa. In Sequence il giocatore si immergeva in un ibrido GDR/rhythm game, caratterizzato da una trama solida ed interessante, ed un gameplay frenetico e simpatico (sebbene la quasi totalità della critica e dell’utenza trovò l’utilizzo del Dance Mat semplicemente impossibile rispetto al caro vecchio pad). Questo secondo prodotto punta ad un sistema di gioco più solido e profondo, sposato però ad un’interazione relativamente nuova: l’utilizzo della voce. Vediamo insieme come si presenta il prodotto finale.

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loud and clear!

Il gioco si sviluppa attorno ad una trama di grande impatto e di pregevole fattura. Evitando pericolosi spoiler verremo introdotti alle feature di gioco attraverso un preambolo nel quale verranno presentati alcuni dei protagonisti principali. Primo fra tutti Corrin, sviluppatore molto dotato, creatore di un codice che, a sua insaputa, è al centro di tutto il sistema complottistico che fa da perno all’intreccio del gioco, il quale si snoda attraverso una classica contrapposizione buoni/cattivi, entrambi alla ricerca del modo di rompere il codice. Dopo un piccolo livello introduttivo (citazione palese del primo capitolo della saga di Matrix), entreremo finalmente nel vivo dell’azione e della narrazione, completando il tutto in poche ore ed arrivando al soddisfacente climax finale. Il gioco deve tantissimo alla storia elaborata da Iridium Studios, forse unico elemento di eccellenza rispetto a tutte le altre componenti del prodotto, che osano molto, troppo, e che non riescono ad ottenere quanto sperato.

A livello di gameplay infatti verremo prima illusi, grazie ad una sequenza che potremmo definire di VQTE (vocal quick time event), nella quale dovremo dare delle rapide istruzioni verbali a Corrin, per evitare che venga catturato da alcuni agenti nemici, per poi passare ad un approccio esclusivamente strategico (ma irrimediabilmente carente). Il gioco infatti, in pieno stile Iridium, sfrutta il microfono del nostro headset (o qualsiasi altro dispositivo di riproduzione compatibile) per registrare le nostre risposte vocali e contemporaneamente trasformarle in input di comando per i PG. Il tutto attraverso una finzione narrativa che fa impersonificare il videogiocatore in tale Sam, stratega al servizio della agenzia dei buoni di turno (permetteteci questa semplificazione quasi brutale). In questo modo perciò gli ordini che andremo ad impartire al piccolo team di attacco saranno giustificati non da una imperscrutabile ispirazione divina ma dalla concreta presenza di una guida in grado di analizzare e gestire al meglio la situazione. Certo è che una volta afferrato il concetto alla base del sistema vocale, il gameplay si rivela tristemente scarno e carente. Prima di tutto è palese la difficoltà tecnica alla base del sistema: gli input vocali dovranno essere chiari, precisi e sensibili agli accenti e alle inflessioni linguistiche, divenendo un ostacolo per i giocatori non madrelingua. E non per la presenza di un linguaggio ostico (parliamo di un inglese piuttosto semplice), quanto per la scarsa dimestichezza che molti videogiocatori possono avere con il parlato, soprattutto in situazioni frenetiche e confuse come una battaglia in tempo reale. Gli scontri infatti si sviluppano in real time e l’approccio strategico verrà enfatizzato solo dalla possibilità di mettere in pausa il gioco per dare un’occhiata alle possibili scelte tattiche. A volte però sarà frustrante urlare al personaggio X di cambiare posizione senza che nulla accada, basterà una parolina in più per far impazzire l’intero sistema di comando vocale. Un problema questo sottolineato anche da altre riviste di lingua inglese. A poco serve poter cambiare i codici di input: il problema non sta nelle parole da usare, quanto nel loro utilizzo meccanico ed esatto, privo di qualsiasi elasticità linguistica (sebbene magari grammaticalmente corretta). Ovviamente gli sviluppatori hanno pensato bene di inserire dei comandi per mouse, in maniera da poter permettere la giocata a prescindere dall’utilizzo del microfono. E qui arriviamo al secondo tasto dolente di There Came an Echo: la grande deficienza di feature ed elementi tattici che possano rendere l’esperienza interattiva degna di nota. Appare chiaro che l’intero prodotto ruoti attorno alla sperimentazione vocale, lasciando il combat system in secondo piano. Con la conseguenza che le azioni a disposizione del team saranno sempre le stesse, limitate ad una scelta di sole tre armi, con nessuna possibilità di personalizzazione dell’equipaggiamento o di eventuali skill dei PG. Le dinamiche quindi si fondano semplicemente sulla corretta gestione delle batterie: queste alimentano gli scudi e le due armi diverse dalla pistola (fucile da cecchino e charge gun). In poche parole il nostro compito sarà solo quello di mettere in copertura i membri della squadra e centellinare l’uso di armi più potenti, ma che succhiano energia vitale per gli scudi. Un approccio indubbiamente limitato e semplicistico, pur se sposato con un altrettanto ostico sistema di comandi vocali. In poche parole, come già detto in apertura di paragrafo, sarebbe stato molto più interessante gestire il titolo attraverso le adrenaliniche sessioni iniziali, sicuramente poco “giocabili”, ma molto più immersive e coinvolgenti.

Tecnicamente il titolo alterna un ottimo design ambientale a delle pessime animazioni di gioco. Tendenzialmente sia il mondo di gioco che più in generale ogni stanza e livello giocabile, saranno contraddistinti da una discreta cura del dettaglio e da una buona interpretazione grafica. Cosa questa che caratterizza Iridium Studios già dal suo primo lavoro, facilmente riscontrabile anche in questo secondo. Allo stesso tempo però, se non avremo da lamentarci riguardo ad effetti di luce, colori, originalità delle strutture, delle cutscene e degli oggetti di gioco, ci lamenteremo tantissimo per le animazioni dei personaggi: legnosissime e mal fatte, arrivando addirittura a brutture anatomiche quali braccia “spezzate” all’altezza dei gomiti e via dicendo. Grandissimo merito invece (e netto miglioramento rispetto a Sequence) va al comparto audio in generale. Le musiche sono davvero belle ed entusiasmanti, azzeccatissime in ogni frangente di gioco. Allo stesso modo non si può che applaudire il doppiaggio del software, esempio raro di grande interpretazione.

There Came an Echo – Strategia vocale su PC


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