Venerdì 22 febbraio l’elegante sede del Instituto dos Vinhos do Douro e Porto (IVDP) di Oporto ha ospitato la seconda e conclusiva giornata di Thinking Out of the Box, prima conferenza del NEPAS (per la cronaca della prima giornata clicca qui). NEPAS, acronimo di New European Policies to face the Arab Spring, è un progetto varato dall’IsAG (Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie), dall’Universidade do Minho di Braga e dall’Università di Roma Tre per elaborare una nuova politica europea verso il mondo arabo.
La seconda giornata è stata aperta dagl’indirizzi di benvenuto di Manuel de Novaes Cabral (presidente dell’IVDP) e Maria do Céu Pinto (direttrice del Dipartimento di Relazioni internazionali e Amministrazione pubblica dell’Universidade do Minho nonché coordinatrice del NEPAS) e dal discorso di Isabelle Ioannides, rappresentante del Bureau of European Policy Advisers (BEPA) della Commissione Europea. La dott.ssa Ioannides ha voluto sottolineare che, malgrado i problemi che si stanno incontrando nei paesi arabi toccati dalla “Primavera” (tra cui lo scontro tra laici e religiosi), l’Unione Europea ha rispetto per questi nuovi processi democratici, e che offre il suo supporto tecnico allo sviluppo di istituzioni cruciali.
Si è quindi aperto il primo panel, dedicato a The Arab Spring Revolutions: Outlook and Perspectives, moderato da Paulo Vila Maior (Università Fernando Pessoa), con l’intervento di Thanos Dokos, della Fondazione Ellenica per la Politica Estera ed Europea (ELIAMEP). Dokos ha lamentato come all’UE manchi l’ambizione strategica e sia in atto una rinazionalizzazione della politica estera in Europa. Il Mediterraneo dovrebbe a suo avviso diventare la priorità nella politica estera dell’UE.
Alvaro de Vasconcelos, direttore della Arab Reform Initiative, ha ricollegato il fenomeno delle rivolte arabe alla crescita globale della classe media, rafforzata dall’educazione e dai nuovi mezzi di comunicazione e desiderosa di maggiori spazi di partecipazione. Ma i nuovi corsi arabi tendono, a suo avviso, alla “democrazia post-occidentale”: vale a dire che al posto di leader filo-occidentali come Mubarak o Ben Alì ne emergeranno di meno favorevoli all’Occidente, perché dipendente dal parlamento e dalle elezioni (in una parola, dall’opinione pubblica). Due cause principali oggi portano alla paralisi in questi paesi: la tensione politica tra la maggioranza islamica e la minoranza organizzata occidentalizzante, e la tensione sociale provocata dalla crisi economica.
Ehud Gol, ambasciatore israeliano in Portogallo, ha lamentato la sparizione del supposto spirito rivoluzionario originario, sostituito dalla presa di potere d’islamici anti-Israele. Secondo la sua interpretazione la rivoluzione in Egitto è stata opera d’una minoranza che ha preso possesso della piazza, e si sarebbe trattato d’un colpo di stato, non di un processo democratico. In Libia, ha dichiarato l’Ambasciatore, gli Europei sono stati amici di Gheddafi finché v’era il petrolio, ma quando quest’ultimo ha smesso d’affluire sono repentinamente passati ad invocare la democrazia (e il petrolio a prezzi scontati). Secondo la visione pessimista di Gol, si sarebbe di fronte non a una “Primavera Araba”, e nemmeno a un “Inverno Islamico”, quanto a un “Inferno islamico”. Il criticismo dell’Ambasciatore israeliano è stato condiviso da Stefania Panebianco dell’Università di Catania, la quale ha parlato di un semplice “cambio di regime autoritario”, ed esternato la convinzione che gli Europei possano solo condividere il proprio know-how democratico. Sui valori, i progetti e le norme europee si è concentrato l’intervento di Erwan Lannon dell’Università di Gent.
Il panel a sessione plenaria successivo, Geopolitical implications of the Arab upheavals in the Mediterranea, moderato da Isabel Costa Leite (Università Fernando Pessoa), ha visto l’intervento del presidente dell’IsAG e direttore di Geopolitica Tiberio Graziani.
Secondo Graziani è doveroso leggere gli eventi che hanno interessato i paesi arabi negli ultimi due anni nel contesto dell’emergere del multipolarismo e del tentativo statunitense di mantenere la supremazia mondiale. L’azione degli USA si è concentrata su quella scacchiera mediterraneo-centrasiatica che costituisce il ventre molle del continente eurasiatico. In primo piano, la crisi economica della sponda nord e quella politica della sponda sud del Mediterraneo. Paesi come l’Italia, la Spagna e la Grecia, di concerto con la Turchia, dovrebbero condurre – non solo a livello multilaterale europeo, ma anche bilaterale o multilaterale “ristretto” all’Europa Meridionale – nuove politiche più aperte, paritarie ed inclusive verso il resto del Mediterraneo. Ciò rafforzerebbe anche la loro posizione all’interno dell’Unione Europea che, per un motivo o per l’altro, è oggi indebolita.
Emiliano Alessandri, senior fellow del German Marshall Fund of the United States, ha sottolineato nella sua relazione che i cambiamenti degli ultimi anni nel mondo arabo non sono un evento improvviso, ma il coronamento d’un processo di più lungo periodo. La multipolarizzazione del Mediterraneo sta avvenendo senza stappi: vi sono nuovi attori, con propri interessi economici e politici, ma si sono inseriti senza clamori o stravolgimenti. Alessandri raccomanda all’UE d’adottare una politica globale per il Mediterraneo, con un dialogo multilaterale che coinvolga pure paesi esterni, quali la Russia o l’America Latina. In chiusura del panel è intervenuto Armando Marques Guedes, dell’Università Nova di Lisbona, il quale ha contestato il normativismo a suo avviso prevalente nei discorsi dei tecnici europei e attirato l’attenzione sulle realtà geopolitiche della regione, dagli archi d’instabilità all’accerchiamento militare dell’Iran da parte degli USA, passando per i nuovi bacini petroliferi scoperti nel Mediterraneo Orientale e che contribuiscono alla sua destabilizzazione. Non è col normativismo né con la buona volontà, a giudizio del professor Guedes, che l’Unione Europea potrà essere un vero attore politico.
Gli ultimi due panel sono stati dedicati a The Arab Spring: the “Responsibility to Protect” and international law implications e a The fall of authoritarianism and the new actors in the Arab world: what challenges lie ahead?, e moderati rispettivamente da Ivo Sobral e Maciel Santos della Università di Oporto. Il primo ha visto gl’interventi di Assunção Vale Pereira (Università di Minho) e di Bart Szewczyk (Columbia Law School), il secondo di André Barrinha (Università di Coimbra) e Ana Santos Pinto (IPRI).
La prima conferenza NEPAS è stata dunque chiusa dalla sua coordinatrice, Maria do Céu Pinto, la quale ha annunciato che, sulla scia del successo della due giorni svoltasi tra Braga e Oporto, il progetto continuerà ed entro l’estate la sinergia tra Università di Minho, IsAG e Università di Roma Tre darà vita a un nuovo evento in terra portoghese.