Magazine Cinema
La trama (con parole mie): Inghilterra, estate 1983. Shaun è un dodicenne chiuso ed orgoglioso che ha appena perso il padre, in missione alle Falkland, senza amici e con problemi di integrazione a scuola. Al rientro a casa dopo una giornata particolarmente pesante, il ragazzino si imbatte in un gruppo di skin in erba che, grazie all'immediata simpatia provata per lui dal loro leader Woody, lo accettano nel gruppo.La vita di Shaun, così, cambia: d'improvviso è ben visto ed accettato, con i nuovi amici - tutti molto più grandi di lui - sperimenta lo sfogo della rabbia repressa attraverso la distruzione di case abbandonate, l'erba e la birra, senza contare i primi veri contatti con le ragazze. Tutto pare perfetto, fino a quando dal carcere torna a farsi vivo Combo, vecchio leader del gruppo, che estromette Woody e decide di dare al quasi innocuo insieme di giovani una direzione decisamente più politica, schierandosi apertamente contro le scelte della Thatcher e l'apertura inglese alla manodopera degli immigrati.A questo punto, per Shaun, verrà il momento di un confronto decisamente più duro con la realtà della sua crescita.
Ricordo una canzone che, qualche anno fa, mi colpì dritta in faccia nonostante il mio rapporto con il gruppo che la suonava fosse già da tempo sul viale del tramonto - per la cronaca, si trattava dei Tre allegri ragazzi morti -, e che più o meno faceva così: "Ogni adolescenza coincide con la guerra, che sia vinta, che sia persa".
Volendo osare, This is England potrebbe effettivamente essere considerato un film di guerra.
Ma prima ancora, e senza osare neppure troppo, può essere definito come uno dei lavori più emozionanti ed importanti di questo 2011 cinematografico - benchè qui da noi sia giunto nelle sale con un colpevole ritardo di ben cinque anni -.
Il racconto della lotta per la sopravvivenza di Shaun - che si confronta con la crescita, le idee, il mondo degli adulti, la scoperta dell'altro sesso, la separazione, la politica - costituisce senza dubbio uno dei ritratti generazionali più potenti della Storia recente del Cinema, regalando al pubblico un Doinel del nuovo millennio, un ragazzino disorientato ed istintivo che lotta con le unghie e con i denti per affermare e trovare una propria identità anche quando la stessa è messa in pericolo dalle influenze, dai ricordi, dalla geografia sociale di un tempo che certo è passato - straordinaria, in questo senso, la ricostruzione dei primi anni ottanta anglosassoni dominati dalla Lady di ferro - ma che riesce ad essere così prepotentemente attuale - soprattutto pensando alla condizione in cui versa il nostro Paese - da scuotere cuore ed anima all'audience a prescindere dall'età della stessa, colpendo come un pugno o il peggiore degli hangover.
E la progressiva presa di coscienza di Shaun, passata attraverso l'amicizia di Woody ed il tentativo - distorto - di quasi paternità di Combo diviene un confronto aperto con quell'Inghilterra in pieno fermento, sia esso positivo e negativo, così criticata - e non completamente senza ragioni - nel corso del comizio cui il protagonista assiste, eppure profondamente radicata nei cuori di giovani alla ricerca di una propria identità, di un posto nel mondo, di una famiglia - da brividi il confronto tra Combo e Lol, con quel "Ti amo, è stata la notte migliore della mia vita" cui fa eco la risposta "Per me è stata la peggiore, per noi non esiste un futuro" -, di una casa - intesa come risposta alla necessità di appartenenza - di cui necessitano per non finire persi lungo la strada, abbandonati a se stessi o agli esempi di chi è destinato a finire nel fango trascinando chi è al suo fianco con lui.
E se la scelta "non belligerante" di Woody è osteggiata come fosse figlia di una codardia limitante e poco onorevole, il pensiero corre immediatamente quasi al contrario, alla sua maturità, e ad una colpa che - se presente - è limitata soltanto al fatto di aver preso una direzione solo per se stesso: non a caso, è lo stesso Woody a prendere Shaun sotto la sua ala, mentre Combo pare voler coltivare tutti i semi che porta dentro, segno di un'invidia repressa che esploderà nel suo terribile confronto con Milky.
Ma è con la straordinaria - e detto così, suona riduttivo - scena finale che la potenza dell'intera opera moltiplica i suoi effetti, cavalcando le note di uno dei pezzi più incredibili degli altrettanto incredibili Smiths per definire una presa di posizione rispetto ad un Paese, uno stato sociale, una guerra che non è quella di Shaun, ma della quale Shaun deve farsi carico di ogni ferita.
Una guerra in grado di portagli via padre, amici, innocenza.
Una guerra che, in misure diverse, combattiamo tutti.
Una guerra che può rifondare una Nazione.
Questa è l'Inghilterra.
Questo è Shaun.
Ma potrebbe essere il mondo.
Potremmo essere noi.
MrFord
"Haven't had a dream in a long time
see, the life I've had
can make a good man bad
so for once in my life
let me get what I want
lord knows, it would be the first time
lord knows, it would be the first time."
The Smiths - "Please, please, please let me get what I want" -
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