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A Roma Scott perde letteralmente la testa per la rom Marika che gli racconta di sua figlia tenuta in ostaggio da un piccolo boss locale. Lui tira fuori tutti i soldi che riesce a procurarsi per pagare quello che assomiglia tanto a un riscatto ma è vittima di un continuo gioco al rialzo.
A New York Julia, ex attrice di soap operas e ora donna delle pulizie per sbarcare il lunario, lotta assieme al proprio avvocato, per ottenere l'affidamento del figlio dopo un non meglio precisato incidente domestico.
Dopo circa dieci anni Paul Haggis, forse lo sceneggiatore più famoso al soldo dell'industria hollywoodiana, torna sul luogo del delitto, si fa per dire, o meglio dalle parti del film che lo ha fatto diventare anche regista di fama, portandosi a casa un bel gruzzoletto di premi, tra cui tre Oscar ( miglior film , miglior sceneggiatura e miglior montaggio), quindi mica pizza e fichi.
Stiamo parlando di Crash, film caleidoscopio sulle vite di vari cittadini a Los Angeles.
Qui Haggis ritenta il colpo con un film che racchiude tre storie, ma in realtà i personaggi scansionati dalla sua macchina da presa sono molti di più, ambientate in tre città profondamente diverse che sono tenuti insieme da un tema comune che è quello dell'amore.
Amore frizzante e clandestino tra un maturo scrittore in crisi e una giovane alla ricerca del successo in campo letterario, amore di una madre che cerca di rivedere il figlio che un tribunale e le vicende amare di una vita di insuccessi le hanno negato, infatuazione di un uomo per una ragazza bellissima che forse lo sta semplicemente utilizzando come bancomat personale.
Se in Crash l'effetto soap opera era attenuato da una sceneggiatura più precisa di un cronografo svizzero e non si vedeva letteralmente l'ora di vedere come andasse a finire, qui appare tutto più sfilacciato, indeciso, impreciso.
Il massimo dell'attenzione non viene catturato mai.
E'strano vedere Liam Neeson, eroe action da qualche anno a questa parte, che mostra alla telecamera tutti i suoi anni, un po' flaccido e prigioniero di una sbarbina avvenente e che tende a prenderlo un po' per i fondelli,è triste vedere uno come Adrien Brody, uno dei migliori attori della sua generazione, cercare disperatamente il film giusto per rilanciarsi ( la maledizione dell'Oscar? ) in una carriera ricca di buoni film alternati a tanta immondizia, ci si perde quasi negli occhioni di Mila Kunis, madre disperata prigioniera di un passato inconfessabile.
Forse il problema principale di Third Person è che non si riesce ad intuire il dramma che sta dietro ad ogni personaggio, il pregresso a cui viene continuamente accennato ma che non viene mai spiegato a chiare lettere, un pregresso che condiziona pesantemente il presente come un macigno, ma dai contorni indefiniti.
Non sono un maniaco dello spiegone a tutti i costi ma perlomeno circostanziare un minimo quello successo in precedenza per cercare di empatizzare i vari personaggi credo sarebbe stata cosa buona e giusta.
In questo modo Haggis tiene lo spettatore a (in)debita distanza impedendogli di fatto di accostarsi al film e a condividere le pene d'amore che racconta.
Amore inteso nell'accezione più larga del termine.
Un amore raccontato nelle sue varie declinazioni per 135 lunghissimi minuti.Tanti.
Troppi.
Si ha inoltre l'impressione che Haggis giochi con lo spettatore in modo un pochino disonesto: il film è fintamente corale perché le storie non si intrecciano tra di loro sostanzialmente ma solo in un finale su cui si potrebbe stare ore a discutere ( e che personalmente non ho capito, anzi se qualcuno me lo volesse spiegare sono tutto orecchi) sulle ali dell'illusione al punto da far venire il dubbio che in realtà la storia raccontata è una sola e il resto fa parte della fantasia dello scrittore.
Un dubbio che Haggis lascia lì in bella mostra , aumentando la confusione di un film che complessivamente non convince.
Altman è lontano anni luce, ma purtroppo per lui è lontanissimo anche Crash....
PERCHE' SI : la confezione è laccatissima, qualche sussulto nella storia di Julia con Mila Kunis che sfodera una buona prova
PERCHE' NO : troppo lungo, inutilmente criptico, Neeson che abbatte a picconate il suo status da eroe di film action, finale che scatena molti dubbi, noia che affiora in più di un'occasione.
LA SEQUENZA : nella parte ambientata a Roma , stavo quasi collassando nel vedere Scamarcio barista con la maglietta della Roma e un accento coatto tutto da scoprire.
DA QUESTO FILM HO CAPITO CHE :
I luoghi comuni con cui ci vedono gli americani sono durissimi a morire.
Dopo gli ultimi film non riesco proprio a vedere Neeson che si fa maltrattare così da una donna.
Mila Kunis ha degli occhi veramente enormi, quasi da Betty Boop.
Sbaglio o James Franco qui assomiglia tanto, ma proprio tanto a Orlando Bloom versione Elizabethtown?
( VOTO : 5 / 10 )
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