La carriera di allenatore Nba di Thibodeau comincia nel 1989 a Minnesota e si prolunga fino al 2010 ai Boston Celtics, sempre come assistente specializzato nella fase difensiva. Dopo i Twolves, Spurs e Sixers, e dal 1996 al 2007, sempre al fianco di Jeff Van Gundy, prima a New York e poi a Houston. Da JVG affina l’arte del gioco nella propria metà campo e non è un caso che quelle squadre abbiano sempre ottenuto risultati più che soddisfacenti. Nel 2007 Doc Rivers lo chiama ai Boston Celtics e da lì si magnifica ancor di più il suo mito. Mito che nell’estate 2010 gli garantisce una chance da head coach.
Passare dagli esperti e navigati Celtics ai giovani e rampanti Bulls non è stato un passo immediato: l’inizio di stagione è stato altalenante, 10 vittorie nelle prime 18 gare, forse anche per l’assenza di Carlos Boozer, il fiore all’occhiello del mercato estivo. Col ritorno dell’All Star, ma soprattutto con l’amalgama dello spogliatoio attorno al coach, Chicago ha ingranato le marce alte vincendo 52 delle successive 64 partite. I Bulls si sono confermati squadra molto organizzata nella propria metà campo (solo 91.3 punti concessi a gara, secondi assoluti in Nba), con uno schema imperniato sul pressing delle guardie, Rose in primis, i raddoppi e l’impossibilità di avvicinarsi al ferro con lunghi mobili ma nello stesso tempo verticali come Noah, Boozer, Thomas, Gibson e il sorprendente turco Asik. Come per i Celtics, anche questi Bulls in attacco non sono una macchina perfetta ma possono affidarsi quasi esclusivamente alle improvvisazioni di Rose: alla star di Simeon High School tocca inventare, per sè e per gli altri.
I Chicago Bulls sono in semifinale di Conference e ci sono buone chance che il cammino prosegua: coach Thibodeau è promosso a pieni voti.